“Le primarie sono state una pagina di storia e al tempo stesso un rito di sepoltura del Monti bis. Il significato sintetico e luminoso di questo voto finale è che il Paese chiede una svolta a sinistra nell’agenda di governo”. Il leader di Sel Nichi Vendola, intervistato dai principali quotidiani italiani, si dice “abbastanza felice” per la vittoria al ballottaggio di Pier Luigi Bersani, che “rappresenta una sinistra moderna e ancorata al mondo del lavoro. Una persona perbene, senza cinismo”.
“Siamo riusciti a battere la forza della suggestione costruita intorno al tormentone della rottamazione”, dice Vendola, intervistato da Corriere della Sera, Repubblica, Stampa, Messaggero e Unità. Tuttavia, “Renzi ha combattuto con grande energia e passione, e l’argomento del ricambio generazionale, usato da lui come una leva per far saltare gli schemi, è un tema reale perché non solo la politica ma tutta la società italiana è respingente nei confronti dei giovani. Tutte le domande di cambiamento interpretate da Renzi – aggiunge – non le dobbiamo disperdere”. Per il governatore della Puglia, “adesso si apre una fase nuova, anche in un modo di discutere tra noi: basta rissa ideologica e polemiche preventive”. Una lista unica Sel-Pd “la considero abbastanza fantapolitica, perché io pongo un tema molto più complesso, quello di un soggetto politico dei progressisti, di un partito del futuro. Le scorciatoie organizzative non mi interessano”, dichiara. Dalle primarie “esce l’indicazione di una svolta a sinistra, assolutamente senza Casini, mettendo l’accento più sulla questione sociale che su quella politica”, rimarca Vendola, secondo cui il primo provvedimento del governo di centrosinistra dovrebbe essere “un taglio alle spese militari, a partire dagli F35, per dare subito un segnale che si tolgono risorse da un uso inappropriato e si destinano a primi programmi di manutenzione e messa in sicurezza delle scuole”. Vendola interviene anche sui finanziamenti Ilva a Bersani: “se fossero stati finanziamenti illeciti, o in nero… Ma erano registrati, pubblici”, afferma. “Dovremo però decidere di tagliare le relazioni fra imprese e politica”.