In pubblico paladino dell’anticamorra. In privato si “faceva i fatti suoi”. Dottor Jekyll e mister Hyde, insomma. Questa la fotografia scattata dalla Dda Napoli a Lorenzo Diana, indagato per concorso esterno in associazione mafiosa. Una doppiezza affiorata quando fu svelato il progetto di attentato ordito dai Casalesi nei suoi confronti. Da allora l’ex parlamentare (colpito da divieto di dimora dalla Campania per un altro procedimento) avrebbe sfruttato l’occasione per ingaggiare una finta guerra contro il clan. Un personaggio “costruito” ad arte. Questo inquietante scenario è ricostruito nell’inchiesta condotta dal capo del pool anticamorra Giuseppe Borrelli, al termine del lavoro svolto dai pm Alessandro D’Alessio, Maurizio Giordano, Catello Maresca, Cesare Sirignano (da qualche giorno alla Procura nazionale). Secondo i pm, a parole si schierava contro la criminalità organizzata, anche con dure prese di posizione, ma nei fatti aveva un atteggiamento “morbido”. Nella sua attività politica non ostacolava la cosca. Un doppio comportamento che gli sarebbe servito per fare carriera politica. Essere diventato paladino della legalità gli è servito per diventare un punto di riferimento dei vertici nazionali prima del Pds, poi dei Ds (e una citazione in “Gomorra” di Roberto Saviano). È stato per anni “comodamente” seduto sugli scranni del Parlamento (Camera e Senato), fino a ricoprire la carica di Segretario della Commissione Antimafia. La doppia faccia di Diana emerge dalle carte in mano agli inquirenti che stanno indagando sugli appalti concessi alla Cpl Concordia per la metanizzazione a Ischia e nell’Agro aversano. I magistrati hanno passato al setaccio le recenti dichiarazioni di pentiti, tra cui l’ex boss Antonio Iovine, ma anche intercettazioni che risalgono a diversi anni fa. E addirittura è saltato fuori che la moglie di Diana, Rita Caterino, si sarebbe rivolta ai parenti (in odore di camorra) durante la campagna elettorale per le regionali del 2010. L’ex deputato era candidato nella lista dei “duri e puri” (che poi non si sono rivelati tali) dell’Idv. Spulciando tra le carte emergono altri aspetti inquietanti. Si fa riferimento a fatti amministrativi e assunzioni, sia a San Cipriano di Aversa, che nella Cpl Concordia (lavori e gestione della metanizzazione) ritenuti condizionati dal clan, o quanto meno sospetti. Dagli elementi acquisiti in questi mesi, si nota – scrivono i pm – l’immobilismo di San Cipriano di Aversa (sotto l’influenza di Lorenzo Diana) in materia di confische dei beni sequestrati alla camorra e di atti concreti in grado di contrastare i clan. Insomma, parole e fatti concreti non coincidono. L’uomo pubblico e quello privato solo diversi. Apparire ed essere. Una differenza colossale. Che disegna un quadro a tinte fosche di una parte del mondo antimafia. La lotta anticamorra per opportunismo. Secondo la Procura, dopo notizia della decisione dei Casalesi di farlo fuori, Diana “si ammorbidisce”. Il progetto di uccidere l’ex parlamentare viene svelato dal pentito Dario De Simone alla fine degli anni ’90. E proprio in quel momento Diana avrebbe “sfruttato” l’episodio per accreditarsi come paladino della lotta alla camorra. Ma solo a chiacchiere. Negli interventi pubblici attacca il clan. Nella sostanza c’è un “ammorbidimento”. “Le nuove dichiarazioni di Nicola Panaro – scrivono i pm – oltre a confermare l’esistenza di un accordo tra Casalesi e Cpl Concordia, hanno gettato una pesante coltre di dubbio sulla figura del Diana”. E ancora: “Tale figura, seppure stridendo con l’aura di antimafiosità della quale il Diana si è ammantato, proprio sfruttando le iniziali feroci intenzioni dei casalesi, appare collimare perfettamente con quanto emerso nell’inchiesta sulla Concordia”. Insomma, un Diana a due facce. Dottor Jekyll e mister Hyde.

Mario De Michele

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