CASERTA – Alle prime luci dell’alba, a seguito di indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, i militari della Guardia di Finanza di Caserta e di Napoli e del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata, hanno eseguito 14 ordinanze di custodia cautelare, di cui 11 in carcere e 3 agli arresti domiciliari, emesse dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli nei confronti di imprenditori e pubblici amministratori locali.
Sono stati sottoposti a sequestro, in varie località delle province di Caserta, Napoli e Cosenza, un complesso turistico con un albergo, 329 unità abitative, 16 terreni per circa 400.000 Mq, un capannone con maneggio e circa 100 box per cavalli, 4 lidi balneari, nonché 213 rapporti bancari, 15 tra società e quote societarie e 12 automezzi, per un valore complessivo di circa 250 milioni di Euro.
Gli indagati rispondono, a vario titolo, di diversi reati, quali l’associazione per delinquere di stampo camorristico, anche nella configurazione del concorso esterno, in relazione a vari clan operanti nelle province di Caserta e Napoli – clan “dei casalesi” nonchè “Polverino” e “Nuvoletta” – oltre che di svariati altri delitti, quali la corruzione, l’abuso d’ufficio, la truffa e l’abusivismo edilizio, attuato anche in aree di notevole interesse paesaggistico e di rilevanza archeologica; tutti i delitti sono aggravati dalla circostanza prevista dall’art. 7 della L. 203/1991 per essere stati commessi al fine di favorire i predetti clan.
L’inchiesta ha scandagliato uno dei settori dell’attività camorristica più rilevanti, nel territorio della Campania, ossia la penetrazione nel mondo imprenditoriale, in particolare nel settore edilizio e le collusioni con le pubbliche amministrazioni locali, per realizzare imponenti speculazioni.
Le indagini hanno consentito infatti di fare luce sulla struttura economica che investe, sostiene e alimenta le organizzazioni criminali attraverso la compiacente attività di imprenditori, amministratori pubblici e professionisti che utilizzano i proventi illeciti dei clan camorristici, per il facile arricchimento personale e per la conservazione dei medesimi clan.
Sono state accertate delle vere e proprie joint venture dove alla convenienza ed alla speculazione imprenditoriale si affiancano interessi di natura squisitamente criminale, attinenti al riciclaggio e al reimpiego delle somme provenienti dalle illecite attività esercitate dai gruppi camorristici.
Tali imprese “illecite”, sfruttando l’enorme patrimonio nella disponibilità della criminalità organizzata, oltre a costituire, di fatto, una forma di concorrenza sleale, hanno determinato effetti destabilizzanti per le economie di intere province.
A seguito dei preliminari riscontri, il Nucleo di Polizia Tributaria di Caserta, unitamente allo S.C.I.C.O. avviava una serie di attività tecniche e, contestualmente, procedeva all’acquisizione ed al riscontro delle dichiarazioni rese da diversi collaboratori di giustizia. Venivano, inoltre, sviluppati servizi di appostamento e pedinamento nonché l’analisi della documentazione acquisita presso gli uffici pubblici, anche con l’ausilio di consulenti.
L’attività investigativa durata tre anni ha fatto emergere chiaramente il ruolo determinante di GIULIANI Raffaele, già condannato per il delitto di cui all’art. 416 bis c.p. per la sua affiliazione al clan dei casalesi, con sentenza passata in giudicato, che operava, malgrado la condanna, nella gestione di rilevantissime attività edilizie nell’agro aversano e domitio e nei paesi limitrofi di Caserta, reinvestendo gli ingenti proventi delle attività delittuose del gruppo camorristico con la forza di intimidazione derivante dalla sua appartenenza al Clan dei Casalesi e la capacità del clan di infiltrazione e condizionamento delle amministrazioni locali, in particolar modo dei Comuni di Castelvolturno e Casaluce,.
Utilizzando i suoi rapporti con i vertici di clan camorristici e l’influenza dei clan sugli amministratori comunali, il Giuliani, in particolare, condizionava pubblici amministratori e funzionari locali, che si rendevano suoi complici, rilasciando illegittime concessioni e autorizzazioni amministrative, anche viziate da falsità.
Nella prima fase delle indagini, il personale specializzato del Nucleo di Polizia Tributaria di Caserta, in sinergia con quello dello S.C.I.C.O. di Roma, avviava mirate attività tecniche individuando ed acquisendo importantissimi riscontri investigativi alle convergenti dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, sui principali “imprenditori camorristi” e referenti economici dei vertici dell’organizzazione criminale, disegnando in tale modo una vera e propria ragnatela di connivenze tra imprenditori, amministratori pubblici e vertici di clan camorristi, operanti nei comuni di Castelvolturno e Casaluce, ove sono state sottoposte a sequestro preventivo numerose unità abitative di notevole valore economico, sequestro allargato anche a costruzioni presenti nei comuni di Marcianise e San Marco Evangelista.
Giuliani Raffaele era già stato condannato nel 2004, con sentenza passata in giudicato, per il reato di associazione per delinquere di tipo camorristico, unitamente a ZAGARIA Vincenzo, ZARA Alfredo e altri soggetti rientranti fra i vertici camorristici dell’agro aversano e di S. Antimo, in quanto imprenditore organico alla camorra e diretta promanazione del clan dei “Casalesi”, che partecipava in prima persona anche ad attività più direttamente riconducibili al piano “militare”.
Malgrado fosse ancora sottoposto a misure alternative alla detenzione, in esecuzione della pena, continuava a realizzare operazioni di speculazione edilizia, in sinergia con il clan dei casalesi.
Le indagini hanno, inoltre, consentito di accertare la realizzazione illecita, da parte del Giuliani ,in società con Simeoli Angelo, imprenditore legato al gruppo Nuvoletta, nel Comune di Castelvolturno, di un’enorme attività edilizia consistita nel centro residenziale “Domitia Village” a Lago Patria, definito nella ordinanza cautelare “tanto imponente quanto spaventoso per l’orribile impatto ambientale, cosa che è stata possibile solo in virtù della forza economico – collusiva e di condizionamento del clan dei casalesi”.
La speculazione godeva dell’appoggio di Zagaria Vincenzo, noto elemento apicale del clan dei Casalesi, attraverso il quale sono stati raggiunti veri e propri patti con i referenti locali, GUIDA Luigi e BIDOGNETTI Raffaele, e con gli amministratori comunali e tecnici del comune di Castelvolturno in cambio di ingenti somme di denaro.
La stessa metodologia è stata utilizzata attraverso il costruttore SIMEOLI Angelo, imprenditore e braccio economico, nonchè diretta espressione dei clan Nuvoletta e Polverino operanti nel territorio di Marano di Napoli, che ha realizzato materialmente il manufatto, come accertato dai militari del G.I.C.O. di Napoli. Il SIMEOLI (detto “Bastone”), pur non essendo organicamente inserito nelle compagini camorristiche, operava stabilmente con esponenti di spicco del clan Nuvoletta e, successivamente, del clan Polverino, nonché con Giuliani Raffaele del clan dei casalesi; il supporto stabile era prestato in maniera diversificata mediante enormi investimenti nel settore con la creazione di numerosissime società e mediante il sistematico reimpiego di provviste illecite nella realizzazione di complessi edilizi, tra cui, appunto, quello della DOMITIA VILLAGE, spunto investigativo della presente indagine .
Diversi funzionari e tecnici del Comune di Castelvolturno, che hanno agevolato Giuliani e Simeoli nell’ottenere l’autorizzazione alla costruzione dell’opera, sono stati colpiti da ordinanza cautelare per reati di abuso e falso ideologico, aggravati perché compiuti al fine di agevolare il clan dei casalesi.
Fra questi spicca la figura di Scalzone Alfonso, colpito da ordinanza cautelare in carcere anche per il reato di associazione mafiosa, per avere concretamente consigliato il Giuliani ed il Simeoli sulle modalità per la realizzazione della abusiva lottizzazione e per avere agito da tramite tra i predetti ed il fratello Scalzone Antonio, già Sindaco del Comune di Castelvolturno.
Altrettante imponenti speculazioni edilizie, sotto l’egida del clan camorristico dei casalesi, sono state accertate dai finanzieri nel comune di Casaluce dove Giuliani si è avvalso per l’attuazione dei lavori sui propri terreni ed anche per la costruzione di “I.A.C.P.”, oltre che di Simeoli Angelo, di altri imprenditori locali e della connivenza di funzionari e pubblici amministratori del predetto Comune, tra cui l’allora sindaco Fedele Proto Antonio, anch’egli colpito da ordinanza cautelare in carcere.
Durante le investigazioni è poi emersa la capacità di Giuliani Raffaele di ottenere trattamenti di favore da parte del personale della comunità terapeutica “L’Arcobaleno” di Castelvolturno, il cui vertice è stato sottoposto a misura cautelare; nella struttura, usufruendo dei benefici previsti dalla legge, in alternativa alla detenzione in carcere, il Giuliani scontava formalmente la condanna inflittagli nell’ambito del processo “Regi lagni”, ma, simulando la partecipazione ad un percorso terapeutico–riabilitativo dalla tossicodipendenza, riusciva a gestire, indisturbato, le attività illecite.
All’interno dello stesso Centro Assistenziale, per meglio agevolare la propria illecita attività di controllo e gestione delle vicende economiche per conto del Clan dei casalesi, il Giuliani aveva ottenuto che venisse assunto il cugino, da cui si faceva scortare durante gli spostamenti.
Accanto a questo episodio, sono stati anche accertati molteplici episodi di cessioni di cocaina a Giuliani Raffaele e la frequentazione e la gestione “uti dominus” di un importante complesso termale della provincia di Napoli.
Infine, all’esito degli accertamenti esperiti sulla situazione economico-patrimoniale di Giuliani, dei familiari e dei vari prestanome, è stato disposto ed eseguito il sequestro di numerose società, disponibilità e rapporti bancari, beni mobili e immobili, ubicati nei Comuni di Giugliano in Campania, Casoria, Crispano, Frattamaggiore, Salerno, Amorosi (BN) e Mandatoriccio (CS), nonché di autovetture di valore , riconducibili agli indagati.