Due anni prima di togliersi la vita – il 13 settembre 2016 impiccandosi nella sua casa di Mugnano di Napoli – dopo una gogna mediatica senza pietà dovuta alla diffusione dei video hot, Tiziana Cantone era una giovane donna come tante. A maggio 2014, però, conosce «Lui» e tutto ha inizio. Ciò che sappiamo di questo periodo emerge dalle conversazioni WhatsApp analizzate da Luca Ribustini e Romina Farace, autori del libro inchiesta «Uccisa dal web»: 27 mila messaggi (di cui solo una minima parte precedentemente passata al vaglio) fondamentali per capire davvero ciò che finora è rimasto nascosto e la genesi di un femminicidio social. Il libro, che esce in concomitanza con il processo all’ex di Tiziana, racconta molti particolari inediti sul periodo antecedente il suicidio: quei 12 mesi precedenti la diffusione dei video privati di Tiziana e, grazie al lavoro scrupoloso degli autori, unito alla testimonianza della madre, Maria Teresa Giglio, lascia emergere una realtà diversa che sarà dibattuta in fase di processo. Da questa inchiesta e da questi messaggi, il rapporto con la madre, l’abbandono paterno in tenera età e soprattutto la frustrazione di non riuscire a legare a sé un uomo, divengono fondamentali per comprendere come si sia giunti alla tragedia. Fino a che punto si può arrivare per non perdere «Lui»? Trascinata nel baratro dalla perfida rassicurazione che più sarebbe andata «oltre», meno avrebbe rischiato di essere abbandonata, Tiziana ha visto le sue richieste d’aiuto cadere nel vuoto, divenendo un «meme», una vittima della manipolazione maschile e della gogna social, in grado di tramutare il diffuso fenomeno del sexting in un femminicidio.