Da una cellula presente nell’intestino arriva una nuova speranza nella lotta contro la malattia di Alzheimer. E’ quanto emerge da uno studio condotto da ricercatori del Dipartimento di Medicina Clinica e Chirurgia dell’Università Federico II di Napoli e del Dipartimento di Fisiologia Umana e Farmacologia «V. Erspamer» dell’Università La sapienza di Roma e pubblicato sulla rivista Nature Scientific Reports. Con la ricerca, condotta e coordinata da Giovanni Sarnelli della Federico II e Giuseppe Esposito de La Sapienza, hanno infatti dimostrato che le cellule gliali isolate dall’intestino mediante un semplice intervento di appendicectomia, quando trapiantate nel cervello di ratti con gravi alterazioni nervose, hanno la capacità di «ripulire» il cervello dalla Beta-amiloide, una delle principali proteine coinvolte nel processo di degenerazione alla base della demenza di Alzheimer. Dallo studio, finanziato in parte da fondi della Regione Campania e dal Miur, si è documentata nei ratti sottoposti al trattamento una significativa riduzione dell’infiammazione cerebrale ed una stimolazione del processo di «neurogenesi» con il conseguente miglioramento sia della memoria, che del comportamento degli animali trattati. Lo studio, sottolineano i ricercatori, oltre ad avere importanti ripercussioni sulla conoscenza dei meccanismi di base della malattia di Alzheimer, apre la strada a nuovi approcci terapeutici nel campo della medicina rigenerativa e dei trapianti e, per la prima volta, individua nel sistema nervoso dell’intestino una fonte di facile accesso a cui attingere per il trattamento di gravi patologie neurodegenerative, tra le quali la malattia di Alzheimer è quella più frequente, interessando almeno 600.000 pazienti solo in Italia.

 

 

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