Prima la delibera di giunta, carente di una serie di presupposti essenziali, poi la determina dell’area amministrativa che conferma l’irritualità dell’atto. Si arricchisce di un altro tassello grigio il mosaico dei dubbi sul contributo di ben 25mila euro alla parrocchia San Cesario Martire di Cesa. Il caso sollevato da Campania Notizie ha destato scalpore in gran parte della popolazione. “Ma come – si sono chiesti i cittadini – a noi continuano ad arrivare a casa bollette salate e nello stesso tempo il Comune stanzia alla chiesa una montagna di euro?”. Perplessità e rimostranze più che legittime. In un periodo in cui tutti sono costretti a fare enormi sacrifici chi governa la città, a meno che non viva sulla Luna, dovrebbe avere il polso della crisi economica che attanaglia soprattutto le fasce sociali più fragili. E invece a cuor leggero, o chissà per quale altro motivo, il sindaco Enzo Guida e il suo team hanno regalato alle fine dell’anno scorso la bellezza di 25mila euro alla parrocchia per lavori di ristrutturazione.
Mai come ai tempi del Covid quella somma poteva essere appostata su uno specifico capitolo di bilancio per creare un fondo da destinare alle famiglie povere, ad esempio attraverso la creazione di un tavolo di concertazione anche con l’opposizione in modo da sgombrare il campo da qualsiasi sospetto di speculazione politica. La decisione di Guida e della maggioranza è ancora più discutibile, anzi inaccettabile, perché la parrocchia ha la possibilità di accedere ai fondi della Curia per le opere di ristrutturazione ordinaria e straordinaria. Per lo Ior, la banca vaticana, 25mila euro sono bruscolini. Non si capisce quindi perché l’intervento debba essere a carico dei cittadini. All’inopportunità politico-amministrativa di erogare i fondi si aggiungono le ombre che avvolgono l’iter burocratico. Il 29 dicembre 2020 la giunta ha approvato la delibera n. 222 (clicca qui) per stanziare i 25mila euro, in seguito ad una richiesta del parroco Giuseppe Schiavone, che “con lettera del 28.12.2020 ha richiesto al Comune un contributo economico per far fronte alle spese di manutenzione ordinaria e straordinaria che ammontano a circa 80mila euro, così come prospettato nel computo metrico allegato alla richiesta”.
Con tutto il rispetto per don Peppino, si tratta di una richiesta inaccoglibile già per com’è stata formulata. Il computo metrico è carta straccia in assenza della Segnalazione certificata di inizio attività, che il parroco avrebbe dovuto presentare contestualmente alla richiesta del contributo. La conferma che la Scia non esiste arriva dalla determina di liquidazione (n. 89 del 25 gennaio) adottata da Generoso Marrandino, responsabile dell’area amministrativa (clicca qui). Il funzionario non fa alcun riferimento alla Scia. Si limita a richiamare la delibera di giunta, che a sua volta non fa cenno alla Segnalazione certificata di inizio attività. Marrandino puntualizza solo che “…Ritenuto di ribadire l’obbligo della Chiesa di San Cesario Martire di presentare al termine dell’esercizio finanziario, una relazione analitica circa l’utilizzo dei fondi ricevuti per le attività realizzate…”.
È il minimo sindacale. Ciò che spiana la strada ad un’autostrada di interrogativi è la carenza istruttoria. Come è possibile che Marrandino non sappia che gli interventi di ristrutturazione possono essere effettuati solo dopo la presentazione della Scia? Come fa a non sapere che la somma di 25mila euro può essere liquidata solo se tutte le carte sono a posto? E soprattutto come può soprassedere sulla mancanza di un requisito essenziale per poter assegnare i fondi? L’atto di indirizzo della giunta non è sufficiente in sé. È compito del funzionario vagliare la regolarità della richiesta e stabilire se ci sono i presupposti di legge per liquidare i soldi. È ovvio che al termine dei lavori il parroco ha l’obbligo di presentare una relazione analitica circa l’utilizzo dei fondi. Ma il pomo della discordia è un altro: quei lavori non sono stati autorizzati. Ergo, a monte l’ente locale non può stanziare il contributo. Sul piano urbanistico manca anche un’altra autorizzazione: quella della Soprintendenza. Nella delibera di giunta infatti si richiama “l’alto valore non solo storico della Chiesa ma anche culturale ed architettonico. La più antica testimonianza della Chiesa di S. Cesario risale al 1097”. A maggior ragione, prima di procedere allo stanziamento del contributo, il Comune doveva acquisire non solo la Scia ma anche il via libera della Soprintendenza. Mancano entrambi. Eppure la parrocchia ha incassato i soldi. Un accorato appello al sindaco Guida e agli assessori: se volere fare regali alla chiesa, la prossima volta, mettete mano alle vostre tasche. Non a quelle dei cittadini.
P.S. Facciamo presente ai nostri lettori che gli amministratori del Gruppo Facebook “Se sei di Cesa se” ci impediscono di postare gli articoli di Campania Notizie. Certi “metodi” sono duri a morire.