Un interrogatorio fiume, iniziato alle 11 di mattina e finito in serata e una memoria di 17 pagine per “spiegare le linee politiche e morali che, da quanto ho assunto l’onore di guidare Regione Liguria, hanno sempre informato l’attività perseguita dalla Giunta regionale nella unica prospettiva di servire il bene e l’interesse comune dei cittadini liguri e delle loro istituzioni: ogni euro incassato è stato destinato alla politica”, con tutte le spese tracciabili in ogni momento. Un fuoco di fila di 180 domande preparate dalla procura di Genova a cui è stato sottoposto il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti, alle quali ‘ha risposto a tutte’. Il governatore è agli arrestati domiciliari dal 7 maggio, accusato di corruzione e falso. Dopo aver scelto di non rispondere al giudice per le indagini preliminari nell’interrogatorio di garanzia, e di non ricorrere al Riesame, Toti aveva insistito tramite il suo avvocato Stefano Savi per chiedere ai pubblici ministeri Federico Manotti e Luca Monteverde di essere sentito per spiegare le sue ragioni. E lo ha fatto con anche la memoria depositata ai pm: “Nell’intero impianto accusatorio si analizza solo una limitatissima parte dei rapporti tra amministrazione, Presidente, e mondo del lavoro e delle imprese. E di tale limitatissima parte si fa paradigma per tutto il resto. Al contrario, l’atteggiamento e l’animus dei rapporti e dei contesti analizzati dovrebbe invece essere esaminato e interpretato alla luce della generalità e molteplicità dei rapporti di un lunghissimo periodo”. E, sottolinea Toti, è solo “da una visione di ampio respiro, che abbracci tutto l’arco della mia presidenza, che si può apprezzare la nostra visione politica e comprendere appieno come tutte le mie azioni (anche quelle contestate) siano state ispirate, certamente dalla giusta attenzione verso le imprese operanti sul territorio ma nell’unica prospettiva della tutela dell’interesse collettivo e del suo progresso”. L’interrogatorio investigativo si è svolto negli uffici del Reparto operativo navale, il Roan della Guardia di finanza a Molo Giano. Il posto dove, il 7 maggio 2013, morirono 9 persone per il crollo della Torre piloti buttata giù dalla Jolly Nero. Insieme ai pm Manotti e Monteverde era presente anche l’aggiunto Vittorio Ranieri Miniati. Le domande a cui il governatore ha risposto riguardano i capi di imputazione contestati al momento dell’arresto. E quindi il presunto voto di scambio, organizzato con i gemelli Arturo e Maurizio Testa, “arruolati” per raccogliere i consensi tra la comunità riesina nel quartiere Certosa, in vista delle Regionali del 2020. Alla fine vennero trovate 400 preferenze. Per l’accusa, in cambio sarebbero stati promessi posti di lavoro. Il capo di gabinetto Matteo Cozzani è indagato per voto di scambio con l’aggravante mafiosa. E poi, i favori a Aldo Spinelli per il rinnovo della concessione a 30 anni per il Terminal Rinfuse e l’interessamento per destinare una parte della spiaggia pubblica di Punta Olmo, a Celle Ligure, a uso privato per i 42 appartamenti preventivati dalla famiglia Spinelli. Altre domande riguardano i finanziamenti ricevuti non solo da Spinelli e Francesco Moncada (ex consigliere del consiglio di amministrazione di Esselunga, indagato per corruzione anche lui), ma anche dal re delle discariche Pietro Colucci e da altri imprenditori. Ora Toti è intenzionato a chiedere al giudice per le indagini preliminari la revoca della misura cautelare. Uno snodo fondamentale di questa vicenda, soprattutto perché, se il gip dovesse accettare e lo rimettesse in libertà, si potrà confrontare con la sua maggioranza e con i suoi collaboratori e decidere se dimettersi o meno dalla carica di governatore. Per capire se Toti verrà rimesso in libertà servirà almeno ancora una settimana. Questi i tempi “tecnici” della giustizia.