Vincenzo De Luca parla per la prima volta da Presidente della Regione Campania e disegna la Regione che ha in mente, fatta di distretti, di piattaforme logistiche, di opportunità da sfruttare. Lo fa, intervenendo per 50 minuti in Consiglio regionale, illustrando il suo programma. Ecco il suo intervento integrale. “Cari colleghi, Consiglieri, signor Presidente, comincio da questa sera la fase di piena operatività della nuova amministrazione regionale. Consentitemi di rivolgere un saluto e un augurio di buon lavoro al Presidente del Consiglio regionale, la collega Rosetta D’Amelio, persona di grande qualità che saprà sicuramente assicurare una conduzione equilibrata e rispettosa di tutte le componenti nell’ambito del Consiglio. Rivolgo un saluto e un ringraziamento al Presidente uscente, collega Caldoro, che ringrazio per il lavoro svolto nei cinque anni passati al servizio della regione. A tutti quanti voi e a tutti quanti noi un augurio di buon lavoro in un momento nel quale i problemi che abbiamo di fronte da affrontare anche rapidamente sono problemi pesanti, impegnativi, che richiederanno uno sforzo straordinario da parte di tutti quanti noi e da parte dell’apparato regionale. Io non illustrerò ovviamente nel dettaglio il programma dell’attività di governo della nuova amministrazione e cercherò di concentrarmi – parlerò ovviamente anche dei temi programmatici – sul senso politico di fondo che vorrei dare all’attività della prossima amministrazione. Parto ovviamente dalla condizione della regione Campania. I dati della Banca d’Italia relativi al 2014 rimangono dati preoccupanti per la Campania. La Campania perde nel 2014 un altro 1,9 per cento di Prodotto Interno Lordo, che si aggiunge allo 0,6 per cento perduto nel 2013, e siamo da questo punto di vista in una situazione pesante. Già solo questo dato ci dice che dobbiamo affrontare un triplo problema: il problema del ritardo storico del sud della Campania rispetto al nord, il problema dell’ulteriore arretramento che abbiamo avuto negli anni della crisi che abbiamo alle spalle e un terzo grande problema, che è quello di fondo, che è in che modo posizionare la regione Campania nell’ambito nazionale e internazionale in maniera tale da garantire alla nostra regione una prospettiva di sviluppo e a un’intera generazione una possibilità di trovare lavoro qui in queste terre. Il problema di fondo che abbiamo davanti è esattamente questo, ossia come riposizionare nella modernità e su un piano di competitività vera la regione Campania per evitare che la Campania scivoli verso un lento declino. Gli altri dati economici sono altrettanto preoccupanti. Non parte l’edilizia, abbiamo qualche leggero segno di scongelamento nel credito bancario, i livelli di esportazione sono diminuiti ancora nel 2014, abbiamo un dato positivo che riguarda le presenze turistiche e lo sviluppo turistico nella regione Campania – questo è il dato più rilevante che noi registriamo – e il livello dei consumi rimane fondamentalmente basso. Il quadro di insieme che noi ricaviamo è quello sicuramente di una realtà contraddittoria: abbiamo avuto modo di verificare e di dire ancora nei mesi scorsi che la Campania è ricca anche di tanti elementi di dinamismo economico e anche di eccellenze, ma il quadro di insieme non sfugge alla sensazione di un lento declino. La regione Campania è diventata in questi anni la terza regione d’Italia, mentre eravamo la seconda. Siamo lì con il Lazio, ma il processo di declino è in corso ed è esattamente questo declino che dobbiamo tentare di frenare e di invertire se vogliamo smentire la previsione della SVIMEZ che dà la regione Campania, sulla base di questo trend, a meno duemilioni di abitanti da qui a trent’anni. È una previsione drammaticamente pesante e preoccupante e credo che tutti insieme saremo in grado di smentire, ma dobbiamo sapere che i dati della realtà sono questi. Abbiamo ormai anche nel contesto italiano altre regioni che tengono il fiato sul collo della Campania. Il Veneto e la Sicilia sono sulla soglia dei cinquemilioni di abitanti, abbiamo territori che hanno spazi vitali che noi non abbiamo (abbiamo un territorio totalmente antropizzato), abbiamo una condizione non semplice, a conferma del fatto che probabilmente abbiamo bruciato molti anni. Bene, questo è il tema centrale che a mio parere dobbiamo avere davanti nei prossimi cinque – dieci anni, e non è un problema di un’Amministrazione, è un problema di tutta la classe dirigente della Campania, come impedire il declino e come riposizionare la Regione Campania nel contesto nazionale ed internazionale in maniera tale da garantire possibilità di sviluppo o di lavoro per un’intera generazione è una sfida drammaticamente difficile, ma è una sfida che dobbiamo vincere se non vogliamo rassegnarci a vedere i nostri figli emigrare, l’altro dato che rimane pesante per noi è essere la prima Regione d’Italia per la migrazione giovanile nel resto d’Italia e all’estero. Da questo punto di vista credo dobbiamo ragionare su 2 grandi opportunità che abbiamo e su come raggiungere condizioni di eccellenza nel campo della reindustrializzazione della Regione Campania, i primi 2 campi nei quali, a mio parere, dobbiamo recuperare competitività sono in qualche modo obbligati per la collocazione geografica che ha la Campania e obbligati per le risorse che abbiamo e che dobbiamo sfruttare. Il primo è quello di tentare di fare, come abbiamo detto in tanti della Campania e del sud la piattaforma logistica dell’intera Europa, qui ci giochiamo molte carte. Abbiamo un’occasione davanti a noi, il raddoppio del Canale di Suez porterà nel Mediterraneo un raddoppio probabile di traffici marittimi, ridarà al Mediterraneo una centralità perduta da lunghi anni, ci metterà in condizione di poter essere davvero la piattaforma logistica dell’intero continente proiettata verso l’Africa, i Paesi del Medio Oriente, i Paesi dell’Estremo Oriente. Dobbiamo sapere che qui partiamo con grande difficoltà e con grande ritardo, mi riferisco al sistema della portualità e dell’aeroportualità. Sapere di diventare una grande piattaforma logistica significa saper intercettare il movimento di merci e di persone in maniera più efficace di quanto non siamo stati in grado di fare fino ad oggi. Questo significa una riorganizzazione seria della nostra portualità integrazione del sistema portuale, ma significa anche fare scelte di fondo in relazione all’utilizzazione delle risorse europee. Questo è uno dei primi punti che sottopongo all’attenzione del Consiglio regionale. Credo che dobbiamo avere il coraggio di fare scelte strategiche in grado di ricreare le condizioni strutturali della competitività della Regione. Che cosa voglio dire? Voglio dire che dobbiamo concentrare risorse per realizzare aree interportuali, aree retroportuali e per realizzare collegamenti rapidi ed intermodali tra il sistema della portualità campana e le aree retrostanti nelle quali poter stoccare merci, fare prime e seconde lavorazioni. Questo significa che una delle priorità nell’uso delle risorse europee dovrà essere questa, se vogliamo vedere da qui a 10 anni e a 20 anni, altrimenti dobbiamo già mettere nel conto che la portualità campana è destinata a saltare completamente. È una prima grande scelta a cui possiamo legare anche una scelta interna, fare della Campania la più grande piattaforma logistica d’Europa per quanto riguarda l’agroalimentare, tenete conto che già oggi i prodotti agroalimentari e agroindustriali nelle zone della Piana del Sele, della Piana Casertana e del nolano forniscono quasi il 90 per cento dei prodotti ortofrutticoli che consuma l’Europa intera. Abbiamo davvero un grande patrimonio di un’agricoltura straordinaria, di un’agroindustria straordinaria. Nell’ambito di una piattaforma logistica, la logistica legata all’agroalimentare e all’agroindustriale può essere una delle carte della Campania. Dunque la prima grande opportunità che è davanti a noi è questa: fare della Campania una grande piattaforma logistica per l’Europa e rivolta all’area del Mediterraneo, al Medio Oriente, all’Estremo Oriente, intercettando il grosso dei traffici che arriverà con il raddoppio del Canale di Suez. Tenete conto che se non avessimo avuto le turbolenze politiche della primavera araba già la nostra portualità sarebbe saltata completamente. I porti che sono nati nella fascia nord dell’Africa in questo decennio, da Alessandria d’Egitto ai porti del Marocco etc. hanno intercettato milioni di tonnellate di merci sottraendoli ai nostri Comuni, rischiamo davvero di essere tagliati fuori, non c’è un minuto di tempo da perdere. Da questo punto di vista è emblematico questo sorpasso recente della Regione Lazio. Il Porto di Civitavecchia ha avuto uno sviluppo straordinario, ovviamente alle porte di Roma, un grande sviluppo anche crocieristico, ma è diventato un porto che fa la corsa anche sulla portualità campana. Badate che dal punto di vista della competizione tra il territorio nessuno farà sconti alla Campania, prepariamoci a combattere con le unghie e con i denti, qui non è questione neanche di colori politici, ma è questione di competizione tra interessi territoriali che dobbiamo imparare a difendere fino in fondo. Se abbiamo per 2 anni e mezzo commissariato il Porto di Napoli diventa complicato fare la battaglia per la competitività della nostra portualità sul piano nazionale ed internazionale. Dunque la prima scelta è questa: un grande sistema logistico, una grande piattaforma logistica e la realizzazione delle infrastrutture che diano respiro alla portualità e al sistema aeroportuale campano, altrimenti la prima delle carte per lo sviluppo di questa città sarà bruciata. La seconda grande carta è quella del turismo. Ho incontrato stamattina il Presidente del Lazio all’incontro con Mattarella, mi proponeva di ragionare su intese possibili tra Lazio e Campania, la cosa mi sembra di grande interesse, per la verità lui si riferiva ad un’intenzione della FIAT di creare tra Lazio Meridionale e Campania un grande polo di sviluppo per l’attività legata alle produzioni automobilistiche, anche questa mi sembra interessante. A me convince molto un’altra idea. Tra Lazio e Campania abbiamo la concentrazione forse della metà del patrimonio storico artistico nel mondo e siamo tra Napoli e Roma ormai ad un’ora di distanza con l’alta velocità. Continuo a ritenere che dobbiamo avere il coraggio di scegliere di essere, come Campania, il distretto turistico più importante d’Italia, d’Europa, del mondo, ce la possiamo fare! Anche qui dobbiamo fare delle scelte, dobbiamo avere il coraggio di concentrare risorse, parliamoci con grande chiarezza, ognuno di noi è sensibile a spinte che vengono dai territori del basso, penso che dobbiamo avere il coraggio di fare delle scelte. Se impegniamo fondi europei per fare mille cose togliamo la speranza ai nostri figli. Se abbiamo il coraggio di dotare delle infrastrutture necessarie alla Regione, delle infrastrutture che servono a dare competitività vera al sistema campano, avremo garantito il futuro ai nostri figli, questa scelta dobbiamo farla. Turismo significa tutto, non è uno sviluppo di un settore industriale, per un settore industriale basta una massa critica di risorse che concentri, invece per il turismo significa che devi avere un sistema di funzione in tutte le sue componenti, significa ambiente, significa mobilità, significa sistemi socio sanitari, significa umanizzazione del territorio, significa cultura, significa sicurezza. Per quello che riguarda noi significa disinquinamento, significa protezione della fascia costiera, significa integrazione con la valorizzazione dei beni culturali e tuttavia a me questa sembra la seconda grande sfida che ci consente di posizionare la Campania in una nicchia di mercato mondiale rispetto alla quale creiamo lavoro e opportunità di vita, altrimenti diventa complicato, almeno io non ci arrivo, immaginare una possibilità, una prospettiva di vita per i nostri figli. Abbiamo ormai cimiteri industriali in tante zone industriali della Regione, in queste condizioni faremo fatica a reggere. Credo che dobbiamo fare queste 2 prime scelte, facendo quello che coerentemente siamo chiamati a fare, dalla depurazione alla soluzione del problema della Terra dei Fuochi al problema della gestione ordinaria al ciclo dei rifiuti, dovremo rapidamente riconquistare un’immagine positiva della Regione Campania. Ho già detto che faremo un’iniziativa ad EXPO 2015 a settembre per illustrare i risultati di un monitoraggio che facciamo sulla terra, sull’acqua e sull’area. Ho la sensazione che avremo delle sorprese, probabilmente quando illustreremo la condizione del suolo che c’è, perfino nella terra dei fuochi rispetto a quello che c’è nelle aree industriali di Brescia o di Bergamo, probabilmente scopriremo che l’aria è più inquinata lì che qui e la terra è più inquinata lì che qui e le falde acquifere sono più inquinate lì che qui; vedremo. È una delle sfide che dobbiamo lanciare. Credo che ci sia un’iniziativa preparata dalla precedente Amministrazione di illustrazione, insieme con l’Università Federico II della dieta Mediterranea e della valorizzazione della dieta mediterranea ad EXPO 2015. Dovremo utilizzare tutte le occasioni che sono in essere e quelle che ci dobbiamo inventare per conseguire, quanto più rapidamente possibile, un cambio di immagine di prestigio nazionale ed internazionale per quanto riguarda la Campania. Poi credo che dobbiamo ragionare su quali aree di sviluppo industriale vogliamo difendere o implementare. Credo che una Regione come la Campania non possa rinunciare ad un suo destino industriale. Ragioneremo su quelle che devono essere le zone ASI, ne parleremo con gli imprenditori e con le organizzazioni sociali, sicuramente non possono essere quella palude burocratica che è oggi e quella dispersione irresponsabile di risorse, di aree e di spazi inutilizzati che abbiamo ancora oggi. Sono assolutamente convinto che la Campania non può rinunciare ad una sua industria. Dobbiamo intenderci bene, è del tutto evidente che non saremo mai più in grado di competere non dico con la Sud Corea, non dico con il Giappone, non dico con la Cina popolare, ma neanche con la Turchia, con il Marocco, con il Messico, con il Sud Africa sulle grandi produzioni di massa. Abbiamo costi di produzione enormemente più elevati. Dobbiamo puntare a settori che hanno contenuti di tecnologia e di ricerca straordinariamente avanzati e da questo punto di vista credo che siamo chiamati a fare un ragionamento molto attento tra una nostra vocazione industriale e tecnica che in qualche caso è straordinaria e la modernità. Credo che in due o tre campi dobbiamo puntare ad avere posizioni di eccellenza mondiale. Il primo obiettivo è nel campo dell’aerospaziale. Scopriamo che abbiamo una grande tradizione scientifica universitaria di progettazione; abbiamo anche una tradizione industriale che si è andata perdendo, l’Alenia; abbiamo la ATR che è stata un prodotto importante per l’aviazione regionale nazionale; abbiamo un centro di ricerca come il CIRA con piste e aeroporti nell’area casertana che possono essere di grande interesse e di grande prospettiva se decidiamo in quale campo concentrare risorse per essere i primi al mondo. C’è un campo nel quale a mio parere, parlando con i tecnici, parlando con i responsabili del CIRA, delle Università delle facoltà di Ingegneria e di Informatica possiamo essere i primi, è quello delle produzioni satellitari micro e nano, microsatellini e nanosatelliti. Abbiamo già della componentistica realizzata in Campania che viene utilizzata dalla NASA, viene utilizzata da grandi produttori mondiali, credo che siamo in condizioni di porci quest’obiettivo, avere in una nicchia di produzione aerospaziale un primato mondiale, un’eccellenza mondiale. Sono convinto che ce la possiamo fare. Credo che dobbiamo anche aprire un contenzioso, anche duro, con il Governo nazionale e con le imprese pubbliche per obbligarle a ragionare sulla Campania, ovviamente mi riferisco a Finmeccanica e all’Alenia, a quello che deve essere il destino industriale di questo comparto. Credo che dobbiamo reagire, non credo che possiamo permetterci di aprire un contenzioso sulle scelte industriale di Finmeccanica. Ci sono responsabilità aziendali e autonomie aziendali che rispettiamo, ma nell’ambito delle scelte industriali di Finmeccanica se vi sono nuovi investimenti dobbiamo combattere con i denti perché questi investimenti si realizzino in Campania e non altrove. Dobbiamo pretendere un senso di responsabilità nazionale da tutti. La questione Meridionale deve ritrovare un suo ascolto sul piano nazionale, non possiamo essere i miserabili, le clientele, la camorra e la terra dei fuochi. Basta, è una storia che deve finire! Ovviamente dobbiamo essere noi per primi adeguati a reggere le sfide delle modernità, ma dobbiamo anche pretendere che non ci siano furbizie e che nella guerra tra i territori non sia dimenticato il sud e, per quello che ci riguarda, la Campania. Dunque, nell’ambito delle scelte industriali strategiche di Finmeccanica credo che dobbiamo pretendere che Finmeccanica ragioni con noi su un nuovo vettore che dovrà sostituire la ATR. Non chiediamo nulla di sconvolgente, dovrà pur essere prodotto un vettore che sostituirà la ATR, chiediamo che si ragioni sulla Campania e che ci sia non solo il montaggio dei pezzi, ma ci sia il cervello della progettazione e la realizzazione intera di un nuovo vettore. L’aerospaziale è il primo campo nel quale riposizionare la Campania nell’ambito della competitività mondiale. Il secondo è l’ambiente, sembrerà strano, ma credo che a ragionarci bene questa può essere un’altra grande occasione per una specializzazione industriale della Campania nel campo delle produzioni che riguardano le energie rinnovabili, il risparmio energetico, tutta la materia legata all’ambiente, alla tutela e alla valorizzazione dalla produzione di materiali, dalle scelte delle tecnologie antisismiche, dai sistemi di monitoraggio e di controllo dell’area, dell’acqua, della terra. Questo può essere un altro grande campo nel quale specializzare un’area di ricerca scientifica, ma anche di produzione industriale che diventi un’eccellenza campana. Vorrei trasformare la tragedia della terra dei fuochi in un’occasione per far lavorare decine di imprese campane, dovremo impegnare centinaia di milioni di euro per liberarci dalle eco balle e per risolvere i problemi delle discariche. Faccio fatica ad immaginare che 500 milioni di euro debbano andare al nord, vorremmo immaginare un’ipotesi di soluzione del problema terra dei fuochi, eco balle e discariche che impegni direttamente il sistema industriale campane, abbiamo almeno 30 industrie private che possono essere impegnate nella soluzione del problema e che possono trattenere in Campania centinaia di milioni dei euro. Poi, avere sui temi dell’ambiente una linea preferenziale di investimenti di fondi europei, di ricerca scientifica in maniera tale da far crescere, in questo comparto, un livello di eccellenza industriale e di ricerca che ricollochi, anche da questo versante, la Campania su un terreno di eccellenza nella competizione mondiale. Ritorno sul tema del trasporto, parlo dell’industria in senso stretto più tradizionale alla quale – credo – non dobbiamo rinunciare. In Campania avevamo Ansaldo, abbiamo Irisbus in una condizione di grande sofferenza, abbiamo Firema a Caserta. Credo che sia stata conclusa un’operazione industriale con importanti investitori privati relativa a Firema. Credo che abbiamo uno spazio di mercato per le produzioni di mezzi di trasporto su gomma e su ferro. Per capirci: le produzioni Irisbus non erano fuori mercato perché avevamo costi di produzione più elevati rispetto ai prodotti analoghi della Francia. Le organizzazioni sociali ed imprenditoriali ci hanno sempre detto che i nostri pullman erano assolutamente competitivi. Facciamo tutte le verifiche, ma se ragioniamo insieme su un polo del trasporto pubblico campano, che tenga dentro Irisbus, Firema, con i nuovi acquirenti e investitori privati, Ansaldo, per quanto riguarda l’alta velocità – qui avevamo un’eccellenza straordinaria: l’alta velocità era Ansaldo, le metropolitane erano l’Ansaldo –, qui noi possiamo realizzare un polo industriale del trasporto pubblico di assoluta eccellenza. E se sarà necessario accompagnare con aiuti europei alla ricerca, alla commercializzazione, all’internazionalizzazione, lo faremo. Meno piccoli interventi in centinaia di comuni e più concentrazione di risorse per lo sviluppo dei grandi settori trainanti dello sviluppo industriale della nostra Regione. Agricoltura. Io credo che anche qui noi possiamo ritagliarci una nicchia di assoluta eccellenza nel panorama mondiale. Noi abbiamo dei problemi che riguardano la parcellizzazione fondiaria; abbiamo sia nell’area di pianura, ma anche nelle aree interne, una frantumazione eccessiva, un frazionamento eccessivo delle aziende agricole. È evidente che in queste condizioni facciamo fatica ad avere economie di scale, avere costi di produzione più ridotti. Ci sono ormai migliaia di aziende, soprattutto nelle aree interne, che non reggono più. A parte i problemi che riguardano le aggressioni fitosanitarie, che ormai toccano anche l’ulivo oltre al castagno, ma a parte questo, c’è un problema strutturale che riguarda le aziende. Io penso che dobbiamo ragionare sempre di più su una integrazione fra agricoltura, agriturismo e cultura. Tale integrazione può consentire margini di redditività, di guadagno e di tenuta anche per le aziende agricole di dimensioni ridotte. Ma a parte questo, che è un tema che ci porta ad un obiettivo che noi dobbiamo perseguire, uno sviluppo equilibrato su tutto il territorio regionale, che dia una prospettiva anche alle aree interne – è una delle scelte caratterizzanti che abbiamo fatto –, ci sono dei campi nei quali noi dobbiamo puntare ad avere una posizione di eccellenza mondiale. Vi faccio un esempio: nella ricerca genetica, noi avevamo delle grandi preesistenze, avevamo dei centri sperimentali per l’ortofrutta ad Angri, a Battipaglia, nel Napoletano, a Portici. Abbiamo un patrimonio immenso. La cosa incredibile è che oggi tutta l’industria sementiera è nelle mani degli olandesi, dei californiani e degli israeliani. Incredibilmente, per l’acquisizione dei semi per la produzione della nostra ortofrutta, noi dobbiamo approvvigionarci presso grandi società produttrici olandesi o israeliani o californiani. A mio avviso, dobbiamo riprendere in mano il tema della ricerca scientifica in agricoltura. Una ricerca che riguardi le forme di innovazione biologica. Non mi riferisco agli OGM, ma ad una ricerca che renda le nostre varietà sempre più resistenti alle aggressioni dei parassiti, che renda le nostre produzioni sempre meglio conservabili. Dunque, sono per rianimare i centri di ricerca in agricoltura, in collegamento con Portici, con le università. Inoltre, sono dell’avviso che dobbiamo sviluppare un’altra linea di ricerca estremamente interessante, sulla quale vi è una competizione sul piano mondiale: chi arriva per primo avrà la possibilità di fare un grandissimo affare. È quella che riguarda il packaging, che riguarda i materiali di conservazione dei prodotti. Ci sono grandi gruppi chimici che stanno lavorando per produrre pellicole, prodotti di conservazione biodegradabili. Chi arriva per primo a raggiungere questo obiettivo egemonizza un grande mercato mondiale. Io sono per sviluppare una linea di ricerca specifica, che tenga insieme l’agricoltura, la ricerca biologica, la ricerca di protezione maggiore delle nostre varietà e che tenga insieme anche i comparti collegati, come quello – ripeto – della conservazione degli alimenti, della catena del freddo e quant’altro. A me pare un campo molto interessante. Probabilmente, è necessario fare un ulteriore sforzato culturale, che mi pare già si sia fatto negli ultimi tempi. L’agricoltura è apparsa come terreno marginale e residuale. Oggi troviamo invece un’esplosione di aziende agricole giovanili; una specializzazione nei settori dell’agricoltura biologica, in produzioni di qualità e di eccellenza, in modo particolare nelle aree interne, ma anche nel Cilento, anche nella Penisola Sorrentina e Amalfitana, nel Casertano, dovunque. Ebbene, questo è un patrimonio non attaccabile dalla concorrenza cinese o coreana. Qui non ci arrivano. Potranno produrre tutte le porcherie che vogliono, ma quelle produzioni non le avranno. Puntiamoci, puntiamoci, sono settori ricchi ad altissimo valore aggiunto, che, se teniamo insieme tutta la filiera, ricerca, commercializzazione, industria dei semi, ricerca genetica, può essere davvero una grande e straordinaria carta di sviluppo moderno della Campania. Ovviamente questo significa avere una valorizzazione straordinaria delle risorse umane. Tutte queste cose di cui ho detto, avere dei poli di sviluppo scientifico e industriale importanti, significa valorizzare in pieno quella che è una delle nostre carte: il patrimonio umano, che è straordinario. Le nostre università – le nostre università! –, i nostri centri di ricerca. Queste cose si reggono, se abbiamo una integrazione piena fra università, ricerca pubblica e privata e trasferimento della ricerca nei settori produttivi. A me pare che questa possa essere una delle linee lungo le quali muoverci. Una grande piattaforma logistica, un grande distretto turistico, poli di eccellenza per ricostruire un destino industriale della Campania. Ovviamente, mi fermo alle cose che mi sembrano più innovative e rilevanti, è chiaro che dovremo lavorare su altri campi, valorizzare gli altri settori, ma a me pare che lavorando così ci garantiamo delle quote di mercato che ci mettano al riparo da una competizione mondiale che è diventata davvero spietata e che rischia di farci assistere ad un declino lento del nostro apparato industriale, senza una prospettiva. Poi ovviamente ci sono i grandi comparti dei servizi. Mi limito ad alcune osservazioni di sintesi. Per quanto riguarda la sanità, io credo che dobbiamo puntare a due o tre cose. La prima: modificare radicalmente il riparto nazionale del fondo sanitario nazionale. Abbiamo cominciato a parlarne con altri colleghi. Su questo io credo che la Campania non potrà accettare mai più un riparto che penalizzi drammaticamente la Campania per il fatto di essere la Regione più giovane d’Italia, non esiste. Su questo, per quanto mi riguarda, sono pronto a fare battaglie fino in fondo, e a cercare le alleanze con tutti, perché è un obiettivo sacrosanto, non solo di equità, non solo di rispetto per una grande realtà meridionale, ma perché è un’idiozia nel merito. Infatti, se si poteva immaginare qualche tempo fa che avere più giovani significasse avere meno patologie, credo che oggi tutti quanti possiamo constatare che non è così, perché se solo pensiamo alla espansione delle dipendenze nell’area giovanile, alla diffusione dell’alcol, alla diffusione di disturbi alimentari che toccano soprattutto alcune fasce giovanili, capiamo che non è affatto vero che la presenza di più giovani significhi non avere patologie. In qualche caso, significa avere un maggiore carico di problemi, perché hai non solo il problema sanitario, ma anche quello socio-sanitario e della integrazione, hai un problema che è al limite fra problema sanitario e problema sicurezza. Riequilibrare il riparto nazionale; puntare ad eliminare nell’arco della consiliatura – mi auguro prima – la mobilità passiva e puntare ad un risparmio nelle forniture – ne dovremo parlare con grande attenzione con SORESA –, puntare ad un risparmio, che io credo realistico, del 30 per cento, con un sistema di gare rigoroso, scegliendo di avere insieme qualità dei servizi e dei prodotti e risparmio facendo una competizione vera. Io credo che sia un obiettivo realistico. Sui trasporti ovviamente la priorità è quella di realizzare una rete regionale su ferro e in generale sulle reti, è il completamento e la diffusione su tutto il territorio regionale della banda larga e delle reti immateriali. Diventa poco credibile parlare di un riequilibrio territoriale se non abbiamo in ogni zona della regione le opportunità di sviluppo e di crescita e di mobilità per le giovani generazioni, ma anche per gli investitori. Questa è una delle priorità. Non mi dilungo sui fondi europei. Abbiamo le scadenze immediate, abbiamo già domani sera una riunione che abbiamo convocato d’urgenza anche su sollecitazione del Ministero dell’Agricoltura. Sono a rischio 380 milioni di euro del ciclo 2007-2013, dovremo impegnarli entro dicembre. Mi permetto di chiedere a tutti i colleghi Consiglieri anche idee, sollecitazioni; molto semplicemente, se ci sono progetti a conoscenza dei colleghi, realtà nei territori che possono intercettare questi fondi, vi prego di segnalarli. Siamo in una condizione di emergenza assoluta, mi parrebbe un delitto perdere 400 milioni di euro destinati all’agricoltura. Mi riferisco ovviamente sia ai problemi della filiera, sia ai problemi strutturali delle aziende. Ragioniamo insieme su interventi che possiamo attivare rapidamente nella bonifica dei corsi fluviali, nell’assetto idrogeologico, nell’assetto della collina, interventi da fare sulle aziende; muoviamoci anche con qualche flessibilità, in maniera magari non perfettamente ortodossa, ma cerchiamo di non perdere questi 400 milioni di euro. Poi dovremo rispondere ovviamente alle osservazioni relative al Piano di sviluppo rurale e dovremo completare rapidamente questo nostro compito. Altro campo di sviluppo è quello della trasformazione urbana. Non mi dilungo, abbiamo Bagnoli, Napoli Est, il centro storico di Napoli, ma più in generale vorrei che il tema della trasformazione urbana diventasse una grande occasione per fare davvero della Campania il più grande cantiere d’Italia e d’Europa. Non è inevitabile avere la trasformazione urbana pagando il prezzo della devastazione ambientale, non è assolutamente obbligato. Trasformazione urbana può significare ambiente, messa in sicurezza dei territori, può significare anche architettura contemporanea, ma deve significare in primo luogo tutela della fascia costiera, che stiamo perdendo, realizzazione di nuove spiagge, reti duali per la non perdita della risorsa idrica, che ammonta al 40 per cento ormai. Abbiamo un campo sterminato. Io credo che dobbiamo partire dall’umanizzazione dei quartieri, dalle aree urbane. Dobbiamo innovare anche la legge urbanistica per rendere più spedita la possibilità di avere progetti di finanza. Abbiamo miliardi a disposizione delle banche e degli investitori privati, penso solo al tema dei parcheggi interrati: c’è una domanda praticamente in tutto il territorio urbano, basterebbe questo. Ragioniamoci, il Consiglio sarà impegnato a fare notazioni di merito nelle Commissioni competenti. Io credo che dovremo approvare rapidamente il Piano paesistico, ma non c’è dubbio che il grande campo della trasformazione urbana può significare davvero un respiro per l’economia, per l’imprenditoria, per il sistema delle professioni e soprattutto dei giovani professionisti nella regione Campania. Infine vorrei che noi approvassimo una logica relativa ai grandi servizi sociali e servizi di civiltà che io chiamerei “la logica degli standard minimi di civiltà”. Vedete, noi abbiamo questa situazione singolare nel nostro Paese: abbiamo l’obbligo di rispettare gli standard fisici, ma non abbiamo l’obbligo di rispettare gli standard immateriali, culturali, sociali. Io vorrei che introducessimo nella Regione Campania il concetto dello standard minimo di civiltà, cioè prevedere per ogni realtà urbana di 300 mila abitanti, non lo so, decidiamo la soglia, come indispensabile un livello di servizi sociali, di servizi sanitari, di servizi culturali, di cinema, di teatri, di asili nido – di asilo nido, altrimenti altro che pari opportunità! Avremo le donne inchiodate alla responsabilità di cura nelle famiglie. A me pare una bella idea, ci possiamo lavorare: standard minimi di civiltà puntando a raggiungere l’obiettivo che ci siamo dati di avere centinaia di nuovi asili nido nella nostra regione. Non mi dilungo ovviamente su altri temi che sono presenti alla vostra attenzione, come la stabilizzazione di tutto il mondo del precariato legando questa stabilizzazione al lavoro vero e non all’assistenzialismo perché margini per operazioni di questo tipo non ce ne sono più. Mi avvio alla conclusione. Io credo, cari colleghi, che ci siano due presupposti per realizzare questo tipo di programma. Il primo è avere seriamente un’assunzione di una nuova filosofia istituzionale. Ci siamo detti tutti quanti, ma poi alla fine non credo che abbiamo dato prova di coerenza nessuno di noi, che la Regione programma e legifera, non gestisce. Io la metterei in questi termini: io riserverei alla Regione, in termini di gestione, grandi interventi o sovra provinciali o zonali, grandi cose che non possono essere realizzate o gestite da un singolo comune, limitiamoci a questo. Sinceramente immaginare che una Regione possa gestire anche i contributi per lo spettacolo, tipo proloco, a me pare sinceramente una cosa fuori dal mondo. Lasciamole perdere queste cose, decentriamo i poteri, decentriamo tutto ai comuni, tutto quello che veramente ci sovraccarica di funzioni improprie e a volte ci distrae dai compiti principali. Non è facile, sarà complicato, mi rendo conto, alla fine tutti quanti noi abbiamo le sollecitazioni, gli stimoli, le richieste, ma cerchiamo di fare davvero uno sforzo per ricondurre le competenze, l’attività della Regione alle sue funzioni proprie, e liberiamoci di cose che possono essere gestite tranquillamente da altri, ovviamente responsabilizzando i poteri locali, facendo le verifiche, io non immagino un “rompete le righe”, occorre rigore per tutti, ma se c’è rigore, se si risponde ai criteri che la Regione fissa, lasciamo al territorio la gestione di piccoli interventi e concentriamoci sulla legislazione e sulla programmazione. Ci sono altri due presupposti che io sottopongo alla vostra attenzione. Queste cose le faremo se saremo capaci di fare un programma di sburocratizzazione radicale. I tempi di decisione che noi abbiamo sono incompatibili con i tempi dell’economia moderna. Non possiamo avere una concessione di un’area industriale o la restituzione da parte del Genio civile del calcolo dei cementi armati in un anno, non esiste. Se davvero vogliamo reggere la competizione mondiale dobbiamo sapere che un industriale che va nel Galles o che va in un qualunque Stato americano, in due mesi ha la possibilità di alzare il capannone industriale, i tempi sono questi. Io non credo che sia impossibile tenere insieme il massimo di rigore con il massimo di efficienza e di rapidità amministrativa. Questo sarà comunque un compito prioritario che noi ci porremo, una sburocratizzazione radicale, eliminare tutto quello che è inutile. Ma veramente pensiamo che moltiplicare per mille i finti controlli significa governare il territorio? La prova ce l’abbiamo, siamo il territorio che ha il massimo di leggi vincolistiche e contemporaneamente il massimo di abusivismo, 70-80 mila alloggi abusivi. Come si spiega questo paradosso? Allora io sono per avere controlli rigorosissimi, ancora più rigorosi, ma ridotti all’essenziale. Facciamo i controlli a campione e poi buttiamo davvero a terra le cose che devono essere demolite, ma diamo la possibilità a chi vuole fare impresa seriamente di farlo in tempi rapidi, senza che immagini di andare ad investire magari in Romania o in Albania, perché qui diventa un calvario dare vita ad un’attività imprenditoriale artigianale o commerciale. Una sburocratizzazione radicale accompagnata da un sistema rigoroso ed efficace del controllo. Dobbiamo tentarla questa carta. Possiamo fare quello che vogliamo, ma se i tempi di realizzazione sono biblici siamo fuori mercato comunque. Poi – questa è una cosa che impegnerà specificamente tutti i colleghi – vorrei una modifica dei regolamenti regionali e vorrei che crescesse insieme una capacità di decisione e una funzione di controllo piena. Io non ho problemi, e lo dico perché alla fine ci stancheremo tutti quanti, maggioranza e opposizione, delle liturgie e alla fine credo che ognuno di noi debba rispondere a qualche riferimento sociale, territoriale e imprenditoriale e non credo che rispondiamo se perdiamo le nostre giornate o nottate a fare lavori di commissione infiniti. Diamoci dei tempi, ragioniamo insieme, decidiamo qual è la scadenza ragionevole entro la quale un iter si deve concludere, una legge si deve approvare. Anche qui le cose devono camminare insieme. Non immagino di comprimere le possibilità di dibattito o anche di opposizione, ma immagino che insieme decidiamo i percorsi per rispondere insieme ai nostri riferimenti e alle nostre comunità, ma non c’è dubbio che questa è una delle priorità, ossia snellire i regolamenti e accelerare le procedure. Alla fine la democrazia non è rappresentata dalla quantità di parole prodotte, ma dalla quantità di decisioni prodotte in un contesto di responsabilità chiara e di trasparenza. Io tendo a ragionare così. Concludo davvero. Cari colleghi – su questo ho fatto polemiche sia con i miei avversari politici sia con esponenti della mia stessa parte politica -, a me ripugna l’idea che una vittoria elettorale sia assimilabile alla conquista del bottino di guerra. È un’idea che mi ripugna. Una vittoria elettorale significa l’assunzione di una diversa responsabilità, non la conquista di un bottino. Noi tutti abbiamo bisogno del consenso in un regime democratico e il consenso si può acquisire se si fanno le clientele di massa o se si tenta, lavorando mille volte di più, di dare soluzione ai grandi problemi di un territorio o di una comunità. Il consenso arriva, ma si deve lavorare mille volte di più e si deve vincere la sfida del passaggio dalle carte, dalle parole e dai programmi alla realtà vera trasformata. Io intendo essere aperto nei confronti di tutti i Consiglieri regionali. Ero qui e mi hanno avvicinato alcuni colleghi di maggioranza e di opposizione e mi hanno detto che vorrebbero discutere. Io non solo ritengo mio dovere discutere, ma ritengo di dovervi ringraziare se ognuno di voi, maggioranza e opposizione, viene a porre un problema. Io non ho una logica interdittiva; se lei, collega di opposizione, ha un problema da risolvere nel suo territorio o anche rispetto al suo riferimento sociale, a me non interessa, ma se è di interesse pubblico va bene. Se si lavora e si conquista consenso, va bene, ma ha aiutato a risolvere un problema. Io ho questa logica. Io rispetto il lavoro di chi lo fa, non le bandiere di partito. Se sarete più bravi della maggioranza, chapeau. Vuol dire che impareranno i colleghi della maggioranza a correre più di voi, a risolvere i problemi dei territori più di voi. Io ho il massimo di apertura, perché – ve l’ho detto – non considero di aver conquistato niente, tranne una responsabilità e un dovere. Quando abbiamo una concezione della politica come servizio, non c’è insofferenza anche per la critica. Parliamoci chiaro, ci sono critiche a volte così pretestuose e aprioristiche. I problemi sono complicati e credo che dobbiamo aiutarci per quanto possibile. Io credo che quando si ha una concezione della politica e della presenza istituzionale come servizio si debba avere gratitudine nei confronti anche di chi critica per aiutare a fare meglio, se si ha questa concezione della politica. Non sento che ci sia un disturbo nei confronti del manovratore, assolutamente; chi aiuta a correggere gli errori e a essere più efficace nell’azione di governo deve essere ringraziato. Vorrei anche tra di noi non perdessimo il senso umano della battaglia politica. Vedete, le vecchie forze politiche – ho qualche anno per ricordare anche le vecchie esperienze politiche – avevano tremila difetti, tremila vizi, di correntismo, di ideologismo, ma avevano in generale il senso umano della lotta politica, il senso di un limite oltre il quale non si può e non si deve andare. Noi siamo arrivati nel nostro paese avvolti a un livello tale di imbarbarimento del dibattito politico che veramente è sconcertante. Qui ormai siamo a un punto tale di imbarbarimento dello scontro che la dignità di un essere umano, l’idea che dietro anche un avversario c’è una famiglia, c’è una vita, c’è un sistema di relazioni, tutto lascia indifferenti e può essere calpestato. Io non la penso così. Tanto per essere chiari, per me i valori umani contano mille volte di più dei partiti e delle bandiere di partito. Io non vivo per una bandiera di partito! Vivo per difendere il mio sistema di valori, perché alla fine torneremo a casa dopo questa esperienza non perché abbiamo una medaglia di partito ma perché avremo la sensazione di aver fatto il nostro dovere, di aver dato una mano alle nostre comunità e di aver conquistato una coscienza. Vorrei che nei ruoli diversi mantenessimo questo rispetto, questa volontà di collaborazione e, per parte mia, questa totale apertura e questo ringraziamento per ogni sollecitazione critica ma anche per ogni sottoposizione di problema da risolvere. Per me c’è una totale apertura e considero il lavoro che viene fatto da tutti i Consiglieri regionali da rispettare e da valorizzare, non da occultare. Noi partiamo questa sera e vorrei che vivesse in questa nostra avventura un nuovo orgoglio di campani, di napoletani e di meridionali. Non abbiamo molti amici in Italia. Dispiace dirlo e constatarlo, ma non abbiamo molti amici, e vorrei che sentissero un nuovo orgoglio da parte nostra. Io sono convinto che faremo una bella esperienza tutti quanti con l’aiuto dei colleghi e con l’aiuto di quella parte dell’apparato regionale che riterrà di sentirsi motivato in questa sfida. L’apparato regionale sarà rispettato e io non mi permetterò di chiedere a nessuno quale tessera di partito ha in tasca o come la pensa politicamente, ma chiederò a tutti di essere rigorosi nel lavoro, di avere senso delle istituzioni e di avere lealtà nella realizzazione del programma, ma nulla più di questo, ma neanche nulla di meno, perché si lavora, perché le sfide sono dure. Auguri a tutti quanti voi e a tutti quanti noi. Sono convinto che noi tutti saremo all’altezza della sfida che abbiamo davanti nell’interesse delle nostre comunità, delle giovani generazioni e – per quello che vi riguarda – nell’interesse della povera gente. Grazie a tutti”.
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