Il modello del reddito di cittadinanza elaborato due anni fa non ha prodotto risultati tangibili. L’esempio più clamoroso è quello della Campania, che figura – secondo i dati Anpal – al penultimo posto tra le regioni italiane, relativamente al numero di rapporti di lavoro attivati per i percettori del sussidio. Il binomio Centri per l’impiego-Navigator, con la formula dell’utilizzo da remoto dei vincitori della selezione, una soluzione architettata in seguito alla lunga disputa tra il presidente della Regione De Luca e l’Anpal, non ha determinato esiti significativi sul fronte dell’occupazione. La tanto sbandierata rivoluzione nel mercato del lavoro aveva il suo fulcro nell’individuazione di offerte di lavoro per i fruitori del sussidio, attraverso i Centri per l’impiego, supportati dai navigator. Pochissimi beneficiari, in poco meno di due anni, hanno fin qui trovato lavoro. Alla fine del 2020, secondo il monitoraggio Anpal, il 14% dei beneficiari del sussidio tenuti alla stipula del Patto per il Lavoro – una platea corrispondente a poco meno della metà del totale dei fruitori – aveva un contratto lavorativo in essere. «La quota di beneficiari con contratto attivo – rileva la Caritas – è inferiore alla media nazionale in Campania con il 10,8%». Una percentuale corrispondente a circa 34mila rapporti attivati. I contratti di assunzione sono a tempo indeterminato solo nel 15% dei casi. La Campania figura al penultimo posto tra le regioni italiane. L’utilizzo dei 440 navigator in partnership con i Centri per l’Impiego, con la formula del lavoro da remoto, dunque, non ha funzionato. Ed anzi i contratti lavorativi veri e propri corrispondono, in realtà, ad un numero molto minore. Nel monitoraggio, infatti, figurano anche le opportunità lavorative che i fruitori del sussidio si sono procurati autonomamente. I posti di lavoro veri e propri, in realtà, sarebbero solo poche decine. Un percorso personalizzato di accompagnamento all’inserimento lavorativo e/o all’inclusione sociale era la funzione dei navigator, secondo la legge istitutiva del reddito di cittadinanza. Sul fronte del lavoro, la profilazione dell’utenza, attraverso il contatto con le realtà produttive, è il compito dei 440 navigator. E la stessa legge prevedeva l’assunzione dei tutor in affiancamento agli operatori dei centri per l’impiego proprio per fornire assistenza personalizzata ai beneficiari del sussidio e per favorire il raccordo con il sistema delle imprese. In Campania, come e più che nel resto d’Italia, questa formula non ha funzionato.

I ritardi dei Centri per l’impiego e la bassa occupabilità media dei beneficiari hanno contribuito a produrre un disastro. Sulle scarse attitudini lavorative dei percettori, c’è un dato che aiuta a sgomberare il campo degli equivoci. Il 72% dei fruitori del reddito di cittadinanza è in possesso solo della licenza media, mentre solo il 3% ha la laurea. «L’identikit dei beneficiari di Rdc inviati ai servizi per il lavoro – si legge nel recente Rapporto Caritas – racconta, inoltre, di persone molto deboli dal punto di vista lavorativo e in grandi difficoltà economiche, psicologiche e sociali. Non raramente sono persone che non hanno acquisito neppure il titolo di studio obbligatorio per legge, o sono giovani che non studiano né lavorano o in evidente ritardo con gli studi. Sono tutti dotati di smartphone, ma non sanno usarlo per effettuare ricerche su internet, non sanno redigere un curriculum vitae e, in alcuni casi, non parlano la lingua italiana». I navigator campani concluderanno a dicembre il periodo di 24 mesi, a supporto dei Centri per l’impiego. Mentre nel resto d’Italia il periodo è già terminato.

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