Una bimba ancora in grembo e una mamma, entrambe strappate alla morte da un intervento chirurgico mai eseguito prima in Italia e con pochissimi eguali nel mondo. La procedura chirurgica è stata eseguita al Policlinico Federico II grazie al lavoro dell’equipe di cardiochirurghi, guidata dal professor Emanuele Pilato e composta da Giovanni Battista Pinna e Giuseppe Comentale; di ginecologi, coordinata da Maurizio Guida con Laura Sarno; e dell’equipe di anestesisti rianimatori, guidata da Giuseppe Servillo e composta da Loredana Grande e Vera Cirillo. Essenziale anche il lavoro dei perfusionisti, coordinati da Alessandra Notarnicola. Un caso annunciato in anteprima sulle pagine dedicate alla Cardio Chirurgia nell’album speciale Sanità uscito con Repubblica mercoledì scorso. La storia della piccola e di questa mamma 37enne ( comincia da una richiesta di controllo rivolta al Centro per le gravidanze a rischio del policlinico federiciano tramite l’Unità Operativa Complessa di Cardiologia, Emodinamica, UTIC diretta da Giovanni Esposito. “Possibile infezione virale al quarto mese di gravidanza”, il sospetto diagnostico in entrata. Immediato l’avvio di tutte le analisi del caso e la scoperta di un quadro clinico preoccupante. Di qui la decisone di procedere a ulteriori accertamenti. Attorno a Francesca si attiva la rete assistenziale della Federico II e ben presto i medici vedono ciò che mai avrebbero voluto vedere.
L’esame ecografico effettuato da Maria Angela Losi evidenzia una massa intracardiaca che minaccia la vita della donna e della piccola ancora in grembo. Francesca, che di bimbe ne ha altre tre e che ha dovuto vivere in passato il dolore di ben due aborti, vede crollare in un attimo tutto il suo mondo. La risonanza magnetica riduce poi il campo delle possibilità a due ipotesi: un tumore cardiaco o un grande trombo intraventricolare, con il grave rischio di infarto e di embolia. Si tenta a questo punto un approccio non chirurgico, la donna viene trattata dall’equipe di Maurizio Galderisi, responsabile del programma interdipartimentale di emergenze cardiovascolari e complicanze oncoematologiche, ma le terapie non portano i frutti sperati. La chirurgia resta l’unica strada. Un momento drammatico, perché salvare la mamma potrebbe voler dire dover rinunciare alla gravidanza e spegnere la vita della piccola ancor prima che venga al mondo. Ipotesi scartata da questa mamma coraggio, pronta a mettere a rischio la propria esistenza pur di far nascere la sua bambina.
Serrato il confronto tra i ginecologi e i cardiochirurghi che vagliano ogni possibile scenario, valutando anche i rischi legati alla conservazione della gravidanza durante un intervento mai realizzato prima e nel quale sarà necessaria la circolazione extracorporea. Altrettanto centrale l’interazione con l’equipe anestesiologica per limitare l’utilizzo di farmaci dannosi al feto, pur conservando un’efficacia per la mamma. Infine, l’elemento tempo. Per avere successo si sarebbe dovuto non solo minimizzare l’incisione per ridurre l’esposizione del feto agli stress chimici, fisici e traumatici; ma anche controllare al secondo i tempi operatori. Questo enorme lavoro di pianificazione ha portato Francesca al giorno dell’intervento, nei primi giorni di gennaio. Per lei ben tre le diverse equipe che sono state impegnate in contemporanea: i cardiochirurghi e gli anestesisti-rianimatori per la materiale esecuzione dell’intervento, e gli ostetrici (con infermieri specializzati e una strumentazione chirurgica ad hoc) pronti ad intervenire in caso di un’aborto o di un’emorragia uterina. Per la famiglia di Francesca quello è stato il giorno più duro. Una mattinata di ansia ma anche di speranza. Alla fine tutto è andato per il meglio, la massa (una formazione trombocita) è stata rimossa e il cuore di Francesca rimesso nelle condizioni di funzionare regolarmente. Questa coraggiosa mamma darà alla luce la sua splendida bimba con l’arrivo della primavera.