Nessuno sconto di pena per Angelo Brancaccio. La corte d’Appello di Napoli ha confermato in toto il giudizio di primo grado che si era concluso con la condanna a 8 anni di reclusione, sentenza emessa l’11 gennaio del 2018. Anche in seconda battuta i giudici non hanno accolto i rilievi degli avvocati difensori Mario Griffo e Maurizio Abbate. Dunque un’altra brutta notizia per l’ex sindaco di Orta di Atella, già consigliere provinciale e regionale condannato per associazione a delinquere di stampo mafioso. Secondo i giudici ha avuto rapporti con il clan dei Casalesi e quello dei Mallardo di Giugliano. Per la Corte d’Appello Brancaccio ha ottenuto dalle cosche appoggio alle elezioni amministrative e per le speculazioni edilizie.

Nella sentenza si legge che grazie all’ex sindaco i clan hanno compiuto a Orta di Atella una speculazione edilizia su un’area pari all’80% del territorio attraverso il rilascio di permessi a costruire illegittimi a società riconducibili a Giuseppe Russo, detto “o’ padrino”, referente dei Casalesi, e ai boss Feliciano e Giuseppe Mallardo della cosca giuglianese.

I reati risalgono agli anni del boom edilizio quando si registrò un aumento spropositato della popolazione con la vendita di appartamenti a prezzi vantaggiosi rispetto a quelli di mercato in quanto realizzati senza lottizzazione e quindi privi di servizi basilari come fogne e strade. L’indagine si avvalse di intercettazioni e dichiarazioni dei pentiti. A Brancaccio, attualmente in carcere, ora non resta che ricorrere alla Cassazione, cosa che sicuramente farà. Pur non avendo negato di aver partecipato a un sistema politico affaristico l’ex sindaco ortese ha sempre respinto tutte le accuse sui legami con la camorra.

Al netto dei capi di imputazione che non spetta a noi giudicare ciò che lascia l’amaro in bocca è che finora Brancaccio sia stato l’unico a pagare il conto davanti alla giustizia. Un conto che dovrebbero pagare almeno un’altra trentina (ci manteniamo bassi) tra politici, amministratori e tecnici che si sono macchiati a vario titolo di numerosi reati. E che soprattutto hanno fatto affari d’oro e soldi a palate.

Mario De Michele

 

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