La Corte costituzionale, in attesa che il Parlamento legiferi, è di nuovo intervenuta sulla dibattuta questione del cognome materno, dichiarando discriminatoria e lesiva della identità dei figli la regola che attribuisce automaticamente il cognome del padre al nascituro. Un tema lacerante che si trascina da tempo e fa riferimento a quella norma che non consente ai genitori di attribuire (anche se di comune accordo) al figlio solo il cognome materno e che, in mancanza di accordo, impone solo il cognome del padre anzichè quello di entrambi i genitori. Di fatto per la Consulta questo automatismo è illegittimo perchè contrasta con gli articoli 2, 3 e 117, primo comma, della Costituzione e con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo. «La Corte ha ritenuto discriminatoria e lesiva dell’identità del figlio la regola che attribuisce automaticamente il cognome del padre». In attesa che vengano depositate le motivazioni, viene evidenziato che nel solco del principio di eguaglianza e nell’interesse del figlio, entrambi i genitori devono poter condividere la scelta sul suo cognome, che costituisce elemento fondamentale dell’identità personale. «Pertanto, la regola diventa che il figlio assume il cognome di entrambi i genitori nell’ordine dai medesimi concordato, salvo che essi decidano, di comune accordo, di attribuire soltanto il cognome di uno dei due. In mancanza di accordo sull’ordine di attribuzione del cognome di entrambi i genitori, resta salvo l’intervento del giudice in conformità con quanto dispone l’ordinamento giuridico» si legge ancora in una nota della Consulta. Resta ora compito del legislatore regolare tutti gli aspetti connessi alla presente decisione. Nell’attuale legislatura ci sono ben otto proposte parlamentari in giacenza, collocate su un binario morto. La prima è stata presentata da Laura Boldrini il 23 marzo 2018 e l’ultima da Simona Malpezzi il 10 giugno di quest’anno. Nel mezzo ci sono le altre proposte a firma di Renate Gebhard, di Julia Unterberger, di Laura Garavini, di Fabiana Dadone, di Alessandra Maiorino, di Paola Binetti. Senatrici e deputate appartenenti a diversi partiti (dal Pd a Forza Italia, dal Sudtiroler, ai Cinquestelle). Tre proposte sono ferme alla Camera e cinque al Senato e nessuna è mai stata avviata alla discussione in Commissione Giustizia, né è stata concretizzata in un testo unificato per approdare in Aula. Da anni il mondo femminile mette in evidenza che la subordinazione del cognome del padre a quello della mamma genera una discriminazione evidente. L’anno scorso era stata avviata anche una petizione alla ministra della Famiglia, Elena Bonetti da parte di Noi Rete Donne, l’associazione fondata da Daniela Carla per misurare l’effettiva parità in democrazia. In Italia il cognome viene assegnato al momento della dichiarazione di nascita nel registro comunale dello stato civile. Se il bambino è figlio di una donna sposata prende sempre il cognome del marito. Il cognome della mamma può essere inserito, se anche il padre è d’accordo, in un successivo momento per via amministrativa tramite il Prefetto. Se la donna non è sposata e il figlio viene riconosciuto dal padre al momento della nascita, prende il cognome del padre. Se il figlio è stato riconosciuto dal padre in tempi successivi al riconoscimento da parte della madre, il figlio può assumere il cognome del padre aggiungendolo o sostituendolo a quello della madre

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