Mettiamoci comodi, ben distanziati e giochiamo a “Chi sono?”. Argomento generale: politica. Categoria: partiti. Luogo: Terra di Lavoro. Carta azzeccata sulla fronte. Prima domanda: “Da quanti anni mi trovo in enorme difficoltà?”. Risposta: più di un decennio. Seconda domanda: “Il peggio è passato?”. Risposta: “Macché, va sempre peggio, un disastro. Ah. Terza domanda: “E perché?”. Risposta: “Perché tutti pensano ai c… loro e nessuno si preoccupa di me”. Ce l’ho: sei il Pd. Beh, era facile. C’eravamo arrivati già alla prima domanda. Il cattivo odore della decomposizione politica dei dem casertani è sotto il naso di tutti. E si avverte a chilometri di distanza in tutti i circoli locali. Gli unici a non accorgersi del costante e, di questo passo, irreversibile disfacimento del partito sono i loro piccoli big. Quelli che si atteggiano a politici con una visuale grandangolare di 360 gradi ma che in realtà non si rendono conto che per colpa loro il Pd è messo proprio male. Ci sovviene Sartre. Non perché i democrat casertani provochino nausea (qualcuno di loro provoca anche questo effetto collaterale) ma per aver ridotto al nulla, o quasi, un soggetto politico territorialmente radicato e elettoralmente “attraente” nato dal matrimonio Ds-Margherita. Dell’essere un partito credibile resta poco.
Ma i piccoli big che da anni hanno in ostaggio il partito se ne fottono. Per loro la sorte del Pd è un dettaglio irrilevante. Per i lider minimi (non è un errore, è spagnolo) conta soltanto la propria sopravvivenza. L’unico scopo politico è ammobiliare la corte con comode poltroncine foderate di velluto rosso e distribuire prebende agli umili servitori. Con “il nulla” che continua ad avanzare e “l’essere” che non c’è il partito democratico casertano a circa un mese dalla presentazione della lista per le regionali della Campania ha due opzioni, per dirla con Huysmans: la canna di una pistola o i piedi della croce. Sia l’arma che il simbolo del Cristianesimo se li contendono Stefano Graziano e Gennaro Oliviero. Entrambi consiglieri regionali uscenti. Entrambi ricandidati. Entrambi rei di omicidio-suicidio del Pd. Graziano, che ha molte più colpe del suo omologo, persevera diabolicamente con una strategia del logoramento che col tempo si è ridotta a deleterio tatticismo. Il Signor Sottile è diventato carnoso e spesso. Oliviero invece è dannoso per sé e per gli altri perché quando sente l’odore dei voti i suoi occhi fuoriescono dall’orbita oculare.
In questa fase lo Squalo agita in continuazione l’enorme pinna. Ha a portata di zanne tre obiettivi: la rielezione nel parlamentino campano, il decesso politico di Graziano e l’approdo in Parlamento quando si tornerà alle urne alle politiche. Tra i due fuochi si trova Emiddio Cimmino, segretario provinciale che ha il record mondiale di dimissioni irrevocabili poi sempre puntualmente revocate. Se per lui la parola è sacra ha già accumulato un centinaio di anatemi per sacrilegio. Cimmino “Quello che dico quello faccio” finora sta facendo solo il gioco di Graziano. Al punto da ignorare il diktat nazionale di ricalibrare gli organismi provinciali in base al nuovo assetto interno dopo l’addio di renziani e altri. E menomale che si chiama partito democratico! Lo status quo ha determinato, è pleonastico dirlo, uno stallo per la composizione della lista alle regionali che sarà composta da otto candidati. Finora i nomi certi sono solo due: come già detto, quelli di Oliviero e Graziano. Non è escluso che uno dei due potrebbe non essere della partita. Graziano aspetta, spera e pressa affinché la senatrice Pd Valeria Fedeli molli la seggiola. L’ex ministro dell’Istruzione è entrata nel Cda della Fondazione Agnelli. E menomale che era una sindacalista della Cgil! Al netto della vergogna politica della “sinistra capitalista” tra i due ruoli non c’è incompatibilità. Ma da un po’ si susseguono le voci di possibili dimissioni da senatrice. In quel caso Graziano diventerebbe inquilino di Palazzo Madama in quanto primo dei non eletti al Senato alle ultime politiche.
Pur dando per scontata la ricandidatura del Signor Sottile chi sono gli altri 6 aspiranti consiglieri regionali del Pd? Abbiamo consultato l’Oracolo di Delfi che ci ha risposto stizzito: “E che ne so!”. Parlando con qualche corridoio abbiamo udito qualche vocina. Partiamo dalle femminucce. Tre sono obbligatorie per le quote rosa. L’ex parlamentare Camilla Sgambato non dovrebbe scendere in pista. Poca voglia. I maligni dicono pochi voti. La sua idea è caldeggiare un nome in grado di raccogliere una parte di elettorato di sinistra. Chi potrebbe essere la prescelta? Camilla Bernabei, segretario Cgil Campania. Viene dal mondo della scuola però per fortuna non è incoerente come la Fedeli. Difficilmente la vedremo al soldo dei “padroni”. Un altro volto femminile potrebbe essere quello di Adele Vairo. I suoi sponsor sono Carlo Marino e Franco De Michele, rispettivamente sindaco e vicesindaco di Caserta. La Vairo, preside del liceo Manzoni, è stata nominata assessore della città capoluogo lo scorso 24 giugno. Fino a un nanosecondo prima era un esponente di spicco di Forza Italia regionale. Ha ricoperto fino all’altro ieri il ruolo di coordinatrice della Campania di ‘Azzurro Donna’, il movimento femminista di Fi presieduto dalla parlamentare Catia Polidori. Ed è stata vicecoordinatrice provinciale del partito di Berlusconi. Dobbiamo dare atto al sindaco Pd Marino di essere stato coerente fino in fondo con se stesso e con la sua storia politica: ha indicato nella propria giunta un assessore di destra e ora vuole candidarlo alle regionali. Non fa una piega. Chapeau al primo cittadino di Caserta.
La potenziale candidata rosa più importante è Lucia Esposito. È quella più rilevante sotto tutti i punti di vista: politico, istituzionale, amministrativo, culturale e estetico (non accusateci di sessismo, anche un non vedente direbbe che è una bella donna). Il curriculum complessivo della Esposito copre il tratto della Tangenziale di Napoli che va dall’uscita Centro Direzionale fino a Pozzuoli. Assessore provinciale, consigliere regionale, senatrice. Nel mezzo tanti anni di militanza politica, studio, letture e, dote rarissima di questi tempi, ottima conoscenza della lingua italiana parlata e scritta. Verrebbe da dire: meglio di così? E no. Il Pd è un animale strano. Una mezzacalzetta è telecomandabile. Una brava è “pericolosa”. E così anche nella prossima tornata elettorale la Esposito rischia di essere relegata al ruolo di ruota di scorta di Graziano o Oliviero. I due acerrimi nemici la corteggiano, questo è vero. Ma per quale obiettivo? Incassare un altro cospicuo carico di voti e poi arrivederci. Senza nemmeno un grazie.
La bella Lucia cadrà di nuovo nel tranello? Stavolta sembra ferma e convinta a non prendere parte alla disputa elettorale se non si cambierà rotta nel partito. Qualora dovesse fare buon viso a cattivo gioco si renderebbe complice di un assassinio politico. E non avrebbe alibi. Peraltro chiede il minimo sindacale: avviare un percorso politico di normalizzazione ponendo fine alle faide interne per evitare l’estinzione dei dem. Che, basta farsi un giro sui territori, è già ben avviato per esalare l’ultimo respiro. Un colpo mortale lo potrebbe assestare proprio Lucia Esposito. Se non si candiderà addio sogni di gloria per i seguaci di Zingaretti. La lista casertana si aggiudicherebbe soltanto un seggio. Alle ultime regionali l’ex senatrice ottenne più di 14mila preferenze. Se trovate 3 candidati che messi insieme arrivano a questa cifra Campania Notizie mette in palio un premio di un milione di euro.
Il giochino del “Chi sono?” è finito. Avete letto bene. Game over. E gli altri candidati maschi del Pd? Non ce ne sono. Il nulla. Pardon, a parte il Signor Sottile e lo Squalo. Piccoli big.