L’appuntamento è per giovedì alle 17:30 nel quartiere Forcella all’esterno del teatro Trianon. Sarà quella l’occasione per il quartiere e la città intera di chiedere giustizia per Maikol Giuseppe Russo, il ventisettenne che la sera del 31 dicembre è caduto sotto i colpi di pistola di un gruppetto di infami pistoleri contemporanei. E’ caduto, si, come si cade in guerra, la sua guerra. La guerra di chi al mattino si alza, si fa forza e scende in strada consumando mente e suole pur di portare “la giornata a casa”. Maikol vendeva calzini, era il classico venditore “abusivo” che ti infastidisce o ti rallegra in una giornata qualunque mentre cammini frettoloso pensando ai fatti tuoi. Per lo Stato era semplicemente un abusivo da riempire di multe e denunce ad ogni occasione. Per il quartiere Forcella, nel quale era nato e cresciuto, era un ragazzo d’oro che pur di non delinquere s’era messo a rincorrere gente per strada cercando di vendere calzini, raccogiendo più rispostacce che soldi. Appena pochi mesi fa altre due giovanissime vittime innocenti: Luigi Galletta, sempre a Forcella, e Genny Cesarano nel quartiere Sanità, 21 e 16 anni. Napoli è in guerra. Ma non è una guerra a bassa intensità, silenziosa. No, questa è una guerra che fa rumore, morti, lasciando dietro di se una scia di dolore e disperazione. Che si tratti di camorra organizzata o di baby gang impazzite alla ricerca di potere poco cambia. Violenza e sopraffazione si nutrono da sempre di mancanze che a Napoli sono la regola. Giovedì sarà anche l’occasione per chiedere con forza la riapertura del teatro Thrianon e la difesa dei presidi ospedalieri e del pronto soccorso. Insomma, la richiesta sembra essere quella di ridare vita e speranza ad un quartiere dove i livelli di evasione scolastica e disoccupazione sono altissimi, dove si sta tentando di cancellare il diritto alla salute, e la cultura viene trattata come un optional trascurabile. Le intenzioni sembrano chiare: trovare il coraggio di riprendersi il quartiere, la città e strapparla dalla morsa opprimente di politici, camorristi, speculatori e affaristi di ogni genere. E lo si può fare solo a partire dagli ultimi, da quelli che ogni giorno subiscono soprusi di ogni sorta, nella convinzione che non è stato certo Maikol a trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato, ma con la consapevolezza che era esattamente dove doveva essere: nel quartiere dove era nato e cresciuto e dove provava faticosamente a guadagnarsi il pane con mille sacrifici. Quelli fuori posto sono tutti coloro i quali questa morte l’hanno materialmente provocata; chi la tollera; tutti quelli che credono sia normale passare dodici ore per strada a vendere calzini per pochi euro al giorno; tutti quelli che lavorano quotidianamente affinché in città si producano sacche di marginalità sempre più consistenti. Ecco, sono loro quelli fuori posto.
Luca Leva