Quando la passione viene confusa con la violenza. Sta in questo fraintendimento gran parte della cultura che, l’altro ieri, ha spezzato in due l’Italia, quando nell’autogrill di Badia Al Pino (nell’aretino) si è scatenata la battaglia tra partenopei e giallorossi. E sono i social, Instagram e in particolare Tik Tok, il campo su cui prosegue la guerriglia degli ultras andata in scena domenica sull’autostrada del Sole. Stando ai messaggi delle ultime ore, lanciati via audio e video dai gruppi organizzati, non sono da escludere ritorsioni, vendette incrociate e nuove tensioni tra supporter nei prossimi giorni. «Napoli pikkia» o «Vesuvio erutta». Più che una fede sportiva, è una vera propria mentalità militare, questa degli ultras – partenopei o giallorossi che siano. Molti di loro hanno la fedina penale tutt’altro che immacolata: tra i Mastiffs (azzurri), i Boys (giallorossi) o i Fedayn si annoverano pusher di quartiere, narcotrafficanti internazionali e affiliati di sistema. Ma anche giovanissimi senza precedenti, pronti a convertirsi all’illusione della violenza. La battaglia dell’A1 ha dimostrato che i tempi di Genny ‘a Carogna, dal 2019 collaboratore di giustizia e figlio di un ex affiliato del clan Misso, sono tutt’altro che passati. Le immagini dell’ex capo Mastiffs De Tommaso che, all’Olimpico, indossa la maglietta “Speziale libero” (Speziale, cioè il supporter catanese condannato per la morte dell’ispettore Filippo Raciti, ucciso il 2 febbraio 2007 durante gli scontri nel derby con il Palermo) sono, purtroppo, tornate attualissime. C’è una chiusura totale nei confronti di chi non è uno di loro, tra gli ultras, che quasi mai parlano di ciò che avviene all’interno del gruppo. L’esclusione dell’altro, del resto, cementa chi è alla ricerca di un’identità fissa cui aggrapparsi. Eppure, i membri dei gruppi organizzati non rinunciano al «narcisismo social». E in queste ore, su Tik Tok, si scatenano meme, audio e video in cui ci si vanta degli scontri di domenica. O si promettono nuovi agguati. «Saremo la vostra ossessione: Napoli pikkia, Ciro Vive!». È uno dei tanti post che fotografano la soddisfazione dei violenti, che piomba nel rione virtuale nel nome di Ciro Esposito (ucciso nel 2014 dall’ultrà romanista De Santis, poco prima della finale di Coppa Italia Fiorentina-Napoli all’Olimpico), la cui morte sarebbe – a detta degli ultras – il casus belli della battaglia di Arezzo. Nonostante la ferma condanna della guerriglia arrivata ieri dalla madre del 31enne ucciso.
Ma sono meme (talvolta col volto di Ciro Esposito) audio e video a mettere in allarme. L’hashtag «Ultras Napoli e Roma», non a caso, su Tik Tok è seguito dall’emoticon di una fiamma accesa. «Ho sentito dei ragazzi che sono partiti. Le ‘amo prese male, storica. Quando sono arrivati gli altri della Roma era già tardi», rivela l’audio di un tifoso romanista. «E che è succiess – dice fiero, in napoletano, un ragazzino – i romani sono venuti a combattere, all’inizio. Poi sono fuggiti». Si trova anche il racconto di un altro supporter azzurro che, parlando in italiano, sembra non chiudere all’ipotesi di un appuntamento, o quantomeno di uno scontro cercato da entrambi i fronti: «Non avete idea. Avevamo avvistato i romani camminando, i poliziotti ci hanno bloccato in autogrill. I romani si fermano poco dopo e scendono tipo esercito, compattissimi. I napoletani poi li distruggono. Ci siamo sfilati la cintura e ci siamo detti: ‘Quello che succede succede’. Poi hanno cominciato a lanciare di tutto: petardi, bottiglie, estintori». Chissà che non si preparino nuovi scontri: ieri, da San Siro, gli ultras romanisti cantavano: «Tutta Napoli è distrutta, Vesuvio erutta». Anche questo video si trova su Tik Tok, ed è postato da un account della galassia giallorossa.