La Lega impone una radicale modifica del decreto-rifiuti. Fino a notte tra Palazzo Chigi e i ministri del Carroccio la trattativa è andata avanti, ma finora il veto dei padani è stato irremovibile:

niente rifiuti “speciali” nelle regioni del Nord, quella norma “dovrà essere cambiata”, piuttosto il Cavaliere “proclami lo stato d’emergenza e risolva in Campania un problema che è solo dei napoletani”. Una posizione “irresponsabile” secondo Berlusconi, per il quale la rigidità del Carroccio “rischia di farci andare tutti a sbattere”. Il premier stavolta è furibondo. Il nuovo muro contro muro con l’alleato padano lo ha mandato fuori dai gangheri, guastandogli la soddisfazione per aver portato a casa la nomina di Draghi alla Bce. In più lo hanno colpito come uno schiaffo le parole con cui Calderoli si è opposto all’adozione di un nuovo decreto-rifiuti, quell’accusa rivolta proprio a lui di aver provato a “truffare” il Nord, trasformando per legge i rifiuti solidi urbani in rifiuti speciali. “La Lega – si è sfogato con un deputato napoletano del Pdl – pur di non far arrivare i rifiuti nelle altre regioni, mi vuole costringere a proclamare lo stato d’emergenza: sarebbe come ammettere che in tre anni tutto quello che abbiamo fatto non è servito a niente. Tornare al punto di partenza è una cosa inaccettabile”. Ma il tempo stringe. Il presidente della regione, Stefano Caldoro, gli ha spiegato chiaramente che senza decreto le province non possono svuotare gli Stir (gli ex impianti Cdr), premessa indispensabile per consentire un ritorno alla normalità. Tutto il Pdl stavolta, messi da parte gli odi e le rivalità tra cosentiniani e anticosentiniani, è sul piede di guerra. “I parlamentari campani del Pdl – racconta uno deputato – sono 53 e sono tutti pronti a schierarsi contro la Lega. Al Senato e alla Camera non passerà più nulla che interessa a Bossi”. I parlamentari romani del Pdl, scottati dagli insulti di Castelli a proposito del pedaggio sul Gra, non la pensano diversamente. Insomma, la prospettiva è di una guerra totale dentro la maggioranza, proprio nei giorni in cui in Parlamento sta per arrivare la manovra di correzione dei conti. Le due questioni s’intrecciano. I leghisti infatti non s’accontentano di aver bloccato nuovamente il decreto sui rifiuti, adesso alzano il tiro: si aspettano infatti che la manovra dia risposte alle richieste sollevate a Pontida e si preparano alla pugna. Lunedì Bossi ha convocato lo stato maggiore a via Bellerio, in vista dell’appuntamento del giorno dopo a Roma, il vertice con Berlusconi, Alfano e, soprattutto, Tremonti. Sarà quella la sede per l’esame della manovra correttiva e molti già prevedono che “scorrerà il sangue”. Oltretutto nel Carroccio è in corso una guerra tra l’ala Maroni-Calderoli e il “cerchio magico” e proprio la finanziaria sarà il terreno su cui ciascuna corrente proverà a strappare le maggiori concessioni. Per provare a circoscrivere l’incendio ieri mattina i capigruppo del Pdl di Camera e Senato – Cicchitto e Gasparri, Corsaro e Quagliariello – hanno incontrato riservatamente il ministro dell’Economia. Disponibile a trattare sui contenuti, Tremonti su una cosa è stato irremovibile: la manovra potrà essere spalmata su più anni, ma dovrà essere contenuta tutta in un unico decreto legge. Berlusconi era di avviso opposto, pensava a un decreto con una mini correzione per quest’anno (3-4 miliardi), per poi rinviare a dopo l’estate il resto della mazzata. Una strategia che il capo del governo ha candidamente confessato durante la conferenza stampa a Bruxelles, provocando una reazione immediata a Roma. Tremonti ha infatti preteso una smentita, costringendo il Cavaliere a far uscire una nota imbarazzata che confermava alla lettera il piano elaborato a via XX Settembre. La tensione tra Berlusconi e Tremonti, nonostante l’intervento di mediazione dei capigruppo, è di nuovo salita alle stelle. Il Cavaliere è preoccupato perché vede tornare a galla la proposta di un governo di unità nazionale, mentre lo spread tra titoli italiani e tedeschi tocca un nuovo record e le azioni del comparto bancario italiano affondano. E sospetta il ministro dell’Economia di non essere del tutto estraneo a queste suggestioni politiche.

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