di Mario De Michele
Non se la prenda troppo. Ma Vincenzo Gaudino ci riporta in mente un bellissimo brano di Daniele Silvestri. Al sindaco Pd di Orta di Atella calza a pennello la strofa di “Amore mio”, che fa così: “E non ricordo più se mi dicevi qualche cosa di importante, perché io non capivo niente, sembravo solo deficiente, avevo: problemi di pressione, lo sguardo da salmone, ed un sorriso idiota tipo prima comunione”. Ecco il primo cittadino ortese è totalmente in bambola. Col passare del tempo e dopo una raffica di defezioni nella sua maggioranza sembra uno che spera di fermare lo tsunami con le mani. Senza rendersi conto che quello che si trova nell’epicentro è proprio lui. Che peraltro ha una grande parte di responsabilità se il centrosinistra è stato travolto da un terremoto col massimo valore di magnitudo. Le prime forti scosse si sono avvertite già all’indomani della vittoria alle comunali. Il matrimonio con i Democratici e Riformisti di Gennaro Oliviero è andato subito in crisi a suon di documenti pubblici al vetriolo. In quel caso Gaudino, che aveva fatto la scelta di campo di stringere un patto di ferro con Città Visibile (Enzo Tosti) e con Orta in Movimento (Fabio Di Micco), commise il peccato originale di fare una clamorosa giravolta. Un triplo salto mortale carpiato dovuto all’intervento a gamba tesa del presidente del consiglio regionale che fece tappa ad Orta di Atella per imporre la sua linea: pace con Dem e Riformisti. La piroetta non andò giù ai dimicchiani. Che giustamente non digerirono l’atteggiamento ondivago del sindaco. E fu così che perse i primi due pezzi della maggioranza, i consiglieri di Orta in Movimento. Tra l’incredulità generale nemmeno allora Gaudino ritenne opportuno intervenire per spiegare ai cittadini cosa stava accadendo nella maggioranza. Mutismo assoluto. Come direbbe De Luca il sindaco ortese sembrava un turista svedese passato di lì per caso. La pace forzata con i Democratici e Riformisti ha partorito una giunta minuscola e rabberciata che sul campo ha dimostrato di non essere minimamente all’altezza. L’ingresso nell’esecutivo, fino ad allora monco, di Eugenia Oliva, da Cesa, e di Saturnino Di Benedetto, da quel di Francolise, si è tramutato in un disastro amministrativo. Possibile mai che a Orta di Atella, una città di oltre 30mila abitanti, non c’era qualcosa di meglio? L’immobilismo è diventato cronico. Una malattia genetica della maggioranza. Una maggioranza che non ha mantenuto fede neppure a una delle tante promesse elettorali. Il rosario dell’inefficienza è diventato via via sempre più lungo. Interminabile. Nella mancata tutela del territorio e dell’ambiente risiede il fallimento più vistoso del duo Gaudino-Tosti. Un ambientalista della prima ora a capo dell’assessorato all’Ambiente. Tutti si sarebbero aspettati faville. E invece l’esponente di Città Visibile è l’emblema dell’amministrazione comunale: solo chiacchiere e distintivo, direbbe De Niro-Al Capone. Allo stato pratico la città è stata abbandonata al suo destino con parchi pubblici nel totale degrado, strade sommerse da rifiuti di ogni genere, roghi tossici a volontà. Tosti non ha messo una briscola. Come mai? Beh, facciamo ammenda anche noi, lo abbiamo sopravalutato. Non possiede gli strumenti politici, amministrativi e culturali per ricoprire il ruolo di vicesindaco e assessore all’Ambiente. È rimasto ustionato nel battesimo del fuoco. E nemmeno le camere iperbariche del Cardarelli possono salvarlo. L’unica sua via d’uscita è il ritiro a vita privata. Il caso Marilena Belardo (casa abusiva, atto di donazione alla figlia illegittimo, dichiarazioni mendaci) ha oscurato definitivamente Città Visibile. Clic. Spento l’interruttore della luce. I più puri dei puri in realtà si sono rivelati i più doppiomoralisti dei doppiomoralisti. Campania Notizie lo andava scrivendo da anni. Ma è una magra consolazione per noi e soprattutto per i cittadini ortesi, vittime dell’ennesima amministrazione locale che ha fatto rimpiangere quella precedente che a sua volta ha fatto rimpiangere quella di prima che a sua volta ha rivalutato quella precedente.
“Cambiamo tutto”, era lo slogan della coalizione di Gaudino. Hanno dimenticato di aggiungere: per non cambiare niente! Anzi le cose sono andate peggio delle più pessimistiche previsioni della vigilia. Vadasi il caso coop Eco e le selezioni del servizio civile. Anche qui c’è un perché: abbiamo dato troppo credito alle qualità del sindaco. Un avvocato, già consigliere comunale di opposizione, che sulla carta sembrava possedere le doti per avviare una svolta. Pure Gaudino quando è stato messo in prova ha mostrato tutte le sue pecche. Inimmaginabili. Un primo cittadino barricato nel palazzo del potere. Lontano anni luce dalla gente. Un alieno. Incapace di affrontare e risolvere anche i problemi ordinari. Silente di fronte al maremoto che ha fatto naufragare la sua amministrazione. Non ha pronunciato un’acca neanche quando i Democratici e Riformisti hanno annunciato ufficialmente l’uscita dalla maggioranza. Per questo ci sovvengono alla mente i versi di Silvestri: “E non ricordo più se mi dicevi qualche cosa di importante, perché io non capivo niente, sembravo solo deficiente, avevo: problemi di pressione, lo sguardo da salmone, ed un sorriso idiota tipo prima comunione”. Per salvare almeno la faccia basterebbero due semplici parole: “Mi dimetto”. Servirebbe un gesto di umiltà nell’interesse dei cittadini. Gaudino sarà pure un bravo avvocato, ma come sindaco non vale niente. Per quanto tempo ancora potrà restare barricato nelle mura del Palazzo? Non ha più i numeri per governare. Non rappresenta più la maggioranza del paese. Si faccia da parte quanto prima. Per il suo bene. E soprattutto per quello della città.