Abbracci, sorrisi, pacche sulle spalle. Il day-after della scissione, nel cortile di palazzo Montecitorio, si svolge in un clima che tra gli ormai ex grillini sarebbe difficile immaginare più disteso. Gongolano i deputati che hanno scelto di abbandonare i Cinquestelle per seguire Luigi Di Maio: «Puntavamo a portare con noi una quarantina di parlamentari, 50 al massimo», spiegano con un risolino. «Invece ne abbiamo già 62, due terzi dei quali al primo mandato. E altri confidano arriveranno nelle prossime ore». Alla Camera il gruppo di Insieme per il futuro è già realtà, annunciato ieri mattina dal presidente Roberto Fico. Al Senato per ora sono in 11, numero poco più che sufficiente per formare una compagine autonoma. «Ma potremmo anche iscriverci al Misto: cambia poco». L’entusiasmo, tra le file dei dimaiani, è palpabile. Arriva fino a Bruxelles, dove le eurodeputate Chiara Gemma e Daniela Rondinelli danno l’addio al M5s per aderire al progetto del capo della Farnesina. E pure in più di un consiglio regionale, come quello campano, c’è chi è sempre più tentato dallo strappo. Lo scouting per convincere nuovi membri, in ogni caso, va avanti. «In queste ore sto parlando con molti amici rimasti nel Movimento: c’è tanta rabbia per come Giuseppe Conte ha gestito questo passaggio», racconta una deputata scissionista, secondo cui gli addii all’avvocato continueranno anche nei prossimi giorni. «Quanti? Difficile dirlo. Prevedo almeno una decina, forse venti». Anche perché chi si aspettava che una reprimenda di Beppe Grillo rivolta soltanto contro i transfughi è rimasto deluso. Il garante era atteso a Roma oggi, per provare a riportare la pace tra le due fazioni in lotta da settimane. All’ultimo minuto però ha annullato il viaggio: «Visto il clima che si è creato, ha pensato che fosse meglio rimandare per far decantare la situazione», la spiegazione più benevola che viene fornita. Ma c’è chi offre una lettura diversa, che parte da una telefonata al veleno tra l’ex premier e il fondatore dei Cinquestelle (per quanto «capire davvero gli umori di Beppe non è mai facile», è la premessa). Racconta qualcuno che martedì sera, quando Luigi Di Maio ha accelerato sulla crisi, Giuseppe Conte avrebbe telefonato a Beppe Grillo, forse per chiedere un sostegno più esplicito alla sua linea rispetto a quel criptico post sul blog contro «chi non crede più alle regole del gioco». Pare invece che il garante se la sia presa di nuovo con l’avvocato, accusandolo per la seconda volta in 48 ore di aver gestito la partita dello scontro interno nel peggiore dei modi. Di fatto, facendo capire in modo ancor più netto che il Movimento, per il garante, già non esiste più. E scatenando così le ire di Conte, che invece nel progetto pentastellato ripete di continuare a credere. Una ricostruzione che lo staff dell’ex premier bolla come falsa: «Ci sono state molte telefonate tra i due, ma nessun litigio».
Quale che sia la vera ragione della trasferta annullata (o rimandata di una settimana? Non è chiaro), dalle parti dei dimaiani la notizia viene colta quasi come un assist. Un’altra bordata per Conte e i suoi, abbandonati pure dal fondatore. Ecco perché l’ottimismo su possibili nuovi ingressi dal M5s non manca, in mezzo alle truppe di Insieme per il futuro. I tentativi di avvicinamento riguardano anche gli ex pentastellati, confluiti da tempo nelle altre formazioni. Vecchi amici come Andrea Cecconi, espulso all’indomani delle elezioni del 2018 e oggi iscritto al Maie. «Sì, mi hanno contattato», confida lui, ex capogruppo grillino che non ha mai perso la stima reciproca con Luigi Di Maio. «Se aderirò? Oggi il centro è un’area fin troppo affollata, con tanti leader che difficilmente potrebbero dialogare tra loro. Vedremo». C’è anche chi, tra gli ex M5S, ha già risposto picche: «Se area Draghi dev’essere, meglio puntare su Calenda», si sbottona qualcuno. In ogni caso i dimaiani fanno sul serio. Il progetto di correre alle politiche 2023 è già sul tavolo. «Valuteremo i modi – conferma la sottosegretaria Dalila Nesci – ma lavoriamo per essere pronti a tutte le sfide».