Il governatore della Liguria Giovanni Toti, ai domiciliari con l’accusa di corruzione e falso, è arrivato alla caserma della Guardia di finanza di piazza Cavour per l’interrogatorio con i pubblici ministeri titolari dell’inchiesta sulla corruzione in porto Federico Manotti e Luca Monteverde. Con Manotti e Monteverde anche il procuratore aggiunto Vittorio Ranieri Miniati. Il grande giorno è arrivato. E domani il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti, ai domiciliari dal 7 maggio per corruzione, potrà dare la sua chiave di lettura su quanto gli contesta la procura. Mentre il gip Paola Faggioni ha respinto l’istanza di revoca della misura interdittiva disposta nei confronti di Francesco Moncada, ex consigliere del cda di Esselunga. Di sicuro il governatore, assistito dall’avvocato Stefano Savi, è pronto a ribadire la sua linea di difesa. E cioè che non c’è stato alcun finanziamento illecito, che quelle ricevute erano erogazioni liberali date da privati cittadini che in cambio non hanno ricevuto nulla, e che le delibere adottate e le decisioni prese sono sempre state “per il bene della comunità”. E, ancora, che le spese erano tutte tracciate, tutto speso per iniziative politiche senza mettersi in tasca nulla. Non la pensano alla stessa maniera i pubblici ministeri Luca Monteverde e Federico Manotti, che lo accusano di corruzione, falso e voto di scambio. Tant’è che dalle carte dell’inchiesta emerge che dal conto del Comitato Toti, presso Intesa San Paolo, 55 mila euro sarebbero passati al conto personale presso Carige del presidente, con un’operazione che mescola i finanziamenti, versati legalmente dai sostenitori, con il patrimonio personale del governatore della Liguria. Una circostanza sospetta che i magistrati di Genova potrebbero voler chiarire già domani. Negli atti, la guardia di finanza precisa che il conto Carige, sul quale era delegata ad operare la segretaria del governatore, viene “abitualmente utilizzato come ‘conto politico’” e che gli accertamenti bancari hanno verificato che “veniva solitamente utilizzato per sostenere spese correlate all’attività politica” di Toti e del suo “entourage”. L’interrogatorio è il primo passo verso la richiesta della revoca degli arresti domiciliari che verrà presentata al giudice per le indagini preliminari. E se dovesse essere ottenuta, il presidente potrebbe confrontarsi con la sua maggioranza e decidere se dimettersi o meno. Dimissioni che non sono bastate a Francesco Moncada, ex consigliere del cda di Esselunga. Il manager sottoposto a interdittiva perché, secondo l’accusa, avrebbe pagato le pubblicità, in modo occulto, per il partito di Toti durante la campagna elettorale per le elezioni comunali a Genova. In cambio le pratiche per l’apertura dei supermercati a Genova, Savona e Rapallo, avrebbero avuto una ‘accelerata’. Moncada si era dimesso dopo il deflagrare dell’inchiesta. Aveva rilasciato spontanee dichiarazioni, respingendo le accuse, e aveva presentato istanza di revoca. L’istanza è stata respinta dal gip che ha motivato la decisione spiegando che non sono sufficienti le dimissioni visto che ci sarebbe un concreto e attuale pericolo di corrompere ancora. All’ex presidente del porto di Genova Paolo Emilio Signorini “sono stati sequestrati 70 o 80 mila euro sul conto. Non è vero che non aveva nulla”. Spiega l’avvocato Enrico Scopesi che difende l’ex guida del principale porto italiano ed ex ad di Iren attualmente in carcere. Il vicepremier e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini alla Camera annuncia a breve un bando per selezionare il nuovo presidente dell’Autorità portuale di Genova ribadendo che i lavori per la nuova diga devono andare avanti.

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