La Corte dei Conti della Campania condanna il sindaco Angelo Brancaccio al pagamento di 300mila euro. Una batosta per il primo cittadino di Orta di Atella per una vicenda amministrativa che risale addirittura al 1993 relativa al mancato adeguamento del canone alla ditta che allora si occupava di raccolta e trasporto dei rifiuti solidi urbani. Nel mirino dei giudici contabili sono finiti anche l’allora assessore all’Ambiente Salvatore Patricelli, che dovrebbe sborsare (in questo caso il condizionale è d’obbligo) 175mila euro, e Nicola Cantone, all’epoca dei fatti segretario generale del Comune. Assolto l’allora assessore al Contenzioso Salvatore Del Prete. La sentenza è stata emanata dal collegio composto da Fiorenzo Santoro (Presidente), Massimo Balestieri (primo Referendario relatore) e Giuseppe Di Benedetto (primo Referendario). Cerchiamo di ricostruire le tappe di una vertenza che affonda le sue radici nella notte dei tempi. Nel 1986 Cimmino, allora commissario prefettizio del Comune, affida l’incarico alla società Risan, di cui era titolare Angelo Marrazzo (del quale parleremo in seguito) di espletare il servizio di igiene urbano. Col passare degli anni la ditta presenta al Comune una serie di richieste di adeguamento del canone, ovvero chiede più soldi per la raccolta e il trasporto dei rifiuti. E nel ’93, quando Brancaccio inizia il suo prima mandato di sindaco, anche sulla sua scrivania arrivano le istanze della Risan. Lui incarica un legale per valutare la situazione. E decide di non aumentare il canone. Ma la ditta non desiste e nel ’98 vince il lodo arbitrale aperto contro il Comune. La vicenda si chiude nel 2006 con il via libera del consiglio comunale ortese all’accordo con la Risan per il versamento delle spettanze richieste, più gli interessi e le spese legali.
Ma la Corte dei Conti non ha accolto le tesi difensive dell’avvocato di Brancaccio, Renato Labriola, e ha condannato il sindaco al pagamento di 300mila euro. Patricelli ha preso con nonchalance la vicenda, e per la serie “non me ne può fregar di meno” è stato condannato in contumacia a sborsare (nutriamo qualche dubbio) 175mila euro. Cantone se l’è cavata (si fa per dire) con 25mila euro. Brancaccio ha immediatamente presentato ricorso, tramite l’avvocato Giuseppe Costanzo, contro la sentenza, che quindi è sospesa. Il sindaco non nasconde il suo rammarico: “Siamo alla negazione della giustizia, si tratta di un abbaglio grossolano. In ogni caso – aggiunge – sia chiaro che io non pagherò un euro perché non ho fatto altro che oppormi all’aumento a carico del Comune dei costi per il servizio di igiene urbana. Peraltro – conclude Brancaccio – si tratta di una vicenda che risale a 30 anni fa, che io ho ereditato dal commissario prefettizio, inoltre nel 2006 non ero più sindaco. Quindi sono certo di vincere in Appello”. Tornando alla ditta Risan c’è da segnalare che il titolare Angelo Marrazzo non è uno “qualunque”. Di lui parla nel 2004 (14esima legislatura, atto di sindacato ispettivo della seduta 696) il senatore Antonio Battaglia, in una relazione indirizzata al presidente del Consiglio e al ministro dell’Interno in riferimento al Comune di Afragola. Battaglia definisce Marrazzo come “un noto imprenditore del settore rifiuti, al quale, per una serie di vicende giudiziarie, è stata revocata dalla Prefettura competente l’obbligatoria certificazione antimafia, necessaria per avere rapporti lavorativi, anche nella forma di fornitura di beni e servizi, con le pubbliche amministrazioni”. In anni successivi, gli 007 della prefettura nella relazione sul Comune di Crispano, poi sciolto per infiltrazione mafiosa, scrivono: “Il Marrazzo Angelo è soggetto controindicato ai fini antimafia, destinatario di provvedimenti interdettivi adottati dalla prefettura di Napoli a far data dal 1999, sulla scorta degli accertamenti effettuati dal gruppo Gia”.
Mario De Michele