“È una sentenza che reputo totalmente ingiusta. Sebbene io per primo abbia commesso qualche errore di valutazione su talune persone e su alcuni comportamenti, la mia amministrazione ha sempre agito con la massima onestà intellettuale. Nessun atto è stato adottato per favorire chicchessia, men che meno ambienti camorristici”. Non nasconde il suo rammarico Andrea Villano nel commentare la decisione del Tar del Lazio che ha respinto il ricorso contro lo scioglimento del consiglio comunale di Orta di Atella per presunte infiltrazioni mafiose, disposto dal governo il 6 novembre 2019. L’ex sindaco ci tiene a precisare che non si tratta di una difesa d’ufficio. “Sono gli stessi giudici del Tar a stabilire la legittimità degli atti da noi assunti. Non solo. Nella sentenza si dice chiaramente che non abbiamo subito alcun condizionamento e che non abbiamo favorito nessuno”. In effetti i giudici amministrativi hanno sottolineato che “il provvedimento di scioglimento non ha natura sanzionatoria, ma preventiva”, precisando che “stante l’ampia sfera di discrezionalità di cui l’amministrazione dispone in sede di valutazione dei fenomeni connessi all’ordine pubblico, le vicende che costituiscono il presupposto del provvedimento di scioglimento devono essere considerate nel loro insieme, non atomisticamente, e devono risultare idonee a delineare, con una ragionevole ricostruzione, il quadro complessivo del condizionamento mafioso”.
Inoltre il collegio giudicante ha richiamato la relazione del ministro dell’Interno Luciana Lamorgese. “Si evidenzia, in primo luogo, la sostanziale continuità nella composizione delle amministrazioni che si sono susseguite e sono state oggetto di precedenti provvedimenti dissolutori per infiltrazioni mafiose nel 2008, delineando un quadro caratterizzato dalla ricorrenza delle stesse persone o di loro familiari nei gruppi politici avvicendatisi nelle gestioni amministrative, con il conseguente perdurare dei legami tra gli amministratori e soggetti contigui alla criminalità organizzata locale”. Ed è proprio questo “ragionamento” che non va giù a Villano. “Si tratta di una logica che implica gravi ripercussioni sia sul piano democratico che politico-amministrativo. Con una motivazione così aleatoria – sostiene l’ex primo cittadino ortese – ci sarà un vulnus democratico. Le persone perbene non si candideranno nemmeno sotto tortura se correranno il rischio di essere “sciolti” per camorra per il solo fatto di avere rapporti di parentela o addirittura di sola amicizia con amministratori o politici del passato. Peraltro – aggiunge Villano – se passasse questo principio, dovrebbero preventivamente essere sciolte tutte le amministrazioni locali dei piccoli Comuni nei quali l’intreccio di parentela e di amicizia è inevitabile, salvo se non decida di candidare gente presa da altre città o proveniente da Marte”.
A scanso di equivoci, l’ex sindaco illustra più diffusamente il suo pensiero. “Per carità, si devono creare tutte le condizioni e produrre il massimo sforzo per tenere la camorra distante chilometri dalle istituzioni. Questo compito – dichiara Villano – spetta alla classe dirigente e ai rappresentanti istituzionali, ma lo scioglimento di un consiglio comunale eletto democraticamente deve basarsi su atti concreti, deve trovare riscontro in provvedimenti che quantomeno comprovino il condizionamento o il legame con le organizzazioni criminali. In questo senso, ritengo che la normativa in materia di scioglimenti andrebbe rivista, in quanto con questi margini di discrezionalità, una compagine civica priva di coperture politiche, che si candida a guidare una comunità, è oltremodo esposta a tali epiloghi”. Ed ora, dopo la bocciatura del Tar, che intenzioni ha Andrea Villano? Farà ricorso al consiglio di Stato. “Beh, – risponde diplomaticamente – mi prendo qualche giorno per decidere”. Di fronte alla nostra molesta insistenza si sbilancia un po’. “Vi devo dire se presenterò ricorso? Più sì che no”.