Un aumento di quasi 300 euro al mese per una famiglia con due figli a carico e un reddito di 60 mila euro. Ma incrementi in proporzione consistenti anche per una famiglia con redditi da 10 mila euro annui, grazie anche alla decontribuzione e all’assegno unico. Dal ministero dell’Economia iniziano a filtrare le prime simulazioni sul “triplo” effetto del taglio dell’Irpef, di quello dei contributi e dell’arrivo del nuovo assegno per i figli. Intanto però sulla manovra è ancora stallo. Il governo e la maggioranza ancora non sono riusciti a fare una “sintesi” politica delle varie richieste dei partiti. Così anche la presentazione degli emendamenti sulla riforma fiscale e sul taglio delle bollette, attesi ieri in Senato, è slittata. Se ne riparlerà oggi. Forse. Perché prima servirà un’altra riunione di maggioranza, dopo quella di ieri con il ministro Daniele Franco, che non ha portato a risposte definitive. Il governo per provare a rispondere alla pioggia di richieste dei partiti, ha alzato da 600 milioni a 1,1 miliardi la dote per gli emendamenti. Ma una fetta di questi fondi sarà utilizzata direttamente dal governo per la scuola (200 milioni), per il rinnovo del contratto degli statali (altri 200 milioni) e per un nuovo fondo per le emergenze Covid. Il punto è che, nonostante l’aumento delle risorse, il costo delle richieste rimane alto. E così persino il Superbonus del 110 per cento, sul quale la settimana scorsa era stato trovato un accordo, torna in bilico. L’eliminazione totale del tetto Isee di 25 mila euro per le villette avrebbe dei costi molto alti nel 2023. La soluzione sul tavolo sarebbe quella di un aumento fino a 40 mila euro o l’introduzione di nuovi vincoli per ridurre i costi dell’intervento. Ma i punti più che tecnici sono politici. Sul Superbonus si sono schierati in maniera unanime tutti i partiti, mentre su altri punti le distanze restano enormi. A partire dal rinvio delle cartelle esattoriali chiesto da Forza Italia ma fortemente osteggiato dal Pd. Un compromesso, in questo caso, potrebbe essere il semplice allungamento a 180 giorni dei termini per pagare le cartelle esattoriali che saranno notificate il prossimo anno.
Intanto dal ministero dell’Economia, come detto, filtrano le simulazioni sugli effetti combinati della riduzione dell’Irpef, del taglio dello 0,8 punti dei contributi per i redditi fino a 35 mila euro e dell’introduzione del nuovo assegno unico per i figli. Gli aumenti netti mensili, calcolati su dodici mensilità, andranno dai 44,83 euro per una famiglia monoreddito, con un’entrata di 10.000 euro l’anno, con coniuge e figlio a carico, fino ai 291 euro al mese per chi guadagna 60 mila euro l’anno, con due figli a carico e un coniuge con un reddito di 15 mila euro. Ovviamente al crescere del numero dei figli gli importi salirebbero ulteriormente per effetto dell’aumento dell’importo dell’assegno unico. Va anche ricordato che l’assegno unico è attribuito in base all’Isee della famiglia. Negli esempi riportati nella tabella in pagina, viene considerato che la famiglia non dispone di patrimonio mobiliare e immobiliare. Grazie al taglio dell’Irpef, alla decontribuzione e all’assegno per i figli, una famiglia con un reddito di 10 mila euro riceverebbe in percentuale l’aumento più consistente rispetto a tutti gli altri livelli: l’11,9 per cento contro lo 0,7 per cento, per esempio, dei redditi a partire da 120 mila euro. Il taglio delle tasse, insomma, vale anche per i redditi alti. Un lavoratore con uno stipendio da 120 mila euro l’anno, due figli a carico e il coniuge con un reddito da 15 mila euro, otterrebbe grazie alla riduzione dell’Irpef e all’assegno unico (il cui minimo a prescindere dall’Isee è di 50 euro al mese), un aumento netto mensile della busta paga di poco superiore a 85 euro. Intanto ieri è stato definitivamente approvato alla Camera il decreto fiscale. Il provvedimento che contiene il mini-rinvio delle cartelle (scaduto il 9 dicembre) oltre che la non impugnabilità dell’estratto di ruolo. E poi una semplificazione introdotta, sempre nel primo passaggio parlamentare, che alleggerisce il carico di ricevute da conservare in caso di correzione alla dichiarazione dei redditi inviata attraverso il 730 precompilato (sarà sufficiente conservare quelle relative alla modifiche apportate al modello proposto dall’Agenzia delle entrate).