Su una cosa non si può obiettare. Il colpo d’occhio quando si arriva in prossimità di Piazza Adriano, è da cartolina, con un ampio piazzale in fondo al quale si stagliano gli archi di uno dei monumenti più importanti d’Italia. La città è Santa Maria Capua Vetere e il monumento in questione è il cosiddetto Anfiteatro Campano, secondo in Italia per ordine di grandezza solo al Colosseo, al quale, si narra, probabilmente servì come modello in quanto quello campano rappresenterebbe il primo anfiteatro di epoca romana. Purtroppo però, come spesso accade in Terra di lavoro, all’alto rilievo del patrimonio storico-artistico presente sul suolo campano, testimoniato negli anni da numerosi studiosi del settore, non corrisponde mai un’adeguata strategia di valorizzazione dello stesso. Una strategia che dovrebbe permettere innanzitutto di mantenere viva la storia plurimillenaria di un territorio come quello sammaritano, in questo caso, e contemporaneamente offrire prospettive di rilancio sotto il profilo turistico attraverso le quali, una volta e per tutte, restituire alla provincia di Caserta e all’intera Campania quella luce offuscata da troppi anni di criminalità organizzata, emergenze ambientali, e una classe politico-dirigente evidentemente non all’altezza del proprio ruolo. Nasce da questa amara riflessione il grande lavoro di denuncia realizzato dagli attivisti del MoVimento 5 Stelle di Santa Maria Capua Vetere, che attraverso una serie di foto e alcuni video che in queste ore sono stati attenzionati addirittura dai media nazionali, hanno voluto per l’ennesima volta far conoscere a tutti quale stato di degrado e abbandono avvolge l’Anfiteatro e le strutture che lo circondano. Denuncia che arriva a pochi mesi dallo splendido lavoro di recupero che gli attivisti del M5S della stessa area casertana hanno realizzato attorno al celebre Mausoleo delle Carceri Vecchie, monumento che si trova lungo la via Appia che da Santa Maria Capua Vetere conduce a Caserta, nel Comune di San Prisco. Evidenti le ampie zone sia interne che circostanti l’Anfiteatro invase da vegetazione spontanea la cui presenza, oltre a creare insidie per la statica di alcune parti della struttura, tende nel tempo a diventare ricettacolo di sporcizia e abbandono di rifiuti con conseguente richiamo per topi o animali randagi. Per non parlare delle condizioni di totale abbandono e fatiscenza degli arredi e delle strutture ricreative limitrofe, come il campo di calcetto immerso in una sorta di fossato abbandonato a se stesso e agli atti di vandalismo. Insomma, siamo di fronte all’ennesimo esempio di come ritorvarsi un tesoro tra le mani e invece di tramutarlo in oggetto di vanto e volano economico, diventa simbolo della mediocrità della classe politica e dirigente del nostro territorio. E dire che in epoca borbonica l’opera di distruzione dell’anfiteatro iniziata nei secoli precedenti fu interrotta dai reali del tempo dichiarando l’anfiteatro, monumento nazionale. Sarebbe bastato quindi, proseguire con l’avvedutezza rinomata dei borboni nei confronti dei tesori del genere, e oggi forse ne staremmo parlando in tutt’altra chiave. È evidente che bisogna richiamare invece alla mente la memoria di Spartaco, lo schiavo ribelle che riuscì a trascinare i gladiatori nella più feroce delle guerre di liberazione dal potere di Roma. Magari riusciamo anche noi a liberarci da una politica che per troppi anni ci ha reso schiavi inconsapevoli della sua pochezza.

Vincenzo Viglione

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