Una lezione di politica. Ma anche di vita. A distanza di 10 giorni dalla sua epurazione stalinista dalla lista Pd alle regionali della Campania, Massimo Schiavone esce come un gigante. Mentre Stefano Graziano e Marco Villano non superano nemmeno la statura di un pulcino. Il deputato e il candidato dem speravano in cuor loro che il giovane medico abbandonasse il partito dopo il trattamento indecente che gli è stato riservato. Invece Schiavone non solo è rimasto ben saldo al suo posto ma ha rilanciato. Oggi ha incontrato la capolista democrat Camilla Sgambato. E con un post Fb ha annunciato il suo sostegno elettorale e quello della sua squadra all’ex deputata. “Da sempre – ha scritto il professionista di Sessa Aurunca – il Pd è la mia casa politica. Di questa famiglia sono figlio naturale ed ora anche padre. In politica come nella vita si matura e si cresce nei passaggi difficili. E per questo, con responsabilità, sono qui per sostenere con tutte le mie forze il Pd e la sua capolista Camilla Sgambato”.

Stefano Graziano

Poi il ringraziamento alla senatrice Susanna Camusso e l’affondo, senza farne il nome, contro Graziano, il principale artefice della scandalosa esclusione di Schiavone dalla lista. “Ringrazio la commissaria Susanna Camusso per aver pensato ad una capolista autonoma, intorno a cui ricostruire un Pd forte e vero, liberato da tossicità antidemocratiche e logiche trasversali”. In effetti il parlamentare di Teverola, pur di avvantaggiare il suo figlioccio politico Villano, non si è fatto scrupoli a utilizzare la ghigliottina per tagliare fuori dai giochi Schiavone, “reo” di avere troppi consensi e di essere ben visto da un’ampia fetta del popolo dem. Ergo, di essere “pericoloso” sul piano elettorale perché aveva ottime chance di piazzarsi prima di Villano. Graziano ha introdotto una nuova regola, appunto tossica per la democrazia interna al partito, quella di penalizzare chi è radicato sul territorio: “Chi ha i voti va ostacolato con ogni mezzo e non deve essere candidato”.

Una politica all’incontrario in un mondo capovolto che ha destato sconcerto in gran parte di dirigenti e militanti dem. Ma anche nell’opinione pubblica. “Se il Pd casertano tratta così i suoi rappresentanti figurarsi come considera i cittadini”, è il mantra dal giorno del siluramento di Schiavone. Insomma il gioco al massacro di Graziano ha sortito un effetto boomerang devastante per l’immagine del partito, peraltro in una fase molto critica in cui l’esercito del “non voto” diventa sempre più folto.

Camilla Sgambato, Elly Schlein e Roberto Fico

Per fortuna Schiavone ha anteposto l’interesse del Pd a quello personale dimostrando maturità politica e serietà personale. “Ringrazio Camilla, – recita un altro passo del post social – la capolista intorno a cui stringersi in questo momento della verità. Al mio fianco in questa battaglia tantissimi amici cari con cui condivido fiducia e lealtà. E anche se per me la corsa è solo rinviata, il cammino continua per arrivare fino in fondo in un rinnovato Pd casertano. È il momento di non mollare e di essere generosi e militanti. Con il Pd e con la capolista Camilla Sgambato insieme a Roberto Fico per una Campania, un centrosinistra e un partito democratico determinanti, vincenti e liberi”.

Massimo Schiavone

Se un politico giovane impartisce una lezione del genere a un politico esperto vuol dire che il Pd di Terra di Lavoro ha bisogno di una profonda rigenerazione. Altrimenti continuerà a essere, come ha giustamente denunciato Alfonso Formato, consigliere dem di Maddaloni, “un clan chiuso, autoreferenziale, dominato da logiche personali, formato da personaggi che pensano soltanto a coltivare il loro orticello”.

Mario De Michele

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