Nessun dietrofront. Cesario Liguori non ha intenzione di ritirare le sue dimissioni da sindaco. E i margini per un ripensamento sono strettissimi. Quasi inesistenti. Il primo cittadino di Cesa ha tempo fino a domenica per sciogliere la riserva, poi scadranno i 20 giorni previsti dalla legge per consentire un passo indietro. Ma Liguori ha ormai deciso di lasciare il timone del Comune. Certo fino all’ultimo potrebbero intervenire elementi di novità importanti per fargli cambiare idea. In politica, si sa, mai dire mai. Però le speranze di un ripensamento sono praticamente vicine allo zero. Dal giorno delle sue dimissioni si sono susseguiti i tentativi, febbrili e costanti, per cercare di convincerlo. In questa direzione sono andate anche le dimissioni degli assessori Cerio D’Agostino e Giovan Battista Romeo. Lui ha valutato tutto, ha anche apprezzato i tanti attestati di stima giunti dal basso, ma alla fine è rimasto sui suoi passi. Non ci sono più le condizioni per andare avanti. Perché? Per una serie di motivi. Il primo trae origine da motivi di ordine prettamente personali, dovuti a uno stato di salute che non gli consentirebbe di essere quotidianamente (come ha fatto fin dall’inizio del suo insediamento) presente al Comune per seguire l’attività dell’Ente. La seconda ragione è di natura amministrativa. La situazione finanziaria è diventata sempre più precaria per gli ingenti debiti, ereditati dal passato, con il Consorzio Idrico. E la macchina comunale non sembra in grado di dare risposte adeguate per rimettere in sesto il Comune sotto il profilo finanziario. Infine c’è l’aspetto politico. Le dimissioni dell’assessore Nicoletta Bortone, dopo l’arresto del marito, e qualche mal di pancia di questo o quel componente di maggioranza hanno fatto il resto. Insomma, troppi nodi da sciogliere. E Liguori allo stato dei fatti non ritiene opportuno ritornare in carica. Tutti a casa quindi. Si torna al voto a maggio. Fine della storia.
Mario De Michele