«Dio si incontra nell’umiltà e nel silenzio». Papa Francesco vuole chiudere la partita, nei giorni del clamore provocato dalle rivelazioni dell’assistente di Papa Benedetto XVI Georg Gänswein, su frizioni e incomprensioni tra i due pontefici. E, all’indomani del funerale di papa Ratzinger, punto di riferimento per l’ala più tradizionalista dei cattolici che è entrata in fibrillazione, lancia alto un monito a non «dare scandalo». Parlando ai fedeli dell’Epifania, Bergoglio scandisce: «Adoriamo Dio e non il nostro io; adoriamo Dio e non i falsi idoli che ci seducono col fascino del prestigio e del potere, con il fascino delle false notizie; adoriamo Dio per non inchinarci davanti alle cose che passano e alle logiche seducenti ma vuote del male». La fede, ricorda il papa argentino, è anche «sofferenze che scavano nella carne». E aggiunge: «In questi momenti si levano dal nostro cuore quelle domande insopprimibili, che ci aprono alla ricerca di Dio». E tra queste: «Dov’è quell’amore che non passa, che non tramonta, che non si spezza neanche dinanzi alle fragilità, ai fallimenti e ai tradimenti?». Cita papa Benedetto XVI papa Francesco, spiegando che la fede è un «pellegrinaggio», un «mettersi in cammino». E sottolinea che «la fede non cresce se rimane statica; non possiamo rinchiuderla in qualche devozione personale o confinarla nelle mura delle chiese, ma occorre portarla fuori, viverla in costante cammino verso Dio e verso i fratelli». Facendo pensare quasi a una risposta a padre Georg che in un’intervista lo ha accusato di aver «spezzato il cuore» di Ratzinger con il suo stop alle messe in latino. Ma papa Francesco non si limita ai moniti. E quasi a bloccare il chiacchiericcio su sue ipotetiche dimissioni (più semplici ora che non c’è più Ratzinger e i papi non dovrebbero diventare tre, dice chi le auspica) riprende in mano con vigore le redini decisionali. Rivoluziona la sua diocesi, quella di Roma. E commissaria, di fatto, il cardinal vicario Angelo De Donatis: «Non intraprenderà iniziative importanti o eccedenti l’ordinaria amministrazione senza aver prima a me riferito», dispone. La linea la detta da subito nella Costituzione Apostolica. Ed è una sterzata verso una «conversione missionaria e pastorale» per «non lasciare le cose come stanno». «La Chiesa perde la sua credibilità» avverte «quando i suoi membri, talvolta anche coloro che sono investiti di autorità ministeriale, sono motivo di scandalo con i loro comportamenti infedeli al Vangelo», rimarca il papa. Senza citare il caso del gesuita Marko Rupnik, accusato di abusi da diverse suore. E auspica una Chiesa di Roma che sia «per tutte le altre, testimone del fatto che nessuno deve essere escluso». Con particolare impegno «nell’accoglienza dei tanti rifugiati e migranti». E conclude: «Sogno una trasformazione missionaria che coinvolga integralmente le persone e le comunità, senza nascondersi o cercare conforto nell’astrattezza delle idee». Ma è sulle idee che si consuma lo scontro tra le «opposte tifoserie», come le chiama padre Georg. Lui, nel libro, ricostruisce le diverse visioni di Francesco e Benedetto. Prima fra tutte quella su come affrontare la «propaganda sulla filosofia gender». Lo scrisse Ratzinger a Bergoglio. D’accordo con il papa che bisognasse «trovare un equilibrio tra rispetto della persona e amore pastorale e dottrina della fede» ammonì che «la filosofia gender insegna che è la singola persona che si fa uomo o donna. Non interessa il bene della persona omosessuale ma di una voluta manipolazione dell’essere». «So che molti omosessuali sentono di essere pretesto per una guerra ideologica. Perciò una resistenza forte e pubblica è necessaria», scrisse Benedetto. E Gänswein annota: «Richieste specifiche di osservazioni non sono più arrivate».
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