La questione, che rende irrequieto il ministro conservatore dell’Istruzione e del Merito, è che domani mattina gli striscioni li srotoleranno in piazza gli insegnanti con le loro due rappresentanze sindacali (Flc Cgil e Uil scuola) e gli studenti con le loro sigle maggioritarie: Rete della conoscenza-Uds, Rete degli studenti medi. Domani c’è sciopero nazionale – non generale, per volontà del Garante – e coincide, per scelta strategica, con la Giornata internazionale dello studente. D’altro canto, le ragioni del disagio sono le stesse. Per docenti e discenti. Se il ministro Giuseppe Valditara, con il suo carico anti sindacale, cerca strade per trovare soluzioni per una scuola alle prese con problemi antichi (il precariato) e nuovi (la denatalità), il suo governo certo non ha messo l’istruzione al centro dell’azione. E la manovra di bilancio povera, con 1,7 miliardi dedicati al tema (di cui 1,2 miliardi per il rinnovo del contratto di docenti e dirigenti scolastici), mostra tutti i limiti del progetto scolastico dell’esecutivo Meloni. Scrive la Cgil: “Le battaglie e le ragioni di lavoratrici e lavoratori, studentesse e studenti si fondono in una stessa data. A poco più di un anno dall’insediamento del ministro Valditara e alla luce degli insufficienti stanziamenti nella Legge di bilancio per il contratto e agli assenti fondi per il diritto allo studio, l’idea di scuola del Governo appare sempre più povera, divisa e precaria. Riforme come l’autonomia differenziata, il dimensionamento scolastico con il taglio di quasi 900 istituti, l’alto tasso di lavoro precario, le riforme della condotta e della filiera tecnico professionale, rischiano di rendere la scuola un moltiplicatore di disuguaglianze, subordinato alle logiche del mondo delle aziende e dei privati”. La segretaria generale della Flc Cgil, Gianna Fracassi, dichiara: “Nella scuola è in atto una vera e propria spending review. Si tradurrà, con il dimensionamento, in un taglio lineare che rischia di sguarnire il sistema dell’istruzione soprattutto nei territori più deboli come il Sud e le aree interne. Saremo in piazza anche contro il tentativo di privatizzare interi pezzi della conoscenza tramite l’entrata dei privati nella governance degli istituti con l’introduzione della nuova filiera tecnico-professionale. Questa riforma piega alle esigenze delle imprese il sistema dell’istruzione negandone la vera funzione che è quella di formare cittadini critici e consapevoli”. Si manifesta anche contro l’ingiusto e illegittimo disegno di autonomia differenziata in discussione in Parlamento che rischia di portare a un sistema fatto di tante scuole diverse, con i diritti a geometria variabile a seconda del territorio in cui si vive”.

Bianca Chiesa, coordinatrice nazionale dell’Unione degli studenti: “L’istruzione non si merita, è un diritto di base, e lo rivendichiamo con forza: il diritto a un’istruzione completamente gratuita, con una Legge nazionale sul diritto allo studio e almeno il 5 per cento del Prodotto interno lordo dedicato all’istruzione. Vogliamo abolire le forme dell’Alternanza scuola lavoro in favore dell’istruzione integrata. Chiediamo spazi sicuri e adeguati, con interventi massivi sull’edilizia scolastica. Una riforma della didattica e della valutazione e interventi per la tutela del benessere psicologico”. Per la Rete degli studenti medi, Paolo Notarnicola ribadisce: “Ogni giorno il futuro della nostra generazione diventa sempre più precario. Vediamo avanzare la crisi climatica e i conflitti globali e lo spazio per noi è pari a zero: veniamo educati a un lavoro povero e precario. Non resteremo a guardare in silenzio mentre il Governo disinveste sui giovani. Siamo una generazione precaria da ogni punto di vista che di fronte a sé non vede prospettive. La crisi climatica, lo stigma sulla salute mentale, le guerre che in tutto il mondo massacrano i popoli, un modello si scuola che umilia e non da ultimo un mondo del lavoro che ci sfrutta”. Per Tess Kucich, coordinatore della Rete della conoscenza, “la nostra generazione vive il dramma di passare da una crisi all’altra. Siamo cresciuti durante e dopo il crollo economico del 2008, abbiamo vissuto sulla nostra pelle la pandemia e oggi ci troviamo ad affrontare le conseguenze del carovita in un Paese in cui il valore reale dei salari negli ultimi decenni è andato calando. Siamo più poveri dei nostri genitori, paghiamo affitti folli per vivere nelle nostre città, facciamo lavori precari e sottopagati, veniamo discriminati se non conformi al modello di vita eterocispatriarcale, subiamo decenni di politiche sociali e ambientali che hanno lacerato il nostro tessuto sociale e messo in pericolo in nostri territori”. L’Unione degli studenti (Rete della Conoscenza) annuncia manifestazioni in 42 piazze italiane.

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