Ucciso a 57 anni da colpi d’arma da fuoco in un ristorante nel Napoletano. Secondo una prima ricostruzione sarebbe stato ammazzato da due i killer armati di pistole di diverso calibro, aiutati da un complice rimasto all’esterno del locale: nel mirino Vincenzo Nappi, ritenuto dai carabinieri e dalla Direzione distrettuale antimafia il capozona a Melito del clan Amato Pagano. A intervenire i carabinieri della compagnia di Marano, giunti sul posto poco prima delle 14 nella trattoria in via Lavinaio, nel comune di Melito. L’uomo è stato assassinato mentre pranzava nel ristorante Gaetano e Teresa, dove gli altri pochi clienti, sentiti gli spari, presenti si sono buttati a terra in cerca di riparo. La vittima non ha avuto scampo: frequentava raramente quel posto. A parte questo finora nessuno, neppure i titolari, sarebbe stato in grado di fornire informazioni utili ai militari nell’inchiesta. Nappi era una persona nota alle forze dell’ordine e alla magistratura: risultava essere disoccupato; da una prima compagna aveva avuto due figli ed era in attesa di un altro figlio da una seconda compagna. Aveva precedenti per associazione, è stato in carcere fino all’agosto 2020. Inoltre, era stato sottoposto alla sorveglianza speciale fino all’ottobre sempre del 2020. Soprannominato «’o pittore», il 57enne era dunque ritenuto dagli inquirenti legato al clan Amato-Pagano, gli scissionisti di Secondigliano da tempo egemoni tra i palazzoni del comune alla periferia nord di Napoli. Considerato uno dei vertici degli scissionisti, una volta facente parte del clan Di Lauro di Secondigliano. Ad arrestarlo, nel 2011, a Mugnano, furono i carabinieri del nucleo operativo della compagnia di Giugliano in Campania: era ricercato da tre mesi in quanto sfuggito a un blitz che assicurò alla giustizia otto persone, tutte legate allo stesso clan, a cui la Dda contestava, a vario titolo, i reati di associazione per delinquere di tipo mafioso, traffico e spaccio di stupefacenti ed estorsioni.

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