Dopo la doccia fredda di Standard & Poor’s a Palazzo Chigi si preparano i sacchetti di sabbia per arginare i possibili effetti del doppio declassamento che potrebbero trasformarsi un ‘lunedi’ nero’ sul mercato dei titoli italiani. Dopo l’incontro con il Papa, che lo ha incoraggiato a proseguire sulla via intrapresa, il presidente del Consiglio si e’ chiuso nel suo studio per analizzare lo stato dell’arte.

La situazione e’ seria, ma siamo fiduciosi che i mercati reagiscano in modo composto, anche alla luce del fatto che il declassamento non ha portato a un giudizio che sconsiglia l’investimento e dunque non vi sono elementi concreti per giustificare una bufera, e’ la tesi che trapela a palazzo Chigi. Ma – si aggiunge – e’ meglio restare ”vigili” perche’ i mercati a volte sono ”irrazionali”. Il timore e’ che i grandi fondi di investimento – soprattutto statunitensi e asiatici – si liberino dei titoli sovrani italiani con conseguente impennata dello spread che, a sua volta, influenzerebbe le prossime aste. Per evitare questa pericolosa spirale bisogna spegnere l’incendio sul nascere. E l’unica istituzione in grado di farlo e’ la Banca Centrale Europea. Non si ha notizia di contatti diretti fra Roma e Francoforte; ma e’ naturale che sia cosi’, in ossequio all’indipendenza dell’Istituto di Mario Draghi. Quel che trapela, pero’, e’ che l’Eurotower e’ pronta ad intervenire nel mercato secondario a sostegno dei Btp. Possibile quindi che ci siano acquisti piu’ importanti del solito, ma non troppo massicci anche per dare eccessiva importanza al declassamento. Intervento che, in caso di guai, il governo ritiene indispensabile. Anche perche’, al momento, altri ‘estintori’ non ci sono. E quelli in preparazione non e’ detto che abbiano la necessaria potenza di fuoco. Il declassamento di mezza Eurozona, infatti, indebolisce il fondo salva-stati europeo, gia’ di per se’ insufficiente a fronteggiare la crisi. Ma proprio su questo strumento punta Angela Merkel, secondo la quale il futuro fondo (Esm) sara’ piu’ impermeabile ai giudizi delle agenzie. Il problema e’ che si e’ ancora lontani da quel traguardo. Quanto ad un ipotetico intervento del Fmi, e’ una strada che non convince Monti che, da europeista convinto, auspica una soluzione europea. Il premier condivide in pieno le parole del capo dello Stato che ha chiesto all’Europa di ”procedere con urgenza sulla via dell’unit… politica e dell’effettiva unione economica”. Frase che il capo del governo sottoscrive: la strada di un maggiore coordinamento di bilancio – e’ la sua tesi – e’ ormai tracciata e una volta completata con il Fiscal Compact, si dovra’ lasciare alla Bce maggiori margini di manovra nella difesa dei Paesi in difficolta’. La domanda, pero’, e’ se questo possa bastare. Molti osservatori ritengono di no. E anche a palazzo Chigi non sembrano ottimisti. Ecco perche’, pur nell’assoluto rispetto dell’indipendenza dell’Istituto, in privato il premier insiste sulla necessita’ di una svolta nell’Ue che consenta alla Bce di essere quella banca ”forte” necessaria per superare la crisi. E anche in fretta, visto che la Grecia e’ sull’orlo del precipizio. Idea che non piace per niente alla Germania. A palazzo Chigi si ripete che l’intento non e’ in alcun modo di isolare Berlino, bensi’ di convincere Angela Merkel. E inevitabile pero’ il tentativo di Monti sara’ tanto piu’ efficace quanto piu’ numerosi saranno i suoi alleati. E in questo senso, il declassamento degli altri partner (Parigi e Vienna in testa) puo’ facilitargli il compito. Per ragioni molto simili, la doppia bocciatura potrebbe aiutare il premier nella partita interna. Il declassamento, ha commentato Elsa Fornero, ”e’ una sberla che ci ributta indietro, rallentando il recupero”. Cosa che Monti vuole evitare. E proprio il rapporto di S&P, che sottolinea la necessita’ che il cammino delle riforme strutturali non sia interrotto, puo’ essere un’arma utile nel complesso negoziato su liberalizzazioni e mercato del lavoro. Non a caso Monti oggi ha visto Corrado Passera.

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