No ad un’alleanza costruita su un’asse Pd-Udc e niente accordi tra Sel e democratici se si vuole tenere fuori Di Pietro. Nichi Vendola e Antonio Di Pietro rispolverano la foto di Vasto per contrastare la nuova intesa tra moderati e progressisti, ben disposta a tenere dentro il leader di Sel e molto meno a proseguire la strada con un compagno come l’ex magistrato di Mani Pulite. “Un’alleanza fondata su un accordo preferenziale Pd-Udc non mi trova interessato” dice il governatore pugliese, piuttosto interessato, invece, a costruire il centrosinistra e, soprattutto, ad “evitare la resa” verso i centristi. “Non voglio impedire un dibattito con i moderati né un compromesso con loro” spiega Vendola. Soprattutto, precisa, non assisterà alla “mutilazione di un pezzo del centrosinistra”.

Quindi: “mi siedo a discutere con il Pd solo se c’é anche Antonio Di Pietro”. Sia chiaro, sottolinea subito anche l’ex magistrato, “questo non è un ultimatum, ma un appello al Pd”. Perché, dalle ricette anticrisi alle battaglie per i diritti civili, sono i temi ad essere dirimenti. “Invitiamo il Pd a fare scelte di campo e non a fare scelte di palazzo” dice Di Pietro e Vendola spiega: insomma, “in una coalizione che non riconosce le coppie di fatto, io non mi accomodo nemmeno per prendere un caffé “. Oppure, aggiunge Di Pietro, “se essere moderati vuol dire abolire l’articolo 18, con i moderati non possiamo stare”. Non solo: ci sono le ricette anticrisi che, sostiene il leader di Sel, impongono la condivisione su una via d’uscita da una condizione che in Italia è drammatica. La crisi “non è stata portata dalla cicogna ma dal centrodestra. Il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, assicura da parte sua di non avere “mai escluso nessuno” aggiungendo però di credere “che ci siano alcuni punti irrinunciabili” e cioé che un centrosinistra di governo non debba “essere esposto a pulsioni populiste, a posizioni che mettono in dubbio presidi costituzionali”. Ci vuole poi, secondo Bersani, “un linguaggio amichevole. Io l’ ho sempre avuto nei confronti dell’ Idv e non posso sentirmi dire due volte al giorno parole irrispettose”. Anche se, apre Bersani, “in una situazione di ricostruzione del paese, credo che Vendola non sia ostativo” ad un “patto di legislatura dove ci sia un centro sinistra di governo con forze che siano saldamente costituzionali ed europeiste”. Una ricetta che, a distanza, viene sposata da Di Pietro, secondo il quale “bisogna stare attenti ai colpi di coda del berlusconismo” mettendo in campo il centrosinistra con una coalizione che non deve essere chiusa nel suo recinto, ma aperta al dialogo con i “movimenti sociali e le forze democratiche che possano arricchire la sua cultura riformatrice”. E un centrosinistra di tale fatta, dice Vendola, può essere interessato solo a vere primarie di coalizione. “Se c’é la coalizione ci sono primarie di coalizione. Se questa non c’é la coalizione, non so che cosa siano. O sono un congresso del Pd o un concorso di bellezza, e in questo caso non sono interessato”. Su questo Vendola sembra pensarla quasi come Casini e chiede una risposta chiara al Pd. Ad entrambi risponde però il rottamatore, Matteo Renzi che si sfoga: “Casini dice che lui è più a sinistra di me. Vendola dice che io sono un estremista e quindi niente primarie. Accordo o solo scherzi del caldo?”. Quanto a Casini, la coppia Idv-Sel boccia senza speranza l’ipotesi di una grande coalizione per il dopo-MOnti: sarebbe “la più nefasta per l’Italia”. Un pericolo di fronte al quale “non potremmo che reagire esprimendo il massimo di antagonismo”.

 

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