Giorgia Meloni – Torna Gianfranco Fini, l’ex presidente della Camera e leader di Alleanza Nazionale (partito progenitore di FdI e dove militava anche Meloni). Dopo una lunga assenza televisiva, oggi ospite del programma Mezz’ora in Più, Fini parla, ed elogia Giorgia Meloni: una leader che non ha alcun bisogno di ispiratori e di essere ispirata. Anche se qualche consiglio glielo dà: sui diritti civili (occhio a toccare la legge 194) e sulle mascherine per mantenere sotto controllo la pandemia Covid (negli ospedali non si possono togliere). Quello guidato da Meloni, dice Fini, è un esecutivo di destra-centro perché Fdi ha «raccolto più voti di quelli messi insieme da Fi e Lega». E questo «mette in agitazione gli alleati che hanno il diritto di rimarcare la loro identità». Dà per scontato che ci saranno fibrillazioni e consiglia tanta pazienza a Meloni: «Dovrà essere paziente e abile nel tentativo di tenere tutti insieme, nell’ambito di un programma unico e delle risorse disponibili, agendo sulla base di valori condivisi». Non ha alcuna intenzione di tornare in politica. «Non ho alcuna intenzione di tornare in politica, di chiedere tessere. Si può lavorare senza chiedere incarichi», ha dichiarato Fini che definisce il suo contributo alla fondazione e alla guida del Popolo delle libertà un «errore imperdonabile». Il 25 Aprile? La festa della Liberazione «appannaggio di una certa sinistra», secondo il presidente del Senato La Russa, dà il la per una riflessione su alcuni passaggi politici della recente storia della Repubblica: anche Fini affronta il tema dell’antifascismo militante, «acceso dalla sinistra come un interruttore in modo strumentale, quando ravvisa un pericolo per la democrazia», e dice che c’è una polemica pretestuosa. La Russa «non andrebbe (ai cortei del 25 Aprile, ndr) perché si troverebbe quei giovanotti che, nel nome dell’antifascismo, lo hanno minacciato di morte», spiega Fini. «Questa polemica» sul 25 aprile è «strumentale e la capisco anche», perché «il Pd sta ancora elaborando il lutto, forse perché la sconfitta è stata superiore alle dimensioni» attese, «forse perché hanno sottovalutato l’avversaria», ha detto. L’antifascismo è un valore, «lo abbiamo detto a Fiuggi e Meloni non si è dissociata», spiega Fini ricordando la svolta di Fiuggi (1995). E nell’intervista a Lucia Annunziata spiega che negli anni ’90 «la vigilanza antifascista era finita». Ha ripercorso alcuni fatti tra il ’95 e il ’99. Nel «1995 Massimo D’Alema diventò presidente della commissione bicamerale e si parlò dell’asse Fini-D’Alema, l’ultimo segretario post-comunista e l’ultimo post-fascista». Mel 1996 «Violante viene eletto presidente della Camera, Alleanza Nazionale lo applaude in modo sincero quando dice che per fare della liberazione un momento unitario, condiviso, bisognava “guardare ai vinti di ieri”, e bisogna fare attenzione ai verbi, non dice capire». Infine racconta che nel ’99, prima dell’elezione di Carlo Azeglio Ciampi alla presidenza della Repubblica «non svelo un segreto, incontrai riservatamente il segretario dei Ds Walter Veltroni, ragionammo e trovammo che il nome di Ciampi era quello che poteva garantire» tutti.
Fiamma tricolore – «La fiamma? Il simbolo di Fdi non è quello del Msi ma è quello di An. Perché, quando è nata An, non mi avete detto che c’era ancora la fiamma? Il simbolo del Msi aveva un suo richiamo storico, il simbolo del Msi era la continuità e non c’è più, è una semplice fiamma tricolore. Il simbolo di Msi è stato archiviato con Fiuggi», ha detto Fini. «Meloni e La Russa non mi seguono quando vengo estromesso» dal Popolo delle libertà. Poi escono e «danno vita alla casa della destra» cioè FdI. «Non ci credevo, ora devo dire he avevano ragione loro e torto io», ha detto Fini rivangando la “cacciata” dal partito nel 2010. E ammette che non pensava che la creatura di Meloni, Fratelli d’Italia, potesse arrivare così lontano. «Quando nasce Fdi c’era scetticismo totale a destra, io per primo dicevo: dove vanno?», ha detto Fini a Mezz’ora in più, su Rai Tre. Pdl, errore imperdonabile – «È chiaro che il congresso di Fiuggi e i comportamenti conseguenti, come il viaggio in Israele, determinarono per An una maggiore assunzione di responsabilità, con l’ambizione di essere destra con cultura di governo. Quando nasce il Popolo delle Libertà, che è l’errore imperdonabile, non lo perdono a me stesso, credevamo nel bipolarismo, pensavamo fosse naturale dare vita a un rassemblement della destra, ma quel movimento finì come finì», ha detto Fini. Berlusconi? «Ha perso la scettro» – «Berlusconi ha una fortissima personalità e credo di essere buon testimone al riguardo, lo dico senza acrimonia» e si trova nel momento in cui «prende atto, anche in modo amaro, che non è più dominus, che il sovrano ha perso lo scettro e per giunta» per mano di «una donna che da quando era ragazzina ha sempre masticato politica, non un titolo di merito per lui essere professionista della politica», ha dichiarato sottolineando che però «Berlusconi non è un irresponsabile, basta vedere i ministri di Fi, penso a Tajani, che danno ampia garanzia di continuità nell’azione di governo». «Anche perché – aggiunge – Berlusconi i sondaggi li guarda, ha capito che alcune fibrillazioni danneggiano soprattutto Fi». Salvini? «Inquieto» – «Salvini era il capo dei giovani comunisti padani, poi parlamentare europeo. È un uomo molto pragmatico, come si fa a non essere inquieto quando si perdono tanti voti? La lega gli ha confermato la fiducia, Salvini avverte questa responsabilità. Il voto è stato uno choc e l’inquietudine lo porta ad alzare delle bandiere identitarie», ha detto Fini. «È quello che non ha capito la sinistra, che è sempre politicamente corretta, grigia, scontata, prevedibile. Il Pd cerchi di tornare a infiammare il cuore delle masse popolari». «I diritti civili sono una materia importante ed estremamente delicata» e «su queste questioni il governo farebbe molto meglio a dire che è il Parlamento che deve occuparsene», ha detto Fini. «Attenzione a varare alcuni provvedimenti – mette in guardia – Il ministro Roccella, vediamo cosa farà – l’importante è non cambiare la 194 – è una delle parlamentari che promise di promuovere un referendum per abrogare le unioni civili, francamente qualche necessità di dire “Piano” c’è. Su queste questioni il governo farebbe molto meglio a dire che è il Parlamento che si occupi di questo», ha sottolineato.