Come mai una riforma che incrementa i fondi pubblici destinati alle famiglie, semplificando in prospettiva il sistema degli aiuti, ha raccolto finora meno di metà delle adesioni degli aventi diritto? Il 28 febbraio era l’ultimo giorno utile per presentare la domanda per l’assegno unico e universale in modo da riceverlo sul conto corrente nella seconda metà di marzo. Chi non lo ha fatto, se lavoratore dipendente o pensionato, potrebbe avere una brutta sorpresa con il prossimo cedolino dello stipendio o della pensione (in arrivo nelle prossime ore in quest’ultimo caso): il netto risulterà decurtato dall’assenza delle detrazioni Irpef per figli a carico e anche del vecchio “assegno per il nucleo familiare”. Entrambe prestazioni sostituite proprio dall’assegno unico e universale. Il nuovo strumento era stato messo a punto per una platea di 7 milioni di nuclei familiari, corrispondenti a 11 milioni di figli. Le domande arrivate a ridosso della scadenza di febbraio erano circa 3 milioni, per un totale di 4,5 milioni di ragazzi. Va considerato che nel caso dei nuclei percettori del reddito di cittadinanza la domanda non va presentata perché lo stesso istituto provvede a canalizzare il pagamento sullo stesso strumento. Anche tenendo conto di quasi 800 mila figli che rientrano in questa situazione, il conteggio delle richieste resta tuttora al di sotto del 50 per cento. A lanciare l’allarme sul “buco” temporale di marzo, in cui l’assegno non è ancora arrivato ma saranno già scomparsi gli altri sostegni, sono anche i Caf, i centri di assistenza fiscale. I quali lamentano la difficoltà di far fronte ai milioni di Isee da approntare (e chiedono risorse aggiuntive per non mettere la pratica a carico delle famiglie): le norme istitutive del nuovo assegno prevedono infatti che l’importo della prestazione sia graduato in base all’indicatore di situazione economica equivalente, che tiene conto non solo del reddito ma anche di risparmi e immobili posseduti dalle famiglie, inclusa l’abitazione principale. Il livello base di 175 euro al mese si riduce infatti al crescere dell’Isee, lasciando a chi supera i 40 mila euro (o non presenta il documento) la somma di 50 euro al mese.
Certamente la necessità di disporre di un Isee aggiornato può aver contribuito a rallentare le domande, che vanno presentate telematicamente sul sito Inps oppure via telefono al contact center o ancora tramite la rete dei patronati. Ma c’è anche un problema di mancata conoscenza, per ovviare al quale è recentemente partita la campagna di comunicazione dell’Inps. Nel caso di lavoratori dipendenti e pensionati la stessa necessità di fare domanda può non essere ovvia, visto che per le detrazioni Irpef bastava una semplice comunicazione (una volta per tutte) al datore di lavoro, mentre per il precedente assegno (Anf) la procedura di richiesta è stata introdotta solo da un paio d’anni, senza però necessità di presentare l’Isee. C’è poi la platea dei lavoratori autonomi e dei disoccupati, che in precedenza non ricevevano aiuti (a parte le detrazioni fiscali con la dichiarazione dei redditi). Per loro l’esigenza di prendere l’iniziativa è effettivamente una novità, mentre qualcuno potrebbe essere scoraggiato proprio dall’Isee, che contiene informazioni reddituali e patrimoniali e fa quindi scattare controlli magari non graditi. Per quanto riguarda la domanda in sé, l’Inps ha segnalato che bisogna fare attenzione in particolare all’Iban inserito: il titolare del conto corrente deve coincidere con quello di chi fa domanda (ferma restando la possibilità di cointestazione). Per le richieste presentate entro giugno saranno comunque garantiti gli arretrati da marzo; dopo quella data invece gli arretrati verranno persi e l’assegno partirà dal momento in cui è stato riconosciuto per la prima volta.