«Chiediamo l’estensione del diritto di ottenere l’indennizzo da parte di tante persone coinvolte loro malgrado nello scandalo del sangue infetto». Continua la battaglia in difesa di chi ha contratto l’epatite negli Anni ‘70 e ‘80 a causa delle trasfusioni, ma che si vede rigettata la domanda se non presentata nel termine perentorio di tre anni dall’accaduto, come previsto dalla legge 210/92. A chiederlo a gran voce sono Lorenzo Latella dell’associazione “Cittadinanzattiva Campania” e l’avvocato Maurizio Albachiara, della sezione del tribunale per il diritto del malato di Acerra, che si rivolgono alle forze parlamentari, affinché la proposta di legge relativa all’eliminazione del termine triennale della legge 210/92 diventi al più presto legge. Nel 1992 il legislatore italiano, infatti, ha istituito un indennizzo in favore di tutti quei cittadini che sono stati danneggiati in modo irreversibile da vaccinazioni, trasfusioni e somministrazione di emoderivati. «Bisogna con urgenza migliorare il testo» spiega l’avvocato Albachiara «perché crea enormi disuguaglianze, e soprattutto eliminare il termine triennale, affinché tutti coloro che sono stati colpiti dal virus dell’epatite possano percepire il risarcimento dovuto. Ѐ necessario agire subito con responsabilità, per non disattendere le speranze di tanti danneggiati ingiustamente esclusi». «Il riconoscimento del diritto alla salute dei soggetti che hanno contratto il virus dell’epatite negli anni settanta e ottanta» commenta Latella «a causa dei controlli insufficienti sulle sacche di sangue per uso terapeutico, è una battaglia di civiltà che la nostra associazione porta avanti da sempre». Emblematici i casi della signora C.C. di Casavatore che ha fatto richiesta nel 2014 quando la positività all’epatite era stata riscontrata nel 2004, così come la signora M.M. di Castelvolturno, con trasfusione di sangue infetto nel 1995 e richiesta nel 2015: nessuna delle due ha ottenuto indennizzo per il superamento del termine perentorio in cui presentare domanda.