E’ subito ostruzionismo. Nel giorno in cui dovevano iniziare le votazioni in Senato sulle riforme costituzionali, il fronte dei dissidenti la fa da padrone. Ed è fumata nera. M5S, Sel, Lega, frondisti di FI e Gal, ma anche del Pd, fanno capire che non molleranno facilmente: sfrutteranno ogni secondo a disposizione per la discussione sui 7850 emendamenti al testo. Calcolatrice alla mano, potrebbero andare avanti tre mesi. Ma il governo non si fa impressionare: “Non abbiamo paura del confronto”, dice il ministro Maria Elena Boschi citando Pratolini. “Manterremo la promessa di cambiare”, assicura. E anche se mette in conto “una settimana in più”, conferma l’obiettivo del via libera del Senato entro l’estate. “Metteremo sui binari del treno delle riforme un sasso, due sassi, centomila sassi”, assicura battagliero il capogruppo M5S Vito Petrocelli. Che schiera i grillini in prima linea nella battaglia al ddl costituzionale del governo. Fin dalla mattina il presidente del Senato Pietro Grasso, che non abbandona l’Aula per tutta la giornata, deve fronteggiare gli interventi a raffica dei 5 Stelle. “Non facciamo polemiche sterili – incalza Grasso – Perché dobbiamo sempre esasperare i toni? Volete provocare la guerra, creare un incidente?”. Ma i grillini hanno l’alleanza del fronte trasversale dei dissidenti: il ‘filibustering’ è serrato, tra cavilli e lunghi interventi. L’antifona insomma è già chiara in tarda mattinata, quando prende la parola il ministro Maria Elena Boschi per la sua replica. La riforma è “ampiamente condivisa” e “poggia su spalle robuste e solide”, dice guardando in faccia i senatori. La politica ha “un’ultima chance di credibilità”: “Sono 30 anni – direbbe il poeta – che aspettiamo domani per avere nostalgia”, aggiunge citando Fabrizio De Andrè. E poi parafrasa Amintore Fanfani per replicare alle accusa di una “svolta autoritaria” in atto: “E’ una allucinazione, è una bugia e le bugie in politica non servono”, dice. E i 5 Stelle esplodono in una contestazione che richiede l’intervento di Grasso. “L’urgenza” delle riforme, che “sono la madre di tutte le battaglie del governo”, è “innegabile”, afferma Boschi. Di qui la convinzione che “ci potrà essere un tentativo di rallentare il cambiamento, un ostruzionismo che ci può portare a lavorare una settimana di più e sacrificare un po’ di ferie ma manterremo la promessa di cambiare perché questa urgenza deriva” dalle richieste dell’Ue ma soprattutto degli italiani. Renzi e i suoi ministri vanno avanti decisi sulla via tracciata. Ma i dissidenti si sentono forti dei calcoli che indicano che con 7800 emendamenti da discutere e votare ci potrebbero volere 3 mesi per arrivare alla fine. E anche se si decidesse di applicare una ‘tagliola’ alla discussione, servirebbero più di 130 ore di votazioni, 15-18 giorni d’Aula. Di qui all’8 agosto di giorni ce ne sono 14 e alcuni dovranno essere usati per approvare con la fiducia ben 4 decreti in scadenza. Insomma, riassume Augusto Minzolini, “è Renzi il sasso sul binario delle riforme, se non accetta quei cambiamenti che chiediamo”. “Dalla Boschi finora non sono arrivate risposte”, concorda anche la Lega, che manda un segnale al governo astenendosi sulla richiesta di rinvio in commissione di M5S e Sel. Nel pomeriggio si sarebbe dovuto iniziare a votare l’articolo 1 del ddl e invece gli interventi sui singoli emendamenti (2190, il 95% dei quali ostruzionistici), impedirà che si voti prima di domani. Come di prassi, al momento del voto la presidenza potrà usare le tecniche a disposizione (dallo ‘scavalco’ al ‘canguro’) per accorpare e velocizzare gli scrutini. E la conferenza dei capigruppo, se qualcuno la chiederà, potrebbe decidere nei prossimi giorni di contingentare i tempi per la discussione. Ma neanche questo potrebbe bastare. “Servono risposte politiche”, dice il correlatore Roberto Calderoli. Mentre la relatrice Anna Finocchiaro apre a modifiche su quattro punti (referendum, competenze del Senato su Ue e bilancio, platea di elezione del capo dello Stato). Qualche modifica in Aula si può fare, come abbiamo sempre detto, con l’accordo di tutti, fanno sapere da Palazzo Chigi: purché non si stravolga l’impianto. Ma un tavolo di confronto formale non è ancora avviato.(