Passione, maestria, tradizione e sperimentazione: il “duello a colpi di note” tra il violino di Alessandro Quarta e i tini e le falci dei Bottari della Cantica Popolare ha scaldato piazza Vescovado in apertura degli eventi pomeridiani in cartellone nella seconda giornata di Festival. Per la 45esima edizione di Settembre al Borgo l’omaggio al comune amico Fausto Mesolella si è trasformato in una performance memorabile, che ha di gran lunga superato l’assaggio ‘servito’ nel 2015 sul palco del concerto del Primo Maggio a Roma. E, come allora, tutto è stato magistralmente improvvisato. “Con Alessandro è così, è sempre una magia – ha detto Stany Roggiero, direttore del gruppo – Basta uno sguardo e tutto diventa possibile”. Nati nel 2004 a Macerata Campania (Caserta) per mantenere viva la tradizione locale della musica popolare, i Bottari propongono da sempre canzoni del ‘600 napoletano alternate a rivisitazioni di brani del repertorio classico campano, pugliese e calabrese: sia musiche, che testi inediti dai ritmi travolgenti e dai significati profondi, capaci di trasmettere la forza delle radici contadine della vita nei suoi significati più forti. Memorabile l’interpretazione di “Bella ciao” e di un classico della musica napoletana, “O Sarracino”, “che dedichiamo a Fausto – conclude Stany – nostro concittadino da quando era venuto a vivere a Macerata. Per noi è un onore essere qui, siamo emozionatissimi”. E lo era non poco anche Alessandro Quarta, prodigio del violino, pronto al lancio “del primo album jazz in tre D”: dopo gli studi con Salvatore Accardo, Abraham Stern, Zinaida Gilels e Pavel Vernikov, dai quali ha ereditato la passione per la più grande tradizione violinistica classica, Quarta matura alla luce delle sue molte incursioni nel blues, nel soul e nel pop, fino a diventare il musicista non convenzionale che conosciamo oggi. Le sue collaborazioni comprendono alcuni dei più grandi artisti mondiali. Salentino, si è innamorato di Casertavecchia: “Passeggiare tra questi vicoli è fantastico, sembra di essere proiettati in un’altra dimensione. E si respira così tanta arte che sembra ad un tratto di vedere spuntare Eduardo De Filippo o Totò”. E in effetti nell’aria lo spirito del principe De Curtis questo pomeriggio era tangibile: alcune delle canzoni da lui scritte sono state interpretate da Gino Licata, nel suo cammeo in Cattedrale intitolato “La memoria fa cinquanta”, quanti gli anni trascorsi dalla morte di Totò. Sempre nella meravigliosa chiesa del 1100 che domina, maestosa, Piazza Vescovado, l’esibizione di Gennaro Vitrone, musicista e paroliere casertano, che ha proposto una versione acustica de “Il Pendolare”, brano prodotto da Mesolella e tratto dal suo secondo album “Nel momento”, più altri due pezzi che vanno a comporre la ‘trilogia del ‘viaggio’. Alle 19, hanno debuttato gli “appuntamenti al tramonto” nell’affollatissimo Giardino della Cattedrale: a dividersi la scena il giovane Luca Mantovanelli, che con la sua chitarra, accompagnato dal maestro Adriano Guarino, ha spaziato dal jazz al pop senza trascurare blues e rock, e la leggenda del fado Marco Poeta. Dal palco ha ricordato il suo tour con Mesolella e gli Avion Travel, fatto di musica e risate: “Ci siamo divertiti con poco, Fausto manca ma lo porto vivo dentro di me”. Con lui sul palco Alessia Tondo, voce del Canzoniere Grecanico Salentino, che ha regalato al pubblico un fado “Alberto” e la pugliese “Beddha che da luntano”: emozioni senza tempo né spazio per un momento di grande impatto. Dalle 20 una Cattedrale colma all’inverosimile ha invece ospitato Antonio De Innocentis, che suonato la sua chitarra classica da solista e poi accompagnato dalla splendida voce della figlia Fiammetta. “Ho scelto di aprire con un brano che Fausto suonava tanti anni fa, con la chitarra elettrica, e che era la sigla di una radio locale: quanti casertani l’hanno ascoltata! Mi sembrava il modo migliore per salutarlo”. In mezzo le note sospese della Compagnia della Città-Fabbrica Wojtyla, una costante negli appuntamenti per le “corde senza tempo”. In largo Castello, alle 20:30, nuove esibizioni per i talenti emergenti della chitarra: Ezio Lambiase, Peppe Bruno- Antonio D’angelo-Christian Zaccariello, Gianluigi Sperindeo Trio, Sally Cangiano, Artan Tauzi Duo, Pasquale Muto si sono ‘giocati’ l’occasione di una vetrina così importante come quella di Settembre al Borgo. Tante visite, anche nella seconda giornata di Rassegna, nella chiesa dell’Annunziata, che ospita l’Arpa di luce, istallazione interattiva che permette di “toccare” la musica. Poi tutti in piazza Vescovado, per il concerto di Eugenio Finardi. Prima di lui si sono alternati sul palco Peppe Voltarelli, Joe Barbieri e Nunzia Carrozza. “Ho un ricordo che credo dica tutto – ha raccontato Voltarelli – Quando gli Avion Travel vinsero il Festival di Sanremo feci la sfilata con la macchina: il fatto che fosse stato riconosciuto il talento di un gruppo autoriale rappresentava per me che militavo da poco nel mio una speranza. Poi sono passati gli anni, Fausto ha collaborato a un mio disco e… Oggi sono qui”. “Io e Fausto ci incontravamo sempre di corsa, in stazione, all’aeroporto, sembravamo due amanti clandestini – ricorda col sorriso Barbieri – Ci dicevamo sempre: dobbiamo smetterla di vederci così, dobbiamo ufficializzare questo rapporto, le affinità elettive sono troppe. Non ne abbiamo avuto il tempo ma sono sicuro di una cosa: se esiste “l’artista” quello non poteva essere che lui”. “Sintetizzo il mio pensiero con una sola frase – gli ha fatto eco Nunzia Carrozza – quando un artista nasce diventa patrimonio dell’umanità, quando un artista riparte lascia un patrimonio all’umanità”. Cappello bianco a larga tesa sull’iconico codino candido, Finardi ha fatto scatenare e riflettere un’affollata Piazza Vescovado col suo rock ribelle: a testimonianza del fatto che, nonostante siano trascorsi 40 anni da “Diesel” la forza delle sue idee sia intatta e fresca. “Mi ha accolto un’aria fresca che non mi aspettavo, ha colto di sorpresa me, uomo del nord – ha esordito il cantautore – Ma sono talmente felice di essere qui che poco importa. Stasera suono per Fausto e la sua città, suono rock, folk, fado (con Marco Poeta, ndr) e blues, suono per dire che Fausto Mesolella è stato un artista immenso”.
Giulia Ambrosio