SAN CIPRIANO D’AVERSA – Un’assemblea pubblica per dire no alla camorra, ma anche per stimolare le istituzioni e la politica a fare molto di piu’. Al ristorante-pizzeria Nco (contro la cui porta sono stati esplosi nei giorni scorsi colpi di pistola) ubicato in un vicoletto di San Cipriano d’Aversa, storica roccaforte del clan dei Casalesi, questa mattina c’erano non solo le associazioni anticamorra, come la coop Agropoli che gestisce il locale con il suo responsabile Peppe Pagano, don Luigi Ciotti e i referenti di Libera Caserta e di altre sedi (Frattamaggiore, Latina).
Erano infatti presenti anche i familiari di numerose vittime di camorra, tra cui Paolo Siani, fratello di Giancarlo, Gennaro Nuvoletta (fratello del carabiniere ucciso, ndr), Massimiliano e Mimma Noviello, figli dell’imprenditore ammazzato da Giuseppe Setola a Castel Volturno, i rappresentanti provinciali delle forze dell’ordine, applauditi a lungo, i responsabili dei sindacati, di Confindustria e Camera di Commercio, e soprattutto tanti cittadini; in tutto oltre 200 persone che hanno riempito il piazzale esterno del locale.
”Queste manifestazioni – ha affermato Tano Grasso, presidente del Fai (Federazione Associazioni Antiracket) – servono a far sentire a coloro che valorizzano i beni confiscati e in genere agli operatori economici di questo disastrato territorio la vicinanza dell’opinione pubblica, ma bisogna anche ammettere che la camorra casertana e’ ancora molto forte e radicata, per cui la guardia va tenuta alta; e la politica deve prendersi le sue responsabilita’, questi temi devono entrare nella campagna elettorale”.
Per il magistrato Raffaello Magi, presidente del collegio del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere che si occupa di misure di prevenzione, in particolare di sequestri e confische di beni mafiosi, da sempre in prima linea nella lotta contro i clan, ”e’ necessario rafforzare le sezioni dei tribunali che si occupano di tali misure che sono fondamentali in quanto aggrediscono i beni e le ricchezze accumulate dai clan con gli affari illeciti a prescindere dalle condanne nei processi”. ”Solo a Milano e Palermo vi sono dei magistrati che si dedicano esclusivamente al settore della prevenzione reale e personale. Il Csm sembra essere indifferente a tale situazione, farebbe bene ad occuparsene” conclude Magi.
”Il ristorante Nco e’ un simbolo che va difeso contro gli atti anch’essi simbolici dei camorristi, come i quattro colpi esplosi la notte di Capodanno – afferma Valerio Taglione di Libera Caserta – dobbiamo far capire loro che siamo piu’ forti”. L’ultimo appello prima del saluto finale lo lancia don Ciotti. ”Vanno tutelati i lavoratori delle aziende confiscate, per questo raccoglieremo insieme alla Cgil di Caserta le firme per la proposta di legge che li riguarda. Dobbiamo fare di piu’. Sono sicuro che don Peppino (Diana, ndr) ci guarda e ci sostiene dall’alto”.
”Sparare in questo luogo ha un significato profondo perche’ e’ un’azienda che produce e funziona su un bene confiscato. Cosi’ facendo i camorristi vogliono dire che il territorio e le realta’ produttive sono ‘roba nostra’, noi invece diciamo che si tratta di ‘cosa nostra’, ovvero di beni restituiti alla collettivita”’: lo ha affermato il presidente nazionale di Libera, don Luigi Ciotti, intervenendo all’assemblea pubblica.
”La parola legalita’ – ha proseguito don Ciotti – e’ ormai sulla bocca di tutti. Sono fondamentali le associazioni e i progetti ma e’ in Parlamento che si deve davvero combattere la mafia. Penso alle numerose ambiguita’ riguardanti la legge sulla corruzione che non ha recepito le chiare e rigide indicazioni europee, o al gioco d’azzardo, o alla circostanza che i reati ambientali non sono ancora stati inseriti nel codice penale. E’ anche nella campagna elettorale da poco partita questi temi vengono solo accennati. Bisogna fare di piu’: dal 1982, su 1600 aziende confiscate alla criminalita’, sono solo 34 quelle che attualmente funzionano, le altre si sono perse per strada, a causa anche della burocrazia”. ”Esistono 3800 beni confiscati alla criminalita’ che non possono essere recuperati in quanto gravati da ipoteche iscritte dalle banche. Non e’ possibile che nessuno a livello politico ponga tale questione. Io poi mi chedo; come hanno fatto le banche a prestare soldi ad aziende colluse?”, ha concluso don Ciotti.
LA VIDEO-INTERVISTA A DON LUIGI CIOTTI
LA VIDEO-INTERVISTA A PEPPE PAGANO