Nel processo d’appello per il caso Ruby ‘bis’ si sono incontrati “una confluenza di elementi di prova (..) assolutamente compatti e di univoco significato” sul “carattere remunerativo delle prestazioni, che in vario modo le ospiti” ad Arcore “offrivano a Berlusconi, e della natura di tali prestazioni”.
Si legge nelle motivazioni depositate a Milano nell’ambito del processo d’appello per Emilio Fede, Lele Mora e Nicole Minetti. “Il linguaggio – si legge ancora – talora sboccato e disinibito, sintomatico di uno stile di vita spregiudicato e disinvolto” da parte delle ospiti ad Arcore “non lascia spazio a dubbi di sorta: la partecipazione alle serate, con tutto ciò che comportava al fine di divertire e sollecitare l’eccitazione sessuale del padrone di casa” e cioè Berlusconi, “erano il ‘servizio’ reso per conseguire denaro e altre utilità, e che solo a queste condizioni e a questo scopo veniva reso”. “Le prestazioni, anche quelle minori di tipo ‘pubblico’, che avvenivano nel ‘bunga bunga’ (…) ricevevano una ricompensa commisurata, sempre rimessa alla discrezionalità del padrone di casa”, cioè Silvio Berlusconi. E’ un passaggio delle motivazioni della sentenza con cui lo scorso novembre la terza Corte d’Appello di Milano, presieduta da Arturo Soprano, pur riducendo le pene inflitte in primo grado, ha condannato Emilio Fede, Lele Mora e Nicole Minetti per il caso Ruby.