Stava organizzando l’omicidio del suo avvocato ed è indagato anche per l’omicidio del pescivendolo Antonio Morione. Ci sono i primi sospettati per la tragica rapina del 23 dicembre scorso, quando un bandito uccise il titolare della pescheria «Il delfino» di Boscoreale che aveva reagito per difendere la figlia minorenne contro la quale era stata puntata la pistola. Sono trascorsi quattro mesi da quella tragica notte, insanguinata dalla prepotenza di un gruppo di rapinatori che assaltò due pescherie, uccidendo il 41enne. I sospetti degli investigatori ricadono sulla gang vicina agli ambienti del clan Gallo-Limelli-Vangone, che utilizzò una Fiat 500 rubata per compiere le terribili scorribande, abbandonando poi e incendiando l’auto al Piano Napoli. Due notti fa, i carabinieri della sezione operativa della compagnia di Torre Annunziata hanno eseguito un decreto di perquisizione disposto dalla Procura oplontina (procuratore Nunzio Fragliasso, sostituti Giuliana Moccia e Andreana Ambrosino) nell’ambito dell’inchiesta sull’omicidio Morione. I carabinieri hanno notificato a quattro persone il decreto di perquisizione. Il primo della lista è proprio Luigi Di Napoli, 42enne affiliato al clan Gallo-Limelli-Vangone, che nella stessa notte verrà arrestato – insieme al 18enne Christian Cirillo – su decreto di fermo della Dda di Napoli perché accusato di aver organizzato un agguato ai danni dell’avvocato Antonio Iorio, omicidio sventato proprio dall’intervento dei carabinieri. Iorio è sotto scorta da due settimane, con tanto di auto blindata, poiché ritenuto in imminente pericolo di vita. Insieme a Di Napoli, sono indagati in concorso per l’omicidio Morione anche il 33enne Angelo Palumbo, pregiudicato del Piano Napoli che da alcune settimane si è trasferito nel Milanese, il 32enne Francesco Acunzo e il 30enne Giuseppe Vangone, rampollo di quella famiglia di camorra, questi ultimi due residenti a Boscotrecase. Perquisita anche la casa del 70enne boss Giovanni Antonio Vangone, che non risulta indagato. Nel corso delle perquisizioni, sono stati sequestrati cellulari, tablet e computer, ma anche armi giocattolo modificate, forse utilizzate per altre rapine. Non sono state trovate, invece, pistole come quella utilizzata la sera del 23 dicembre. Il blitz di due notti fa potrebbe rappresentare la svolta decisiva nelle indagini sull’omicidio Morione. Il principale indagato, ritenuto il capo della gang delle rapine di Natale, è proprio Luigi Di Napoli, figliastro dell’altro boss Andrea Vangone, accusato dall’Antimafia (procuratore Gianni Melillo, aggiunto Rosa Volpe, sostituto Valentina Sincero) di aver ordito un terribile piano per ammazzare «come un topo» l’avvocato Iorio mentre apriva il cancello del suo studio. Tre appostamenti sono stati riscontrati dagli investigatori, con il commando di killer che avrebbe addirittura calcolato tempi di percorrenza, tragitto e vie di fuga. «Lo dobbiamo scamazzare proprio» è una delle frasi intercettate (al telefono) tra Luigi Di Napoli e suo figlio detenuto Emanuele, al quale il 42enne chiedeva di iniziare un’opera di diffamazione contro il suo legale anche all’interno del carcere di Poggioreale. Il movente? Un presunto impegno maggiore profuso dall’avvocato Iorio in favore di altri affiliati del clan a discapito loro. Una vicenda inquietante, che oggi passerà al vaglio del giudice per la prima convalida del fermo. Intanto, ieri mattina Ordine degli Avvocati e Camera Penale di Torre Annunziata, in due note fotocopia a firma dei presidenti Luisa Liguoro e Renato D’Antuono, hanno espresso «totale solidarietà umana e vicinanza all’avvocato Antonio Iorio» ringraziando «gli inquirenti e le forze dell’ordine per la professionalità dimostrata nella gestione della vicenda».