Lascia aperto l’uscio a perplessità e dubbi la nomina di Francesco Capalbo a capo dipartimento della segreteria generale amministrativa del Consiglio regionale della Campania. La scelta ha generato stupore innanzitutto perché è il fratello di Ferruccio Capalbo, uno dei magistrati della sezione regionale della Corte dei Conti che indagano (l’inchiesta è in corso) sulle spese dei consiglieri regionali. La nomina quindi appare quanto meno inopportuna. I più maliziosi potrebbero ipotizzare che si tratti di un tentativo per allentare la morsa della Corte dei Conti. Certo, sono illazioni, ma più che legittime. Non la pensa così il presidente del Consiglio regionale Paolo Romano che in una nota rigetta le critiche: “Ho letto e sentito commenti sulla nomina del nuovo capo dipartimento che mi hanno lasciato un po’ allibito. Parlare di opportunità politica mi sembra un’assurdità, quando si tratta di una scelta che andrebbe fatta sempre nella maniera più meritocratica possibile”.
Motivando la scelta, Romano lancia bordate all’indirizzo il personale regionale. “Abbiamo dato un segnale di grande rinnovamento con la nomina del professor Capalbo. Infatti, la sua giovane età è uno dei curriculum più prestigiosi mai visionati, fanno di lui l’uomo giusto al posto giusto per avviare quella che definirei la “rottamazione” della burocrazia. Altro che illazioni qui siamo di fronte ad uno straordinario professionista che ha saputo anche avere il coraggio di accettare una sfida ardua, ma possibile: quella di ridare vigore alla gestione del Consiglio, scardinando vecchie logiche che non sono solo morte, ma addirittura puzzano”. Ma cosa vorrà dire il presidente del consiglio regionale? Che forse il personale non garantisce una gestione trasparente? O che alla meritocrazia vengono preferiti meccanismi di altri genere? Se sì, quali? Romano avrebbe il dovere di essere più preciso. Sparare nel mucchio serve solo ad alzare polveroni. Da presidente dell’assemblea ha l’obbligo di denunciare eventuali condotte poco trasparenti. e non gridare “al lupo, al lupo”. Per quanto riguarda invece i meriti di Francesco Capalbo nulla questio. Si tratta di uno stimato professore che ha le carte in regola per svolgere al meglio il suo compito. Ma il punto è un altro: possibile che tra tutti i dirigenti regionali nessun altro abbia le professionalità per svolgere le mansioni di capo dipartimento? Romano elogia il curriculum di Capalbo. Giusto. Ma forse non ha letto con attenzione quelli di dirigenti regionali altrettanto corposi e prestigiosi. Sul tappeto bisogna mettere anche un altro aspetto, tanto caro al presidente del consiglio cha ad ogni piè sospinto sottolinea i tagli alla spesa operati dell’assemblea negli ultimi anni. La nomina di un capo dipartimento esterno costà alla Regione 120-150mila euro all’anno. Mentre l’incarico a un dirigente interno avrebbe avuto un costo quasi irrisorio di 10-15mila euro per l’indennità di mansione. Conti alla mano si sarebbe risparmiato un bel gruzzoletto.
Ma ultimamente Romano appare meno attento alla riduzione della spesa. Da circa un mese infatti ha nominato il suo portavoce per il modico costo di circa 80mila euro annui. E anche in questo caso la scelta è quanto meno discutibile. Il presidente dell’assemblea ha incaricato Claudio Lo Tufo. Fin qui nulla di strano. Si tratta di un giornalista valido e di indubbia professionalità. Ma lascia perplessi che Romano lo abbia pescato fuori regione. A quanto si apprende Lo Tufo risulterebbe iscritto all’albo dei giornalisti del Veneto (addirittura) e negli ultimi tempi ha lavorato a “Il Tempo” di Roma. Possibile, ci si chiede, che in Campania non ci siano altri giornalisti in grado di “portare la voce” di Romano? Non sarebbe stato più opportuno puntare su un campano anche alla luce della miriade di giornalisti nostrani disoccupati? Da voci di corridoio sembra che il nome gli sia stato imposto, pardon suggerito, da Angelino Alfano o dal suo entourage. Ancor meno opportuna appare questa nomina a pochi mesi dalle elezioni europee, con Romano che già sta scaldando i muscoli per candidarsi. Il portavoce gli servirà per la carica istituzionale o per la campagna elettorale? Chissà.
Mario De Michele












