Il caso Santanché agita il governo. La mozione di sfiducia presentata dalle opposizioni contro la ministra del Turismo, alla luce dell’indagine della Procura di Milano sul caso Visibilia, approderà in Aula alla Camera da mercoledì prossimo, ma potrebbe slittare ancora, complice un ingorgo di provvedimenti. E nel frattempo nessuno nella maggioranza scommette siano esclusi colpi di scena. “Nessuno mi ha chiesto di dimettermi”, ha assicurato la ministra in mattinata, circondata da una certa freddezza nel centrodestra. C’è chi giura che la stessa Giorgia Meloni le abbia chiesto almeno una riflessione, e segnali di pressioni arrivano anche dalla Lega, anche se il partito di Matteo Salvini ha provato a stoppare queste ricostruzioni con una nota: “La Lega è e resta garantista” e la vicenda che riguarda la ministra “confermerà per l’ennesima volta la compattezza della maggioranza e la piena sintonia tra i leader”. Dopo Pasqua, tra mercoledì e giovedì, dovrebbe arrivare in Aula, sempre a Montecitorio, la mozione di sfiducia delle opposizioni al ministro Matteo Salvini, che riguarda i rapporti della Lega con il partito Russia Unita. L’esito di questa votazione non agita affatto il governo. Ben più significative, invece, sono le fibrillazioni per la diversa strategia che in queste settimane stanno adottando il vicepremier e Meloni nella lunga corsa verso le Europee di giugno. E forse non per caso si sono ritrovati in prima serata ospiti di due programmi televisivi. Il leader leghista a Porta a Porta su Rai1, quella di FdI a Fuori dal coro su Rete4. Studi televisivi diversi, temi diversi, ma entrambi piazzano un affondo di quelli che tendenzialmente sono graditi all’elettorato di destra. Meloni coglie al balzo la domanda di Mario Giordano sulle “vittime degli effetti avversi del vaccino” per il Covid “che spesso si sentono abbandonate”. “Non devono sentirsi abbandonati -la risposta -. Ci deve essere la “massima disponibilità da parte del governo, per andare in fondo, capire e assumersi per lo Stato italiano le responsabilità che si deve assumere”. Salvini invece usa la vicenda della scuola di Pioltello rilanciando l’idea di “un tetto del 20% di alunni stranieri per classe”. Non sono granché dissimili i toni quando i due fanno riferimento ai magistrati. “Una certa magistratura politicizzata” fa “perdere un sacco di tempo” sulle espulsioni, l’attacco di Meloni. “Alcuni che portano l’ideologia in tribunale”, l’osservazione del vicepremier, che dallo studio di Bruno Vespa assicura “una soluzione equilibrata per taxi e Ncc”. Rispondendo a Mario Giordano, la presidente del Consiglio annuncia invece a breve una norma sulle liste d’attesa nella sanità, soprattutto per “le regioni che hanno un’alta mobilità passiva. Ossia quando” per curarsi una persona “si deve trasferire e la sua regione paga l’altra”. Si arriva anche alla politica estera e alle Europee. Il leader della Lega conferma il “mai con von der Leyen”, ribadisce che “tra Macron che parla di guerra e Le Pen che parla di pace” sceglie “tutta la vita” la leader della destra francese, e conferma di volere il generale Roberto Vannacci in squadra. Parla di Emmanuel Macron anche Meloni, chiarendo di “non aver condiviso” le sue parole muscolari sulla crisi ucraina, e “l’ho detto anche a lui”. Più degli atteggiamenti, la linea della premier, contano i fatti: “Se non molliamo, costringiamo Putin a sedersi a un tavolo delle trattative per cercare una pace giusta”. La Russia è l’altro tema delicato da sempre fra i due alleati. “A sinistra mi criticano perché respiro…Per quanto riguarda il voto in Russia, hanno votato, ne prendiamo atto, non sta a me dare giudizi” taglia corto Salvini. “Lavoro e lavorerò perché si parli di pace non di guerra”, aggiunge rimarcando la distinzione “tra chi ha aggredito e chi è stato aggredito”.
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