Daniela Santanchè fa capire che non ha alcuna intenzione di liberare la scrivania, se fra pochi giorni, l’11 ottobre, sarà rinviata a giudizio per truffa ai danni dell’Inps. La ministra del Turismo è a Brucoli, nel Siracusano, per partecipare alla tre giorni di assemblea dei parlamentari di FdI. Era l’ospite d’onore, anche perché il titolo della kermesse strizza l’occhio alla sua delega, “Italia, le radici della bellezza”. Ma più che ascoltare le sue ricette per rilanciare il comparto nello Stivale (dal palco la ministra propone di rimodulare la tassa di soggiorno, per renderla progressiva, dunque più salata per i 5 Stelle, d’altronde tutto fa brodo per fare cassa), i Fratelli l’aspettavano per capire cosa abbia in testa, se si arriverà al patatrac giudiziario. Fino a un paio di settimane fa a via della Scrofa come nei corridoi del governo circolava la stessa linea, attribuita da più fonti alla premier Giorgia Meloni. E suonava così: se sarà rinviata a giudizio, lascerà. Invece qualcosa pare cambiato, perché a domanda diretta sulle dimissioni in caso di processo, Santanchè coi microfoni sotto al naso scandisce: «Vado avanti». Non ripete più formule di rito già spese in questi mesi tribolati e cioè che non prende nemmeno in considerazione un verdetto sfavorevole del Gup, perché «fiduciosa nella giustizia». Santanchè dice così: «Non ho nessun tipo di reato attinente la mia attività politica. Sono tranquilla, vado avanti, mi troverete ancora a lungo con voi. Non c’è problema, mi troverete qui fino alla fine». L’ex ministro Sangiuliano, si è dimesso per molto meno. «E quindi, cosa c’entra?», risponde la “Santa” di FdI, determinatissima a restare dov’è, coi galloni ministeriali appuntati sulle camicie animalier.

Il lodo Salvini
Il resto dello stato maggiore di FdI, sull’argomento dimissioni, resta con la bocca cucita. Nelle sale del Mangia’s Resort di Brucoli è tutto un gran svicolare dalla questione. Però a microfoni spenti, c’è chi ammette che un cambio d’impostazione potrebbe esserci. Che se il rinvio a giudizio arrivasse davvero, il finale del film potrebbe non essere già scritto. Chi asseconda questa narrazione, lo fa accompagnandola a un esempio: il processo Open Arms contro Matteo Salvini. Il vicepremier leghista, per cui i pm hanno chiesto 6 anni di reclusione per sequestro di persona e rifiuto d’atti d’ufficio, ha già ripetuto più volte che se venisse condannato non lascerebbe l’incarico al Mit. Almeno fino alla Cassazione, quindi campa cavallo. FdI, insieme a Forza Italia, ha immediatamente espresso solidarietà. E allora è il “lodo Salvini” che potrebbe salvare Santanchè. «Perché se non si dimette lui, da condannato per i suoi atti politici, perché dovrebbe farlo Daniela per un processo ancora da affrontare?», ragiona un esponente di peso della fiamma. Santanchè, oltre al rapporto personale con Meloni, è blindata dall’amicizia con Ignazio La Russa. Soprattutto, se restasse al suo posto, la premier potrebbe evitare di avvicendare tre ministri in pochi mesi, visto l’addio imprevisto di Sangiuliano e quello a stretto giro di Raffaele Fitto, direzione Bruxelles.

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