Divampano le proteste in Afghanistan, dopo il rogo delle copie del Corano nella base Usa di Bagram. E’ salito ad almeno dodici morti – la maggior parte solo nella provincia di Herat, sotto il comando dei militari italiani – e 50 feriti il bilancio odierno dei disordini

che durano da quattro giorni in Afghanistan, innescati dalla notizia del rogo di copie del Corano in una base Nato. Lo dicono fonti ufficiali locali. Oltre ai morti nell’Herat, dove è stato attaccato il consolato statunitense, altre vittime si contano nella provincia di Khost. Nei giorni scorsi erano morte tre persone. I militari italiani non sono coinvolti negli incidenti che si sono avuti ad Herat, dove un gruppo di manifestanti ha attaccato il consolato Usa: lo riferisce una qualificata fonte sul posto. La città di Herat – capoluogo della regione ovest dove è schierato il contingente italiano – è una delle prime che, in base al processo di transizione, è stata riconsegnata agli afgani e la sicurezza spetta alle autorità locali che, allo stato, non hanno chiesto l’intervento dei soldati Nato. Nessuna manifestazione di protesta, aggiunge la fonte, sta interessando le basi militari italiane nell’ovest del Paese: né quella del Prt (Team di ricostruzione provinciale), che si trova nel centro di Herat, né Camp Arena, il quartier generale ubicato nell’area dell’aeroporto. Anche nelle altri basi italiane nella regione occidentale la situazione è allo stato tranquilla. Per il quarto giorno consecutivo la furia degli afghani per la dissacrazione di alcune copie del Corano da parte di un gruppo di militari americani della base di Bagram si è tradotta oggi in violente manifestazioni nelle strade di Kabul e della stessa Bagram, e in almeno sei province, in un clima di odio contro gli Stati Uniti che ha costretto ieri ad intervenire lo stesso presidente Barack Obama. Con un gesto sicuramente non usuale, il capo della Casa Bianca ha preso carta e penna ed ha inviato un incontrovertibile messaggio al collega Hamid Karzai. “Desidero – ha scritto – esprimere il mio grande rammarico per l’incidente segnalato. Rivolgo a Lei e al popolo afghano le mie più sincere scuse”. EMERGENCY, REPRESSIONE VIOLENTA – “A Kabul, le manifestazioni di protesta per i Corani bruciati sono state represse con la violenza”: è la testimonianza di Emergency, che ha accolto nel suo ospedale di Kabul sette persone ferite. Una è morta all’ arrivo, le altre sei – tutte con ferite da arma da fuoco – sono state subito portate in sala operatoria e sono ora fuori pericolo. Le proteste, spiega l’organizzazione di Gino Strada, sono iniziate dopo la preghiera del pranzo. Emergency ha aperto il Centro chirurgico di Kabul nel 2001 per portare cure gratuite alle vittime della guerra. In 10 anni, l’ospedale ha curato oltre 100 mila persone.

 

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui