È imminente la firma del Cis Terra dei Fuochi, dove Cis sta per Contratto istituzionale di sviluppo una delle non poche sigle che caratterizzano forme di promozione territoriale concertata fra centro e periferia. Ad annunciarlo è Mara Carfagna, ministra per il Sud e la Coesione territoriale, in risposta a una interrogazione parlamentare a Montecitorio sugli utilizzi del Fondo sviluppo e coesione: «È in dirittura d’arrivo – ha detto Carfagna – la stipula del Contratto istituzionale di sviluppo per la Terra dei Fuochi, che finanzieremo per circa 200 milioni». Altri dettagli ufficiali non ci sono ma secondo fonti vicine al dossier nel definire il perimetro del Cis Terra di Fuochi si è assistito a una spinta per l’estensione dell’area soprattutto in provincia di Caserta, per cui l’elenco dei Comuni è aumentato di una ventina di municipi fino a raggiungere quota 61, superando il milione di persone, di cui un terzo nella Città metropolitana di Napoli e la larga parte nel Casertano. Scopo del Cis non è intervenire nelle complessa partita delle bonifiche bensì nel promuovere iniziative coordinate di sviluppo, promosse dai territori e finanziate nell’ambito del Fondo sviluppo e coesione. Entro febbraio peraltro altri Cis dovrebbero essere firmati tra il ministero della Coesione nell’area Vesuvio-Pompei-Napoli-Est e in Calabria e che si aggiungeranno ai sei già attivi per la valorizzazione di specifici territori: Matera, Taranto, Foggia, Molise, Ventotene, Cratere sismico del 2016, quello che colpì Amatrice e una vasta zona del Centro Italia.

I Cis, istituiti dal decreto legislativo 88/2011, sono contratti attivabili su proposta di amministrazioni locali e valutati dal ministro per il Sud, il quale ha la responsabilità di individuare gli interventi. Nei contratti sono definiti i progetti degli interventi (tipologia, costi, tempi di attuazione), le responsabilità dei contraenti, i criteri di valutazione e monitoraggio e le sanzioni per eventuali ritardi o inadempimenti. I fondi per i Cis prossimi alla firma arriveranno dal Fondo sviluppo e coesione (Fsc), una cassaforte per legge destinata all’80% al Mezzogiorno. Carfagna alla Camera ha sottolineato che «considerando tutti gli stanziamenti e gli utilizzi nel frattempo intervenuti, attualmente il Fondo ha una disponibilità di 63,2 miliardi. È una mole di investimenti di entità paragonabile a quella del Pnrr e dei fondi strutturali, che merita, più di quanto accaduto in passato, una programmazione attenta e partecipata». Il ministro ha quindi ricordato l’istituzione di una commissione di esperti che sostiene gli uffici nella «elaborazione degli obiettivi strategici, che contiamo di trasmettere alle Camere entro il mese di febbraio». Carfagna ha quindi annunciato: «i miei uffici sono al lavoro, in collaborazione con il Mims e il Mef, e dopo un lungo confronto con le Regioni, per un’assegnazione di risorse Fsc in favore di progetti strategici e immediatamente cantierabili metà dei quali riguardanti la mobilità stradale esclusa dal Pnrr – che dovrebbe vedere la luce nelle prossime settimane». «La nostra ambizione – ha concluso la ministra – è fare del Fsc lo strumento con cui in futuro l’Italia conserverà e consoliderà il metodo Pnrr: cronoprogramma definito e dettagliato, obiettivi specifici, incentivi e disincentivi per un corretto utilizzo delle risorse da parte di tutti i soggetti attuatori degli interventi. I fondi nazionali per la coesione possono e debbono diventare un Pnrr permanente. Possono e devono cioè servire a costruire un grande programma strutturale per la riduzione dei divari economici e sociali del Sud, delle aree interne e di ogni territorio depresso del Paese».

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui