Entro venti anni gli abitanti di numerosi comuni del Casertano “rischiano di morire tutti di cancro” a causa dei rifiuti pericolosi interrati in quel territorio. Così, il pentito del clan dei Casalesi, Carmine Schiavone, nel corso dell’audizione dell’ottobre del 1997 davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo di rifiuti. Verbali che solo oggi sono diventati pubblici dopo la rimozione del segreto. Riferendosi al traffico illegale di rifiuti nocivi, Schiavone spiega che divenne un business “autorizzato” per il clan dei Casalesi nel 1990.

“Tuttavia – riferì il pentito – quel traffico veniva già attuato in precedenza. Gli abitanti del paese rischiano tutti di morire di cancro entro 20 anni; non credo infatti che si salveranno: gli abitanti di paesi come Casapesenna, Casal di Principe, Castel Volturno e così via, avranno, forse, venti anni di vita”.

Schiavone parò di rifiuti tossici e nocivi interrati lungo tutto il litorale Domitio e sversati anche nel lago di Lucrino, specchio d’acqua che si trova nell’area flegrea.

Nel business del traffico dei rifiuti, secondo il pentito, erano coinvolte diverse organizzazioni criminali – come mafia, ‘ndrangheta e Sacra Corona Unita – tanto da fare ipotizzare che in diverse zone di Sicilia, Calabria e Puglia, le cosche abbiano agito come il clan dei Casalesi.

Il collaboratore di giustizia si soffermò sulle modalità di smaltimento. “Avevamo creato un sistema di tipo militare, con ragazzi incensurati muniti di regolare porto d’armi che giravano in macchina. Avevamo divise e palette dei carabinieri, della finanza e della polizia. Ognuno aveva un suo reparto prestabilito”.

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