Si muove il mondo politico e istituzionale. La rimozione improvvisa, con una fredda email, del capo di gabinetto Francesco Gilioli da parte del ministro della Cultura Alessandro Giuli genera sconcerto e sospetti. Dai piani alti del Senato, tra i funzionari con cui Gilioli ha lavorato, trapela indignazione per la cacciata, di cui il dirigente, «incredulo», assicura di non conoscere le ragioni. «Fatti gravissimi» per il ministro, che decide di troncare ogni rapporto. Fatti che sembrano avere radici nell’affaire Sangiuliano-Boccia, una presunta fuga di notizie. Di sicuro tra venerdì sera e per tutta la giornata di ieri si susseguono contatti e telefonate a ogni livello istituzionale. Sono soprattutto gli uffici del Senato a chiedere chiarimenti a Giuli su quanto accaduto, anche il Colle sembra interessarsene. Lui, il ministro, non fa che ripetere agli interlocutori: «Lo abbiamo preso con le mani nella marmellata». La vicenda si carica di tensioni, prende i contorni uno scontro che coinvolge politica e istituzioni. Il presidente Ignazio La Russa prende il telefono e contatta il ministro: «Cosa è successo?». Gilioli è molto conosciuto a Palazzo Madama essendo stato a lungo consigliere parlamentare, capo dell’ufficio delegazioni e anche responsabile ad interim dell’intero servizio di questura e del cerimoniale. Poi l’approdo al ministero della Cultura, prima con Gennaro Sangiuliano poi con il suo successore. Solo giovedì scorso, il giorno prima della cacciata, al fianco di Giuli percorreva il transatlantico in occasione del question time. E ancora nel tardo pomeriggio di venerdì era al lavoro nel suo ufficio del Mic. Poi, intorno alle 20.30, la pec che gli comunica il licenziamento. Mai vista, assicurano funzionari di lunga esperienza, una scena così.

Prima di formalizzare la fine del rapporto di lavoro, Giuli va a Palazzo Chigi. La premier Giorgia Meloni è impegnata all’estero, quindi il ministro la informa attraverso il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari. Spiega di essere venuto a sapere che Report sta lavorando a due puntate, una sul caso Sangiuliano-Boccia e l’altra sul nuovo corso del dicastero. I legali dell’influencer la scorsa settimana avrebbero fornito carte e documenti ai giornalisti di Rai3 e Gilioli, a sua volta, avrebbe diffuso documenti sull’ex ministro e sulla vicenda della nomina di Boccia come consulente per i grandi eventi, che sarebbero dovuti restare riservati. La trasmissione condotta da Sigfrido Ranucci però smentisce. Giuli ai suoi interlocutori, incluso La Russa, assicura di avere le prove: «Ho un documento che testimonia la prova della sua infedeltà». E, piuttosto arrabbiato, aggiunge che non sarebbe stata la prima volta: l’ex capo di gabinetto avrebbe parlato con i cronisti già in passato, senza rispettare il ruolo istituzionale che ricopriva. Gilioli è incredulo e nello stesso tempo sicuro della sua buona fede. In pubblico si chiude nel silenzio ma alle persone con cui si confida dice: «Non so perché mi ha cacciato. Non ho fatto nulla». Sullo sfondo resta comunque l’inchiesta. Il nome di Gilioli compare più volte nell’esposto fatto in procura da Sangiuliano. Sarebbe stato il capo di gabinetto a esprimere perplessità «circa incongruenze del curriculum e l’eventualità di conflitti d’interesse per attività pregresse di Boccia». Tuttavia giorni fa Maria Rosaria Boccia ha detto che il suo contratto da consulente era stato controfirmato proprio da Gilioli. Circostanza sempre smentita e che ora potrebbe essere finita sotto la lente di chi indaga. Secondo altre indiscrezioni sarebbe stato anche ascoltato nei giorni scorsi dai magistrati, ma al momento non ci sono conferme ufficiali. Spifferi e soffiate, sulle ragioni del brusco allontanamento: per il dirigente si era immaginata un’uscita soft dal ministero, a dicembre, nell’ambito di una graduale sostituzione dell’ex staff di Sangiuliano. Il Pd, con Irene Manzi, parla di un «clima di veleni e di sfiducia» che «paralizzano il Mic». Una situazione preoccupante, tanto più in vista dei «profondi tagli lineari» in arrivo. E quando si avvicina la manovra economica, il neo ministro resta alle prese con una ristrutturazione interna e con l’affaire Sangiuliano tutt’altro che finito.

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