Non sono bruscolini. Il danno erariale ammonta alla bellezza di 3 milioni di euro. A pagare è sempre Pantalone, cioè i cittadini. Siamo in Italia. Che è anche il Paese di Arlecchino e Pulcinella. Il “danno” è stato accertato dal Nucleo di Polizia economico-finanziaria di Caserta. Chi sono i colpevoli? I componenti del consiglio di amministrazione del Consorzio Idrico Terra di Lavoro. I membri del cda hanno indebitamente incamerato compensi stratosferici. Le somme più cospicue sono finite nelle tasche in particolar modo del presidente e del vice. Le irregolarità riguardano il periodo dal 2011 al 2019. Ma gli emolumenti illegittimi hanno arricchito tutti i componenti dell’organismo gestionale.

La magistratura contabile ha disposto la notifica degli “inviti a dedurre” nei confronti di 20 amministratori del predetto Consorzio nei cui confronti è stata ritenuta ascrivibile “la responsabilità amministrativa per l’indebita percezione, a vario titolo, degli emolumenti ammontanti complessivamente a circa 900mila euro per il periodo dal 2014 al 2019, attesa l’intervenuta prescrizione per le annualità pregresse”.

Dall’aprile 2018 fa parte del Cda del Consorzio-carrozzone anche Mimmo Iovinella, ex assessore e attuale consigliere comunale di minoranza di Sant’Arpino. L’esponente dell’opposizione, che all’atto dell’elezione nel cda del Terra di Lavoro componeva la giunta di Sant’Arpino, era tenuto per legge a darne immediata comunicazione all’amministrazione comunale per optare tra una delle due indennità di carica. L’articolo 5, comma 11 del decreto legge n. 78 del 31/05/2010 e l’art. 82 del Tuel (testo unico enti locali) sono limpidi come il cielo d’agosto. In altre parole le indennità di funzione non sono cumulabili tra loro. Scoppiò il “caso” e la pacchia finì dopo 7 mesi. Nel frattempo Iovinella si era messo in saccoccia illegittimamente circa 5.000 euro di stipendio di assessore. Solo grazie allo scandalo sollevato da Campania Notizie Iovinella restituì la somma.

Ora c’è la tegola della Procura generale della Corte dei Conti della Campania. I finanzieri hanno quantificato un danno erariale di oltre 3 milioni di euro “patito dal Consorzio Idrico Terra di Lavoro (C.I.T.L.) e derivante dall’indebita corresponsione di emolumenti ai vertici amministrativi e gestionali dello stesso Ente consortile”. Le somme sono state liquidate in violazione alle misure di contenimento della spesa pubblica del decreto legge sulla stabilizzazione finanziaria e competitività economica, che ha previsto la necessaria gratuità dell’attività svolta da “amministratori di comunità montane e di unioni di comuni e comunque di forme associative di enti locali aventi per oggetto la gestione di servizi e funzioni pubbliche”.

Sul tema si è formato anche un consolidato orientamento giurisprudenziale da parte di numerose sezioni regionali di controllo della Corte dei Conti che hanno riconosciuto la piena applicabilità di tale norma anche ai consorzi tra enti locali tra i quali rientra il Consorzio idrico. I componenti del Cda sotto inchiesta, in caso di condanna, dovranno restituire i soldi illegalmente intascati. C’è poco da discutere.

Mario De Michele

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