Il premier Enrico Letta sfodera il piglio decisionista e nomina i sottosegretari del suo governo con una improvvisa convocazione del Consiglio dei ministri, dopo una giornata all’insegna delle pressioni da parte dei partiti per allargare il numero della squadra.
Per evitare che la situazione degenerasse da una ressa ad una rissa, il Presidente del Consiglio ha anticipato i tempi di 48 ore. La decisione, poi, consentirà di formare anche le Commissioni Parlamentari di Camera e Senato ed eleggerne i 28 presidenti martedì prossimo. La lista dei nomi dei sottosegretari risponde al classico Manuale Cencelli per bilanciare non solo i partiti ma anche le correnti interne. La mossa compiuta da Letta è avvenuta al termine di una estenuante giornata in cui si sono susseguiti colloqui e incontri avuti, assieme al ministro per i rapporti con il Parlamento Dario Franceschini, con il reggente del Pdl, Denis Verdini, e i capigruppo di maggioranza di Camera e Senato. Gli interlocutori, specie Verdini, hanno premuto per allargare il numero dei sottosegretari, fissato a 40 (massimo 45). Ma da questo orecchio Letta non ci ha voluto sentire: l’attuale legge, indica con chiarezza in 63 il numero massimo dei componenti del governo, e i ministri più lo stesso Letta e il sottosegretario alla presidenza Patroni Griffi sono già 23. L’allargamento della squadra, ha sottolineato il Presidente del Consiglio, sarebbe un segnale negativo all’opinione pubblica che vuole vedere tagliati i costi della politica. Viste le insistenze e la difficoltà ad accontentare tutti si è deciso di chiudere prima del week end, per evitare uno sfilacciamento della situazione. Dei 40 sottosegretari, il premier Letta ha chiesto di riservare a se tre nomi, e altrettanti andranno a Scelta Civica, mentre i restanti 34 saranno divisi equamente tra Pd e Pdl. A complicare il puzzle ci si sono messe le correnti, specie quelle del Pd, la necessità di prevedere la presenza di donne, nonché quella di trovare in ciascun dicastero almeno un sottosegretario di un partito diverso rispetto a quello del ministro. Inoltre nei dicasteri retti da tecnici (Economia, Giustizia, Lavoro) entrambi i partiti hanno chiesto un loro sottosegretario e meglio ancora un viceministro. Il Pdl intende privilegiare i propri esponenti che non sono entrati in Parlamento, con poche eccezioni, come Luigi Casero candidato al Tesoro. In attesa della lista che sarà diffusa in nottata sono circolati i nomi delle due deputate Deborah Bergamini e Annagrazia Calabria, e di ex parlamentari come Osvaldo Napoli, Maurizio Paniz, Teresa Armosino, Giuseppe Marinello, Enrico Pianetta e Maurizio Castro. Nel Pd dal gioco delle correnti si sono autoesclusi i “lettiani” per far entrare più esponenti delle altre aree e blindare così il Governo. I “bindiani” hanno discusso fino all’ultimo se entrare o meno, viste le riserve della stessa Bindi sul governo. Le altre correnti dovrebbero avere circa tre sottosegretari a testa: tra i nomi che circolano quelli dei ‘renziani’, Roberto Reggi e Andrea Sarubbi, i ‘franceschiniani’ Sergio D’Antoni, Lapo Pistelli e Pier Paolo Baretta, gli ex popolari Gero Grassi e Giampiero Bocci, il ‘fassiniano’ Emanuele Fiano, mentre Stefano Fassina potrebbe essere viceministro del Lavoro. Per Scelta Civica si parla di Roberto Occhiuto (Udc) e Mario Giro (vicino all’ex ministro Andrea Riccardi).