Primo maggio, una data e tanta storia. A cominciare dal 1866 e dal 1867, quando viene approvata ed entra in vigore la prima legge delle otto ore lavorative, approvata un anno prima, in Illinois, a Chicago per la precisione. Vent’anni dopo, in prossimità del limite ultimo per estendere la legge sull’intero territorio statunitense, lo sciopero generale ad oltranza con Chicago che si tinse di sangue ed ingiustizia: dopo quattro giorni di manifestazioni una bomba provocò la morte di sei agenti, poi una pioggia di piombo sui manifestanti. Un anno dopo circa sette manifestanti vennero condannati a morte. Uno si uccise, due finirono poi all’ergastolo, quattro vennero impiccati. E tutti, un attimo prima della morte, lanciarono un messaggio.
– August Spies: “Arriverà un giorno in cui il nostro silenzio sarà più forte delle voci che oggi soffocate con la morte!”
– Adolph Fischer: “Viva l’anarchia!”
– George Engel: “Urrà per l’anarchia!”
– Albert Richard Parsons: “Fate in modo che si senta la voce del popolo!”
Il 26 giugno del 1983 il governatore dell’Illinois firmò i provvedimenti di grazia per Fielden, Neebe e Schwab, dopo aver constatato l’innocenza di tutti e otto gli imputati.
Al Congresso Internazionale di Parigi del 1889, che diede il via alla Seconda Internazionale (organizzazione dei partiti socialisti e laburisti europei), il Primo maggio fu dichiarato ufficialmente come la Festa Internazionale dei Lavoratori.
Ed eccoci al Primo maggio del 2021. Due decenni e più al di là del Duemila. L’anno oltre cui, nell’immaginario collettivo, sarebbe dovuto arrivare solo futuro. Ed invece, del passato, c’è ancora tanto. E purtroppo! Dalla mancanza di lavoro alle ingiustizie sul posto di lavoro. Poco lavoro, dunque, ma anche tante angherie ai danni di chi un lavoro ancora ce l’ha. Con tanti lavoratori spesso malpagati e sfruttati e stipendi da fame perché o si beve o si affoga. E tanti altri, tantissimi, in perenne agitazione perché molte aziende, forse troppe, salutano e vanno via. Ed allora ha senso, e adesso più che mai, un Primo maggio da continuare a celebrare. Con la sua storia da non dimenticare. I suoi eroi, i suoi martiri. I lavoratori prima di tutto. Tenendo sempre ben presente, e cominciassero i nostri governanti, la distinzione tra vittime e carnefici. Anche se sono i primi ad avere le mani sporche e sudate, poiché quelle dei secondi sono mani quasi sempre candide ed eleganti, come il vestito buono che indossano. Come la loro la faccia pulita! Ma l’animo rigorosamente da farabutti!