Stefano Bonaccini del Partito Democratico è il nuovo presidente della Regione Emilia-Romagna. Ad oltre metà dello spoglio è avanti con il 48%, contro il 31% del suo principale sfidante Alan Fabbri che lo ha chiamato per complimentarsi e riconoscergli la vittoria. Mario Oliverio presidente della Regione con una percentuale del 58,5%. È l’indicazione che viene dalla proiezione definitiva realizzata da Demoskopica sulle elezioni regionali in Calabria.

Il risultato attribuito al candidato del centrosinistra si colloca in una forbice che va dal 57,2% al 59,8%. Wanda Ferro, candidata del centrodestra, otterrebbe il 24,9% (23,8 %-26%); Nico D’Ascola (Ncd-Udc) il 9,4% (8,7%-10,1%); Cono Cantelmi (M5S) il 6% (5,4%-6,6%) e Domenico Gattuso (L’Altra Calabria) il 1,2% (0,9%- 1,5%). Oliverio: “Ricostruire Regione Calabria” “Adesso dobbiamo ricostruire e rimettere in piedi la Calabria, aprendo una fase nuova”. Lo ha detto all’ANSA Mario Oliverio, che quando sono state scrutinate 1.207 sezioni su 2.409 ha una percentuale del 61,6%, di gran lunga superiore e quindi difficile da colmare per la candidata del centrodestra, Wanda Ferro, che è al 23,7%. Non è un test per il governo, ripeteva Maria Elena Boschi. Non si dia una lettura nazionale del voto, avvertiva, qualche giorno fa, il premier Matteo Renzi. Ma le Regionali in Emilia-Romagna e Calabria non potranno non avere una qualche ricaduta sulla mappa dei partiti e sullo stesso dibattito politico nazionale. Perché, se i Dem sembrano correre verso una duplice vittoria in qualche modo già scritta sono altre due le novità di questa domenica elettorale: il crollo dell’affluenza, verticale e ‘storico’ in Emilia-Romagna, e la cavalcata della Lega che, a Bologna e dintorni, si impone come secondo partito. Novità che è lo stesso premier Matteo Renzi a sottolineare con un tweet: “Male affluenza, bene risultati: 2-0 netto. 4 regioni su 4 strappate alla destra in 9 mesi. Lega asfalta forza Italia e Grillo. Pd sopra il 40%”. Parole che riflettono la soddisfazione per i risultati e la preoccupazione per il dato dell’astensione rimarcato negli stessi minuti da fonti del Nazareno e che tengono conto di un crollo dell’affluenza impressionante. In Emilia-Romagna, ha votato il 37,7% degli elettori, in Calabria il 44,1%. Numeri impressionati, se paragonati alle Regionali del 2010 (68% in E-R, 59,3% in Calabria) e alle Europee di 6 mesi fa (il 70% in Emilia-Romagna, il 45,5% in Calabria), quelle del 40,8% targato Matteo Renzi. I motivi sono diversi e contano le inchieste giudiziarie che negli ultimi mesi hanno martoriato entrambe le Regioni, da quella delle ‘spese pazze’ in Emilia-Romagna a quella che, il 29 aprile scorso, costrinse alle dimissioni l’ex presidente calabrese Giuseppe Scopelliti. Vicende che hanno certamente allontanato gli elettori dalle urne ma che non spiegano del tutto un’astensione choc destinata ad irrompere nel dibattito politico. E già ieri, le polemiche non sono mancate, investendo anche il Pd. “I dati sono disarmanti”, evidenziava Pippo Civati, evocando il “pericolo” di una governabilità senza rappresentanza. Parole a cui replicava, indirettamente, il renziano Andrea Marcucci: “L’astensione chiama in causa tutti i partiti, non certo solo il Pd”. Ma le elezioni di domenica sigillano l’ascesa dell’altro ‘Matteo’: il leader della Lega Salvini. Il ‘suo’ candidato in Emilia-Romagna, Alan Fabbri, sostenuto anche da FI e Fdi, sembra infatti proiettato oltre il 35%, a meno di dieci punti dal favoritissimo Stefano Bonaccini. E la Lega, dopo il Pd, si avvia ad imporsi come secondo partito con FI lontanissima. Dati che, oltre a premiare la martellante campagna mediatica di Salvini – che anche oggi, su Twitter, non si è risparmiato – ridisegnano la mappa dei poteri dei partiti, lanciando il Carroccio nella sua cavalcata per una leadership dell’opposizione che vede invece in difficoltà quel M5S (che sembra fermarsi ben sotto il 15%) che nelle ultime elezioni aveva saputo anche catturare scettici e potenziali non votanti. E’ in Calabria, invece, che si consuma il primo concreto risultato della frattura tra FI e Ncd. I due ‘cugini’ non hanno trovato un accordo, proponendo candidati diversi (l’azzurra Ferro e l’alfaniano D’Ascola), ed entrambi incapaci di rivaleggiare con il Dem Mario Oliverio. Per il centrodestra è un nuovo campanello d’allarme. Ma la politica tutta, Renzi compreso, da domani dovrà interrogarsi sulla fuga dalle urne, in un periodo segnato dallo scontro perpetuo tra piazze e governo. Scontro che, secondo fonti del vertice Pd, vede vittorioso l’esecutivo. O meglio: vede perdenti quei partiti che sostengono lo sciopero generale relegati – viene sottolineato – a percentuali da prefisso telefonico.

 

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