Stretta sul reddito di cittadinanza (e in particolare sull’offerta congrua) da precisare e circoscrivere, opzione donna che potrebbe essere in extremis allargata rispetto alla versione ristretta appena approvata, e poi il capitolo sanità da rinforzare dopo le rimostranze delle aziende del settore e dei sindacati dei medici. Più, naturalmente, il tavolo tra esercenti e operatori finanziari sul tema Pos, che dovrà portare ad una riduzione più decisa delle commissioni per gli importi fino a 30 euro. La legge di Bilancio entrerà in vigore il primo gennaio, dopo il passaggio blindato in Senato, ma l’attenzione di governo e maggioranza è già su ritocchi e aggiustamenti che dovranno essere fatti dalle prossime settimane. Alcuni interventi sono obbligati. Nel caso del reddito di cittadinanza, un delle ultime modifiche parlamentari è quella che ha cancellato l’aggettivo “congrua” dalla definizione dell’offerta che – se rifiutata – fa venir meno il diritto all’assegno. In realtà, come ha appena fatto notare nel suo dossier il servizio Studi di Palazzo Madama, si tratta di una cancellazione non completa, perché resta il rinvio ad un’altra norma del 2015 che delimita lo stesso concetto. Così il governo dovrà fare chiarezza. Finora è stata considerata congrua un’offerta coerente con le esperienze e competenze maturate dall’interessato, superiore di almeno il 10 per cento rispetto all’importo del beneficio e con sede di lavoro entro 80 chilometri (e cento minuti di viaggio con i trasporti pubblici) dalla residenza dell’interessato. Mentre sul primo aspetto i vincoli dovrebbero cadere (dunque dovrà essere accettata qualsiasi tipo di mansione) sulla distanza geografica resteranno alcune limitazioni, come confermato dal sottosegretario al Lavoro Durigon. Si tratta di valutare se confermare l’attuale vincolo di 80 chilometri oppure se introdurne uno meno stringente. Va ricordato che nel caso di rinnovo del beneficio dopo diciotto mesi la stessa normativa parla di offerta su tutto il territorio nazionale, con alcune eccezioni, ad esempio quella dei nuclei con figli per i quali è fissata una distanza di 250 chilometri.
Quindi potrebbe essere preso in considerazione uno di questi parametri. Per quanto riguarda Opzione donna, è soprattutto il ministero del Lavoro a premere per una formulazione meno rigida rispetto a quella messa nero su bianco nella legge di Bilancio, che limita l’uscita flessibile e lavoratrici disabili oppure impegnate nella cura di parenti o ancora dipendenti di aziende in crisi. Il requisito di età è fissato a 60 anni con riduzione massima di due in base al numero di figli. Visto che si tratta comunque di una misura costosa la soluzione sarà probabilmente trovata a metà strada, magari con una soglia di età più alta. Nel capitolo sanità c’è un impegno della maggioranza, attraverso lo strumento dell’ordine del giorno: venire incontro alle aziende che producono dispositivi medici (dalle protesi alle attrezzature chirurgiche) alle quali la legge chiede di pagare il 50 per cento dei disavanzi cumulati dalle Regioni. Un impegno pesante che secondo le stesse aziende rischia di essere insopportabile. Anche qui si tratta di trovare i fondi ma il governo sembra deciso a intervenire. Altre norme attese in manovra, che però non si sono concretizzate, sono quelle relative all’anticipo dell’indennità di pronto soccorso e al finanziamento del Piano oncologico: le possibilità di recupero sono molto più limitate. Quanto al nodo Pos, il relativo tavolo di confronto deve essere istituito entro fine febbraio e avrà poi novanta giorni per trovare una soluzione. L’obiettivo dichiarato «è mitigare l’incidenza dei costi delle transazioni elettroniche di valore fino a 30 euro a carico degli esercenti attività di impresa, arti o professioni» con ricavi fino a 400 mila euro l’anno. Oggi in base alle offerte dei principali operatori è possibile per un commerciante o un professionista non pagare la commissione per importi fino a 10 euro (fermo restando il canone). Il governo cercherà di portare questa esenzione il più vicino possibile alla soglia dei 30 euro. In caso di mancata intesa scatterebbe il prelievo straordinario a carico dei gestori, quantificato nel 50 per cento degli utili relativi proprio alle micro-transazioni.